Sabato, 01 Febbraio 2020 14:40

Inaugurazione anno giudiziario: proteste contro la riforma della prescrizione

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La legge sulla prescrizione "presenta rischi di incostituzionalità" e "viola l'art. 111 della Costituzione".

Parole del procuratore generale di Milano Roberto Alfonso all'inaugurazione dell'anno giudiziario, alla presenza del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, della presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia e dell vicepresidente del Csm David Ermini. 

Fuori gli avvocati penalisti hanno manifestato con dei cartelli che riproducevano gl articoli 24, 27 e 111 della Costituzione. 

La protesta contro la riforma della prescrizione ha caratterizzato l'inaugurazione dell'anno giudiziario, da nord a sud. All'Aquila, il presidente della Camera Penale 'Emidio Lopardi', l'avvocato Gian Luca Totani, nel suo intervento ha inteso ribadire come "il 2019 avrebbe dovuto essere l’anno dell’epocale riforma del processo penale, quella che era stata indicata quasi come 'condizione sospensiva' all’entrata in vigore della sciagurata legge che elimina la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Sapevamo di essere di fronte ad un sostanziale bluff ma abbiamo avuto la caparbietà di andare a vedere il punto sedendoci al Tavolo convocato dal Ministro. Lo abbiamo fatto nella consapevolezza che quello della prescrizione non era (e non è) un feticcio da difendere ma che il vero tema di discussione avrebbe dovuto essere quello della ragionevole durata del processo".

Da quel confronto erano emerse indicazioni condivise anche dalla magistratura associata che individuavano come priorità - oltre ad un indispensabile investimento in mezzi, strutture e personale dell’Amministrazione - il potenziamento dei riti alternativi, l’efficientizzazione dell’udienza preliminare, una drastica depenalizzazione. Tutto ciò al fine di ridurre in maniera significativa il numero dei dibattimenti senza però in alcun modo intaccare i principi cardine della prova penale: oralità, immediatezza e contraddittorio tra le parti. Ma "le conclusioni di quel tavolo - ha voluto denunciare Totani - sono state immediatamente tradite a causa delle resistenze opposte da alcune rappresentanze politiche, facenti parte dell’allora maggioranza, al potenziamento dei riti alternativi ed alla depenalizzazione: il populismo giudiziario, si sa, si nutre di slogan come 'basta sconti di pena' sicchè risulta pressoché impossibile far comprendere all’opinione pubblica che chi da un rito alternativo trae il maggior beneficio è proprio lo Stato".

Cambiato il governo hanno preso a circolare diverse bozze di legge delega. "Le ultime sembrano rompere definitivamente il 'patto' stretto attorno a quel Tavolo prevedendo l’introduzione di norme che legittimerebbero il ricorso sistematico alla lettura degli atti e dunque alla valorizzazione della prova raccolta nelle indagini. Questo tipo di scelte ci troverà sempre fermamente contrari. Così come siamo riusciti a spiegare ai cittadini nel corso della Maratona Oratoria del dicembre scorso, che quella contro la prescrizione è una campagna di mistificazione dal momento che la sua abolizione dopo la sentenza di primo grado andrà ad incidere su appena il 25% del fenomeno ma in compenso avrà come conseguenza quella della inesorabile dilatazione dei tempi del processo, altrettanto faremo per far comprendere che il diritto dell’imputato ad essere giudicato da colui che ascolta con le proprie orecchie le testimonianze di un processo non può essere sacrificato sull’altare della legittima aspettativa di un magistrato di essere trasferito ad altro ufficio".

Chi pratica le aule penali del Distretto - ha proseguito Totani - "sa bene quali e quanti problemi si accompagnano al continuo turnover che gli uffici giudicanti penali abruzzesi da anni subiscono; e chi frequenta le Cancellerie verifica quotidianamente il loro stato di avanzata desertificazione, causata dal progressivo pensionamento del personale che sempre troppo tardi viene sostituito; a voler tacere di quanto accade nelle sedi di Tribunale sopprimende dove le nuove assunzioni non sembrano proprio essere previste. Siamo stati facili profeti quando abbiamo pronosticato che quello della prescrizione, portato avanti con commovente quanto inconsapevole fermezza dal Ministro Bonafede, sarebbe stato solo il pretesto per tentare una decisa restaurazione del rito inquisitorio e per una fin troppo scontata, successiva, aggressione alle impugnazioni. Ma non è con la compressione delle garanzie che si migliora il sistema della giustizia penale".

E’ necessario, invece, far sì che arrivi a processo ciò che effettivamente merita un dibattimento e che si contenga il desiderio di impugnazione. "Sotto il primo profilo è probabilmente giunto il momento di svolgere un sereno e serio confronto sul tema dell’obbligatorietà dell’azione penale. Sotto il secondo è indispensabile che cresca la qualità dei dibattimenti di primo grado perché se i numeri, poi, ci dicono che circa il 60% delle sentenze viene riformato, non sarà certo lo spauracchio della reformatio in peius a disincentivare chi ad una Corte di Appello chiede finalmente giustizia".

Ciò che rifiutiamo in radice sono i gratuiti attacchi alla funzione difensiva, l'affondo di Totani, "descritta di recente - anche da esponenti di vertice della magistratura - come meramente parassitaria e speculativa. Sono messaggi pericolosi quelli che stanno arrivando e richiedono nette prese di distanza: così come non sono tollerabili gli attacchi verso la magistratura in occasione della pronuncia di sentenze mal digerite dal pubblico, altrettanto insopportabile è confondere gli avvocati con i propri assistiti, quasi fossero loro concorrenti o favoreggiatori, proponendo addirittura una loro solidale responsabilità, grazie a Dio, per il momento, solo patrimoniale".

Infine il carcere. "La cultura carcerocentrica, quella che invoca la 'certezza della pena' ma ignora che se in Italia una cosa certa esiste è proprio la pena, è oltremodo trasversale. Ancora una volta sono i numeri a parlare e dicono che anche in Abruzzo siamo ben lontani dal superare l’emergenza sia del sovraffollamento carcerario che dei condannati liberi. E’ evidente la necessità di un intervento concreto sull’esecuzione penale che ponga al centro il condannato ed il suo percorso e non il reato commesso così come ci dicono anche le recenti sentenze della CEDU e della Corte Costituzionale in tema di ergastolo ostativo. Il 2020 sarà un altro anno che al solito ci vedrà camminare in direzione ostinata e contraria ma sempre pronti al confronto, anche serrato, con chiunque abbia a cuore il Diritto Penale liberale ed il Giusto Processo".

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