Di Enrico Macioci - Ho letto una sessantina di libri di Stephen King e ricordo pochissime frasi memorabili; in quest’enorme contraddizione risiede l’enorme stranezza di King, che ora proverò a spiegare.
L’autore del Maine durante gli ultimi quattro decenni non ha scritto i suoi sessanta e passa libri ma un unico lunghissimo interminabile libro, la vera grammatica del nostro tempo oscuro, il sismografo della nostra psiche affranta.
Me ne sono definitivamente persuaso leggendo l’appena uscito Doctor Sleep, il seguito di Shining, dicono. Invece Doctor Sleep è il seguito di Shining e di molti altri romanzi e racconti di King; la frattalità della produzione kinghiana, la sostanziale intercambiabilità e concatenazione fra le sue opere c’è sempre stata, però si è venuta chiarendo nel King maturo fino a emergere con incontestabile evidenza: King scrive sempre la stessa cosa.
Questa cosa potremmo riassumerla così, per coppie speculari: i figli piccoli e i padri, la diversità e la scrittura, il cancro e la morte, la provincia e la distanza, il Bene e il Male.
Ho elencato cinque coppie ma nella penna di King sono una sola, fidatevi. Lui non scorge i fenomeni come separati, la sua mente ha il misterioso talento di percepirli copresenti, di sondare il limaccioso fiume della vita dentro cui fluiscono gli oggetti più impensati e (in apparenza) diversi.
Cujo non è solo la storia d’un cane idrofobo ma l’incarnazione di una crisi familiare; Christine non è solo la storia di una macchina posseduta ma la sintesi del mistero dell’adolescenza; Misery non è solo la storia di una crudele carceriera ma un’acuta indagine sul genere/romanzo; Il miglio verde non è solo un dramma carcerario ma una metafisica riflessione sul trapasso; e It non parla semplicemente d’un clown mostruoso ma scava nel deposito delle paure infantili; potrei andare avanti a lungo.
La visione di King è olistica quant’altre mai, è una rete che imbriglia la straordinaria complessità del mondo con la rete di una formidabile immaginazione. Quando scrive, King (per usare una parola contemporanea) è “connesso” col creato.
Credo sia il motivo per cui insisto a leggerlo benché non trovi nei suoi romanzi frasi davvero essenziali, quelle frasi che scrittori verbalmente più dotati di lui profondono generosamente; è il motivo per cui, nonostante l’assenza di sottolineature o punti esclamativi o strisce d’evidenziatore, io continui a leggerlo con emozione, passione e sgomento.
La sua scrittura scabra e spesso rozza tocca le corde più riposte e delicate, le più enigmatiche e remote del mio cuore. Com’è possibile? La migliore risposta che so dare è la seguente: King non scrive cercando la bellezza ma la verità – la verità d’una storia poiché lui è un supremo cantastorie; e la verità d’una storia, se la storia è sincera (e cioè raccontata secondando la propria inderogabile necessità), è anche la nostra verità; noi viviamo di storie dalla notte dei tempi; le storie sono il nostro pane spirituale, la sostanza che ci permette di essere umani.
Ma di che parla insomma Doctor Sleep? Direi che lì dentro non c’è solo Shining, il quale pure risuona in abbondanza. C’è Il poliziotto della biblioteca, per esempio (Rose Cilindro mi ricorda Ardelia Lortz, anzi credo si tratti della stessa entità, solo con un altro nome); c’è Cuori in Atlantide (i membri del Vero Nodo non distano poi tanto dagli uomini bassi in soprabito giallo); c’è Il miglio verde (Dan Torrance e Abra Stone sono parenti stretti di John Coffee); e poi ci sono Le notti di Salem, Cujo, It, Insomnia, Desperation, I vendicatori (accomunati dal ruolo aurorale e salvifico dei bambini); e naturalmente c’è l’intera serie della Torre Nera (i mondi paralleli, le realtà alternative in cui nuotiamo senza accorgercene).
C’è, soprattutto, nelle pagine in cui il Dottor Sonno accompagna i malati della casa di riposo presso l’ultima frontiera, una struggente poesia che è forse la vena principale, la più luminosa nell’immenso giacimento dello scrittore statunitense. C’è la lotta fra la magia nera e la magia bianca, l’eterno dubbio che ci tiene sospesi sull’abisso e ci fa andare avanti. C’è tutto, e se manca la frase memorabile pazienza.