Domenica, 05 Gennaio 2014 11:04

Praticamente innocua - Viaggio semiserio nell'Aquila post-sisma /17: l'Auditorium di Ban

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Appuntamento numero 17 con Praticamente Innocua, la guida turistica semiseria di Ford Prefect. Oggi, una visita inattesa all'auditorium di Ban. Clicca qui per leggere tutte le puntate del viaggio semiserio nell'Aquila post-sisma

 

Anni fa un mio conoscente non aquilano ma trapiantato in città da decenni mi sottopose una sua analisi del rapporto tra L'Aquila e l'esteriorità che mi convinse allora e mi convince ancor di più oggi. Questo conoscente fece un paragone tra la rutilante spettacolarità delle strade di Lecce, trionfo di un barocco compiaciuto e di un'opulenza ostentata con soddisfazione e orgoglio, e la sobrietà sconfinante spesso in un rigore involuto e quasi deterrente dei palazzi aquilani. Avendo però la persona in questione frequentato gli ambienti delle due città, era pronto a giurare che varcando le soglie dei palazzi i rapporti si invertono, e non c'è paragone tra la ricchezza custodita nelle sale aquilane con quanto si può trovare negli interni leccesi.

Da questa constatazione scaturiva, ed era il fulcro del discorso, una conseguente analisi della mentalità aquilana, portata ad un bello perseguito ma non ostentato, e che nella sostanza cela invece di svelare, riservando i suoi tesori ad una cerchia ristretta di aventi diritto. Ora, da aquilano che sin dalla nascita è abituato a questa psicoanalisi di massa a cui la città è sottoposta, mi taccio sulle conclusioni, e mi limito a riprendere lo spunto di quanto detto sopra: questa è effettivamente una città più disposta a nascondere che a mostrare, e personalmente, come sicuramente tanti altri di voi, ho esperienza di visite a case del nostro centro storico che dietro facciate anonime o addirittura bruttine celano saloni affrescati, giardini pensili e splendidi cortili. Davvero una grande metafora della proverbiale chiusura dei suoi abitanti, dietro la quale, almeno a volte, si cela ben altro.

Se questa è L'Aquila e il suo rapporto con l'apparire, ieri sera ho avuto la prova che c'è un nuovo luogo, post-sismico, che ne raccoglie a pieno l'eredità, ed è stupefacente come sia stato ideato all'altro capo del mondo. La Paper concert hall, altrimenti detta L'Aquila temporary concert hall, o auditorium di Ban, è un altro bell'esempio di non-provvisorietà aquilana. Dopo il terremoto del 6 Aprile, il governo giapponese coinvolse in un progetto per L'Aquila l'archistar Shigeru Ban, noto tra l'altro per i suoi interventi nella Kobe toccata dal sisma del 1995, esperto nella progettazione in materiali atipici, almeno per queste longitudini, quali il bamboo e la carta.

Tacendo delle difficoltà di comunicazione tra lo studio giapponese e l'Amministrazione, eccedenti di gran lunga le diversità della lingua, che hanno portato a successive rivisitazioni del progetto, il quale dopo aver subito un certo numero di rilocalizzazioni ha avuto pace in quel di Acquasanta, e dopo aver preso nota del fatto che la realizzazione risulta costata 620.000 euro, ossia un decimo dell'auditorium di Renzo Piano, concediamoci una visita a questa particolarissima struttura.

Innanzitutto, già il raggiungerla comporta una piccola impresa. Forse un ispirato genius loci lo ha posizionato su una collinetta tra una rotonda e un centro commerciale, quintessenza dell'Aquila di oggi. L'ingresso, nello scenario perennemente cantierizzato dell'Acquasanta, va più che altro scovato. Di sera, poi, non ne parliamo. Vista da fuori, la struttura non è particolarmente invogliante. Poco leccese, molto aquilana. Un occhio non tecnico (tipo il mio) e magari maldisposto potrebbe addirittura azzardare che sia bruttina.

In effetti questo è un luogo rovesciato, concepito dal dentro al fuori, nato per una funzione e che si sviluppa intorno ad essa. Un auditorium deve suonare, non apparire. A chi potrebbe mai venire in mente che di un auditorium sia importante l'esteriorità? Ok, cancellate l'ultima frase.

Passate le pareti trasparenti disposte a quadrato, si apre uno scenario insolito per un interno: una specie di enorme drappo rosso cinge la sala da musica, un ellisse contornato da colonne di cartone precompresso dall'effetto di una suggestività tutta sua. Una specie di gioiello racchiuso nella sua scatola, nascosto su una collina vicino ad un autolavaggio. Un posto nascosto, un posto molto aquilano. Facendo parte del complesso del Conservatorio Casella, non è un luogo dal quale si passa e comunque, anche passandoci, si vedrebbe ben poco.

E' un posto che si vive e che non si guarda, per cui una visita qui è necessariamente collegata ad un evento che ne celebri la funzione. E la celebrazione di stasera è il concerto della Piccola Bottega Baltazar che purtroppo, a causa di una scarsa risposta del pubblico aquilano, diventa una messa per pochi intimi. Spero per voi che ieri Canale 5 abbia dato il meglio di sé per trattenervi a casa, perchè non sapete cosa vi siete persi.

I cinque danno vita, con i loro strumenti acustici, ad una celebrazione della musica d'autore, le cui suggestioni spaziano dal cantautorato italiano d'alto bordo (Dolcenera di De Andrè è, se ben ricordo, l'unica cover in italiano che eseguono, accompagnata da The Partisan di Leonard Cohen) a Tom Waits, allo stesso Cohen ma con aperture repentine alla musica popolare del loro Veneto, tra ricordi bellici del monte Grappa e affreschi rugbistici che tracciano un fil rouge con la nostra città. Un alternarsi anche di toni e umori, dai più intimistici ai più allegri, con una perizia anche tecnica davvero sopraffina.

E mentre i demiurghi musicali si esibiscono, la stanza ovale risponde come un sesto strumento, trasmettendo la musica alle orecchie e al corpo. Niki Lauda sosteneva che le sue capacità di guida erano legate al fatto di saper percepire le vibrazioni delle sue monoposto col sedere: beh, ieri sera ho avuto sensazioni analoghe quando l'intera struttura trasmetteva il vibrare dei legni del contrabbasso fino ai miei piedi e alla mia spina dorsale. Concerto bellissimo, alla fine persino i volontari della Protezione Civile in servizio erano in coda per prendere i CD. Se mi posso permettere un consiglio, andate a cercare questa band online.

Lascio l'auditorium sorpreso della scoperta di questo posto. Una celebrazione della provvisorietà, un luogo che avrebbe dovuto, nella visionaria ideazione iniziale, letteralmente disfarsi dopo aver assolto la sua funzione di transizione. E forse questa è l'unica cosa che Ban non ha capito di questa città, un posto che ha bandito il concetto di provvisorietà e dove ogni casetta di legno aspetta solo di essere condonata.

Però questo signore dell'altro capo del mondo ci ha lasciato un vero gioiello. Speriamo che l'Imperatore lo faccia Senatore a vita.

Ultima modifica il Domenica, 05 Gennaio 2014 11:45

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