Scriviamo con il concerto di chiusura della Festa della Montagna ancora in corso, alla Villa Comunale.
Sergio Caputo si sta esibendo sul palco, davanti ad un discreto pubblico. E' andata così, in questo fine settimana: la partecipazione è stata discreta alle serate di musica, ad alcune esibizioni - dai Falconieri alla danza aerea - e ai gustosi banchetti dello street food che, come accade in ogni occasione, richiamano curiosi e famiglie. Al contrario, la presenza di pubblico ai dibattiti e agli incontri in cartellone è stata più che deludente, e stiamo usando un eufemismo. Se si fa eccezione per l'incontro sull'Operazione Quercia, e comunque l'auditorium del GSSI non era pieno, per il resto si sono viste sale e spazi vuoti.
Se l'obiettivo era "di avvicinare quanta più gente possibile alla montagna e allo spirito della montagna che è fatto di sacrificio e sobrietà", come aveva indicato il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, non può dirsi di certo raggiunto; e siamo assai lontani dall'ambizione dichiarata di "trasformare questa festa nella prima festa della montagna del centro Italia".
La verità è che il confronto con le edizioni passate del Festival della Montagna al Parco del Castello è impietoso.
Aggiungiamo che, purtroppo, era assolutamente prevedibile.
L'amministrazione attiva ha deciso di chiudere in un cassetto l'esperienza di Gran Sasso Anno Zero che, negli anni, aveva avuto la capacità di attivare un circolo virtuoso di collaborazione tra Istituzioni locali, professionisti, operatori della montagna - dalle guide alpine agli accompagnatori di media montagna, dai ristoratori ai rifugisti - e comunità locali; si è deciso invece di fare da sé, come se bastasse cambiare nome ad un evento, definirlo festa e non festival, per ottenere lo stesso fortunato riscontro, riconosciuto tra l'altro dall'amministrazione stessa che, non a caso, aveva inserito il Festival della Montagna tra gli eventi "maggiormente significativi per il territorio aquilano", rispondente ad oggettivi indicatori di qualità riscontrati e, dunque, meritevole di essere finanziato direttamente dal Comune dell'Aquila nell'ambito del programma Restart.
Di certo, si dovrà fare chiarezza sulla delibera di Giunta comunale che, di fatto, ha 'dirottato' le risorse da un appuntamento di richiamo nazionale ad un altro che, invece, era alla prima edizione. Oltre le questioni amministrative però, pure importanti, va rilevato che il Festival della Montagna aveva una mission, un obiettivo chiaro: promuovere progetti a basso impatto economico ed ambientale, ma dal grande potenziale attrattivo, legati alle molte attività sportive e turistiche che possono essere praticate nelle nostre magnifiche montagne, dall'arrampicata all'alpinismo, dal freeride allo sci di fondo, dal parapendio al trekking; ad ispirare l'evento, c'era la volontà di creare una cultura della montagna, un nuovo rapporto tra montagna e città, basato sulla consapevolezza e sul rispetto del nostro straordinario patrimonio naturale e culturale.
Per cogliere l'obiettivo, si erano messe in campo le migliori esperienze del territorio, 'aprendo' ad intelligenze e professionalità - sportive, culturali e imprenditoriali - che, da fuori città, da altri luoghi d'Italia e d'Europa, erano venute a L'Aquila per confrontarsi, alimentando, così, una discussione vera e appassionata sul rilancio della nostra montagna. Proprio per questo, si era preferito lasciare spazio a dibattiti e incontri di indubbia rilevanza dando ampio risalto, altresì, alle esibizioni sportive che avevano saputo attrarre migliaia di persone mostrando, concretamente, una via possibile di sviluppo, piuttosto che inserire in programma concerti musicali, banchetti di street food e attività di sicuro richiamo come le esibizioni dei falconieri, per intenderci, che non colgono però l'obiettivo che dovrebbe sottendere ad un evento del genere.
Al contrario, la Festa della Montagna è parso un contenitore privo di anima, di una visione; si è rilevato, piuttosto, un cartellone di eventi slegati tra loro, pensato in tutta fretta per riempire di contenuti tre giornate di ottobre; dai falconieri al raduno di jeep, dalle esibizioni di danza aerea - pure suggestive - alla ricostruzione storica dell'Operazione Quercia, dai cori alle pistole laser, dai treni di montagna al turismo religioso, davvero non si è compreso quale fosse il filo rosso che teneva insieme i diversi momenti.
E' stata un'occasione persa, l'ennesima.
Si è cancellata immotivatamente un'esperienza virtuosa, tra le poche sbocciate a L'Aquila in questi anni, si è deciso di 'far fuori' chi il Festival della Montagna l'aveva immaginato, pensato e realizzato, per dare vita ad un evento che non poteva che dimostrarsi deludente, sebbene vi sia stato il rispettabile impegno di molti che hanno contribuito a realizzarlo. E non si parli di "boicottaggio": se boicottaggio è stato, l'unica vittima è un Festival che, nelle sue edizioni, ha portato in città migliaia di persone.
Giustificando la 'chiusura' nei confronti del Festival della Partecipazione, con toni che abbiamo ascoltato anche in queste settimane rispetto al Festival degli Incontri, il sindaco Pierluigi Biondi aveva provocatoriamente chiesto di "conoscere, in termini di dati e cifre reali", quali fossero i "vantaggi che il Festival della Partecipazione recava al territorio". Sulla Festa della Montagna il Comune dell'Aquila ha investito 60 mila euro, più 12 di sponsor privati (così è stato dichiarato): ebbene, è lecito attendersi che la città sia informata, a questo punto, "in termini di dati e cifre reali", dei vantaggi che ha recato al territorio.
D'altra parte, il vicepresidente del comitato organizzatore Daniele D'Angelo, in conferenza stampa, aveva chiarito che l'amministrazione 'faceva da sé' per le esose richieste, in termini di contributo d'ideazione e organizzativo, di Gran Sasso Anno Zero: stante l'evidenza che la Festa della Montagna è costata quanto le passate edizioni del Festival della Montagna, è altrettanto lecito attendersi che vengano resi pubblici i capitoli di spesa dell'evento, voce per voce.