L'Aquila si prepara alla quarta edizione del Festival della Partecipazione.
Sebbene in 'formato' ridotto, stante anche le incomprensioni dei mesi scorsi tra le associazioni promotrici, ActionAid e Cittadinanzattiva, e il sindaco Pierluigi Biondi, venerdì 22 e sabato 23 novembre il Festival proporrà numerosi eventi; si dibatterà di sostenibilità della ricostruzione, del protagonismo delle comunità, dei borghi delle aree interne, oltre che delle pratiche della partecipazione.
A questo proposito, si discuterà - in particolare - della necessità, più attuale che mai, di creare corpi intermedi autonomi che permettano di raccogliere, analizzare, sistematizzare le esigenze collettive e trasformarle in indirizzo politico da sottoporre alle Istituzioni.
"Le Istituzioni democratiche hanno attuato, negli anni, strumenti di partecipazione e di ascolto: c’è chi fa i sondaggi di opinione, chi attiva tavoli di lavoro, chi convoca commissioni aperte agli attori di ogni tipo di problematica, chi fa riunioni più o meno istituzionali con corporazioni e lobbies; dipende dalla cultura del politico di turno e dal periodo storico", spiega il coordinatore territoriale di Cittadinanzattiva Paolo Tella.
"Si tratta della democrazia rappresentativa: le riunioni si fanno tra 'rappresentanti': sia a livello nazionale che a livello locale, il modello della democrazia rappresentativa viene replicato solo cambiando i temi, da quelli generali e strategici nei vertici di Governo a quelli puntuali ed operativi nelle riunioni dei Comuni, con tutti i possibili livelli intermedi nelle Regioni e in altre Istituzioni. Sindacati per il lavoro, Confindustria per gli investimenti innovativi, CNA e Confcommercio per gli artigiani ed i commercianti, ANCE ed Ordini Professionali per il piano regolatore, le Università per le politiche di sviluppo delle nuove professioni: spesso si organizzano tavoli congiunti o collettivi, come nel caso di interventi a seguito di disastri in cui, tutti insieme velocemente e contemporaneamente, esprimono i pareri su cosa e come fare dividendosi i compiti, avendo molta più esperienza dei decisori pubblici".
Stiamo parlando dei così detti stake holders: i portatori di interessi. "Ognuno di loro rappresenta un interesse di categoria, un interesse economico di parte, ed ognuno di loro contribuisce alle decisioni finali (partecipa) che vengono prese dalla controparte politica. Per questo esistono associazioni di categoria espressione della destra e della sinistra: Confcommercio e Confersercenti, CIA e Confagricoltura, mentre le più grandi e forti sono trasversali e trovano la mediazione al loro interno, come Confindustria".
La grande svolta degli anni ’60, a seguito di anni di lotte degli studenti e dei lavoratori, fu quella di attivare la concertazione tra Governo, Sindacato e Confindustria per la definizione delle politiche economiche nazionali. "Prima di quegli anni decideva la politica governativa in perfetta autonomia. Negli anni ‘60 Confindustria e CGIL diventarono quei colossi che potevano condizionare le politiche economiche, ed a questo servivano gli scioperi generali che esprimevano interessi collettivi e diffusi degli operai; negli anni ’70 si aggiunsero con più forza gli studenti e le forze sociali facendo nascere, di fatto, la società pluralista".
In quegli anni si configurano i cosiddetti 'corpi intermedi': partiti, sindacati, associazioni di categoria, ma anche la Chiesa e tutte le associazioni cattoliche collegate. "Tornando a noi - aggiunge Paolo Tella - il modello della democrazia rappresentativa si è assestato e consiste nella concertazione tra rappresentanti di interessi, sistema politico ed i corpi intermedi. Oggi mancano i cittadini e le loro esigenze. La difficoltà nel tener conto delle esigenze dei cittadini da parte delle Istituzioni dipende anche dal fatto che i cittadini non sono riconoscibili come corpo intermedio e fanno più riferimento a quella democrazia diretta oggi ancora inapplicata ed inapplicabile. Manca uno strumento di sintesi. Come si fa a tener conto di esigenze espresse in maniera destruttarata? Qualcuno usa i sondaggi che vanno bene, ci mancherebbe, ma sono guidati da chi li struttura; inoltre, il sondaggio sul gradimento di un’opera pubblica viene realizzato dopo che la decisione di realizzare detta opera è stata presa. Non è questa (il sondaggio) la partecipazione alle decisioni: vediamo quanti impianti a biomasse sono stati bloccati dai cittadini dopo la loro approvazione e tutti i movimenti dal NON TAV al NO ad ogni cosa. Si chiama la sindrome del NIMBI ed è la solo risposta che masse di cittadini riescono a dare visto che nessuno li ascolta. Una risposta destrutturata, a volte violenta, ma l’unica possibile oggi".
Il ruolo dei 'need holders' (portatori di esigenze) non ha mai avuto lo stesso peso, nelle decisioni, di quello degli stake holders proprio perché, i primi, non hanno potere economico, non sono organizzati e, quindi, non hanno quella capacità organizzativa che permette di essere riconosciuti. "Ma sono i cittadini che eleggono i politici, quindi i referenti delle esigenze dei cittadini dovrebbero essere i politici. Oggi non è più così: la casta non ascolta le esigenze diffuse ma ascolta solo se stessa. Nasce così la cosa più semplice e dirompente: un bel VaffaDay. Un po' come accadde negli anni ‘70, allorquando il rifiuto di ogni leader decretò l’inizio della fine della CGIL con il potentissimo Luciano Lama accolto ad una manifestazione a La Sapienza da migliaia di studenti che gli urlavano 'scemo, scemo' e gli lanciavano pomodori. Erano gli anni degli Indiani Metropolitani che scrivevano 'Fanfani chi legge' sui muri. Beppe Grillo era uno degli studenti in piazza e teorizzava la fantasia al potere di dannunziana memoria".
L’alternativa al rifiuto, che ha generato mostri, è proprio quella di dare una struttura ai cittadini, alla cosiddetta società civile; "la necessità è quella di creare corpi intermedi autonomi che permettano di raccogliere, analizzare, sistematizzare le esigenze collettive e trasformarle in indirizzo politico da sottoporre alle Istituzionia", sottolinea Tella. "Devono essere corpi intermedi composti da cittadini senza innesti di alcun tipo: niente politica, organizzazioni professionali, Università o sindacati. Solo cittadini in purezza, proattivi e resilienti. E le Istituzioni devono essere pronte a raccogliere le indicazioni istituzionalizzando la partecipazione dei cittadini alle decisioni, come previsto dall’art. 118 della Costituzione, cavallo di battaglia di Cittadinanzattiva, che ha inserito in Costituzione il principio di sussidiarietà.
"… Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".
Nella scorsa edizione del Festival della Partecipazione se ne è discusso con l’allora Ministro per le Riforme Costituzionali Riccardo Fraccaro, con Giovanni Moro e con il costituzionalista Giuseppe Cotturri: come rafforzare la democrazia migliorando la partecipazione dei cittadini? Ci sono interessanti approfondimenti qui e qui.
"Ora la questione sul tavolo è: come si fa nelle Istituzioni Locali a tener conto delle esigenze espresse dai cittadini nel rispetto dell’art. 188 della Costituzione? Conosciamo le infinite sperimentazioni in campo da diversi anni: il bilancio partecipativo, gli assessorati alla partecipazione, i regolamenti per la partecipazione, gli Urban Center, ma tutto sembra ancora inutile perché le Istituzioni decidono con la sola logica della concertazione, più o meno segreta, con gli stake holders, lasciando da parte i need holders: i cittadini. Serve uno strumento di sintesi da adottare. Serve una modifica delle procedure decisionali da parte delle Istituzioni. Serve un percorso di riconoscimento dei cittadini, nelle loro forme organizzate al di fuori dei partiti che, ormai, non rappresentano più la società civile".
Anche di questo si discuterà il 22 e il 23 novembre prossimi. Qui, il programma completo del Festival della Partecipazione.