Lunedì, 02 Settembre 2019 02:07

Jazz italiano per le terre del sisma: si chiude la quinta edizione, l'ultima con Paolo Fresu alla direzione artistica. "Ma rimarrò vicino all'Aquila, qui mi sento a casa"

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“E’ stato uno dei momenti più emozionanti di queste cinque edizioni. A parte il numero delle persone presenti, c’era un silenzio incredibile, una qualità dell’ascolto straordinaria”.

Sono le sei di sera, la maratona in centro storico del Jazz italiano per le terre del sisma sta per terminare con il concerto di Fabio Concato a piazza Duomo ma Paolo Fresu, il direttore artistico, ha ancora negli occhi la bellezza della basilica di Collemaggio gremita di gente accorsa per assistere al suo concerto mattutino “Back to Bach”. Un viaggio che ha spaziato dalla musica barocca a quella contemporanea nel quale il trombettista e compositore sardo è stato affiancato dal fisarmonicista Daniele Di Bonaventura e dall’ensemble di musica classica “I virtuosi italiani”.

Mille persone, forse anche più, in religioso silenzio per ascoltare una musica lontana anni luce dal mainstream radiofonico.

Se esiste un’immagine in grado di esprimere al meglio il significato e il messaggio di un festival entrato ormai nelle fibre del pubblico (quello aquilano ma non solo), è quella di Fresu che suona nella navata centrale di Collemaggio, rivolto verso l’altare maggiore, in mezzo al pubblico, che lo avvolge quasi in un abbraccio.

"Porterò quest ricordo sempre nel mio cuore, insieme al mio concerto sulla scalinata di S. Bernardino, nel 2015; quello con Daniele Di Bonaventura a Amatrice nel 2017 e quello dell'anno scorso con i 100Cellos, sempre  a S. Bernardino" afferma Fresu. “Anche questa edizione ci lascia molto soddisfatti. Peccato solo per il tempo, che non è stato molto clemente. Ma alla fine abbiamo avuto tutte le location piene, con gente che si è messa in fila pur di entrare e prendere parte ai concerti. Anche la serata di sabato (quella con Ornella Vanoni, ndc) è stata bellissima. Credo che per il futuro dovremo mantenere questa formula”.

Fresu ha già annunciato che dal prossimo anno non sarà il più direttore artistico, anche se continuerà comunque a essere presente come presidente della Federazione jazz italiano, che  si occuperà di tutta quanta la parte logistica: “A partire dal prossimo anno, ogni anno ci sarà un direttore artistico diverso, che potrà essere un musicista o un’altra persona legata al mondo del jazz e che dovrà scegliere i generi da rappresentare e chiamare i musicisti. Noi come Federazione faremo la nostra parte. La manifestazione proseguirà nello stesso solco tracciato in questi quattro anni, con i concerti itineranti in centro storico. Spero che ogni anno potranno esserci sempre più posti nuovi dove allestire i palchi, significherebbe che sempre più monumenti e palazzi saranno stati restituiti. Credo che manterremo anche la formula dei due giorni, che consente anche a chi vuole venire da fuori di avere più tempo per visitare e vivere la città e dà tutto il tempo al pubblico di ripartire con calma. Anche se non sarò più il direttore artistico del festival, continuerò a essere vicino all’Aquila. Qui mi sento veramente a casa”.

Fresu ricorda anche i numeri ottenuti in cinque edizioni: “Dal 2015 a oggi all’Aquila sono passati 2600 musicisti, abbiamo organizzato più di 400 concerti in centinaia di location. Solo nella prima edizione abbiamo avuto 60mila presenze”. Sono cifre che danno anche l’idea di quanta gente e di quale volume di affari possa muovere la musica e, in generale, la cultura.

“Con la cultura si mangia eccome” osserva Fresu “Da tanti anni organizzo un festival jazz in Sardegna che ormai è arrivato ad avere un indotto di 3 milioni di euro netti. Sono soldi che arrivano e rimangono sul territorio. Naturalmente è solo un esempio, se ne potrebbero fare molti altri. Bisogna credere di più nella cultura e soprattutto bisogna investire. Solo con una buona semina si ha  un buon raccolto”.

Ultima modifica il Lunedì, 02 Settembre 2019 02:27

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