Quattro aprile duemilatredici. ore 20.35. Nel giardino del chiosco dove ci troviamo quasi tutte le sere, qualcuno ci dice “Tanto siete donne, partirete tardi domattina. E siccome vi fermerete lungo il viaggio cento volte, ci metterete almeno sei ore prima di arrivare a Finale Emilia”.
Cinque aprile duemilatredici. Ore 10.30. Il mezzo “noveposti” noleggiato per portare le anime di Animammersa a Finale Emilia e a Mirandola con una vagonata di pezze di lana colorata nel portabagagli, è pronto.
È inevitabilmente tardi, ma siccome siamo tutte donne e dobbiamo fare almeno tre o quattro cose contemporaneamente, abbiamo pensato che mentre si viaggia potremo comunque lavorare e quindi perdiamo tempo ad organizzare la logistica interna al furgone. Per non fermarci sulla strada, e finire quello che abbiamo lasciato in sospeso, smistiamo gli oggetti che ci servono, fra il portabagagli e l’abitacolo. Io sono alla guida, Simona alle foto, Antonella, Donatella e Patrizia, alla rifinitura del lavoro.
Siamo in ritardo, siamo donne, siamo convinte. Andiamo.
Dopo venti metri, la prima sosta. Sentiamo il fiato sul collo del commento fattoci la sera prima, cominciamo a ridere, ma non ne possiamo fare a meno: è necessario che il nostro “noveposti” sia visibile, durante il viaggio. E quindi almeno il poster di “Mettiamoci una pezza” dall’Aquila all’Emilia per il 6 Aprile 2013, ce lo dobbiamo mettere, sui vetri laterali.
Bella decisione, quella di tendere il filo rosso del nostro progetto di urban knitting dall’Aquila all’Emilia. Coraggiosa, anche, perché siccome saremo altrove, non commemoreremo le nostre vittime insieme ai nostri cittadini. Non fisicamente, almeno. Esistono però molti modi per ricordare e uno dei modi è quello di raccogliere tutte le voci possibili e di unirle in un unico slogan condiviso: “una zona rossa, ovunque si trovi, è questione nazionale”.
E così, le pezze che lo scorso anno hanno denunciato il grigiore e l’incuria di un mancato avvio di ricostruzione per il nostro centro storico aquilano, quelle stesse pezze che sono state create da migliaia di persone, filmate e fotografate da tutto il mondo, quest’anno le abbiamo chieste perché l’azione corale che si coagula sempre intorno a questo progetto, diventasse l’espressione polifonica del nostro slogan.
Lo abbiamo lasciato in Piazza Duomo, il 4 aprile, a monito per i politici e per la gente, nella consapevolezza che fosse condiviso da molti. E lo abbiamo portato con noi a Finale Emilia e a Mirandola, dove è stato accolto, capito e diffuso fra le persone.
Naturalmente piove. E’ una specie di marchio di fabbrica, quello di allestire la nostra guerrilla urbana sotto l’acqua. Durante il viaggio di andata, quando la pioggia ha cominciato a battere sui vetri, all’altezza di Bologna, eravamo comunque tranquille, attrezzate, per niente intimidite. La prima tappa, Mirandola, ci visto arrivare determinate a lavorare anche con la grandine, se necessario.
La piazza di Mirandola è grande, un viale alberato infinito. Poi, la decisione: allestiamo le colonne del teatro. Incerate, cappelli antipioggia, umido, acqua che entra nelle maniche delle giacche, nessun nervosismo. Dopo un po' un drappello di gente si ferma, Simona fotografa, Donatella e Antonella spiegano, io e Patrizia lavoriamo, insieme ad altre due o tre donne. Simona sorridendo dice ad un signore che si avvicina: “Non è difficile, anche un uomo ci può riuscire”
“Mi aspetti, allora, signorina. Vado a prendere gli occhiali in macchina ed arrivo”.
E’ rimasto con noi, a cucire, al buio e sotto la pioggia, fino alla fine dell’allestimento, notte fonda.
E poi Finale Emilia, la mattina seguente. La novità è il sole! Una giornata tiepida, luminosa, piena di aspettativa. Quando arriviamo sul posto in cui Isabella ci ha dato appuntamento, troviamo donne al lavoro fra una montagna di pezze di lana. Ma quello che succede quando ci avviciniamo con il nostro furgone alla piazza adiacente il Castello e la Torre dei modenesi è veramente pazzesco.
“Mah, forse c’è mercato” dice Donatella.
“Ma dai, sarà una manifestazione”
“Ragazze, quella gente sta là per noi”!
Posteggiamo il mezzo fra la folla che ci aspetta. I Finalesi non ci hanno aspettato con le mani in mano, hanno lavorato nel giorni passati, hanno raccolto pezze colorate, hanno spiegato ai bambini delle scuole il senso del nostro slogan, hanno condiviso e accettato l’idea di comunità che va molto oltre la solidarietà.
Quello che vediamo e sentiamo a Finale Emilia, fra le migliaia di persone che ci stanno aspettando, è la voglia di ragionare su un problema nazionale che va affrontato, un territorio che va messo in sicurezza, un progetto normativo nazionale di prevenzione e di adeguamento anti sismico, anti alluvione, anti frana.
E lo stiamo facendo insieme, attraverso lana colorata, in una data che è fondamentale per noi aquilani e per noi di Animammersa, ma che per Finale Emilia, Mirandola, Cavezzo e gli altri comuni emiliani in fondo, non significa molto. Loro avrebbero il 20 e il 29 maggio, per commemorare il loro terremoto.
E invece quello che stiamo dicendo con gli emiliani, oggi, sei aprile duemilatredici, è che non esistono catastrofi private. Esiste piuttosto una collettività che ha voglia di dire, creando azioni corali, che è il momento adesso che la politica dia un nuovo significato alla gestione delle cose pubbliche e delle risorse; che si doti di strumenti normativi indispensabili affinché ogni disegno societario possa riprodursi in sicurezza.
Noi di Animammersa abbiamo scelto il 6 aprile, l’abbiamo portato in Emilia e ci siamo accorte che la “lontananza” non esiste, annullata dalla forza della gente che pretende che “una zona rossa ovunque si trovi, sia una questione nazionale”.
Dentro al “noveposti” che ci riporta a casa, domenica, sembra sia scoppiata un bomba. C’è un disordine pazzesco, e una grande serenità. Qualcuna di noi dorme, qualcuna pensa, qualcuna fuma. Non abbiamo voglia di tornare a casa, andremmo a portare le nostre idee anche a Gibellina, a Firenze, nei territori alluvionati della Liguria. E’ un progetto, ci stiamo lavorando, lo faremo.
Poi, dal lettore cd, dopo una serie ininterrotta di Radiohead, Pearl Jam, PJ Harvey, all’improvviso e a tutto volume, parte una canzone di Tiziano Ferro. Il casellante ci guarda allibito mentre paghiamo e cantiamo a squarciagola “Io ti amo, si ti amo”.
Le Anime sono tornate a casa, ma sono pronte a ricominciare, che se uno pensa una cosa, poi la discute e poi la fa, c’è sempre qualcun altro che la guarda, la discute, ne pensa un’altra e poi, magari, la fa.
Maria Luisa Serripierro - Animammersa