Sabato, 22 Marzo 2014 16:41

"Recuperiamo e valorizziamo il Torrione": Arduini rilancia l'appello di Redi

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“Ho deciso di raccogliere e rilanciare con forza l'appello lanciato dal docente di archeologia dell'Università degli Studi dell'Aquila, Prof. Fabio Redi in merito all'esigenza di restaurare, conservare e valorizzare i resti dell'antico acquedotto di Santanza e con esso il più noto Torrione che da il nome a un quartiere centrale della città dell'Aquila”.

Con questo intento si è aperta questa mattina la conferenza stampa presso la sede dell’ANCE dell’Aquila nella quale il Prof. Fabio Redi e il Dott. Giampaolo Arduini, ex vice Sindaco della città, hanno illustrato ai giornalisti e ai convenuti le motivazioni dell’esigenza di recuperare e valorizzare i resti dell’antico acquedotto di Santanza del quale il noto “Torrione” è l’emergenza architettonica maggiormente significativa.

L’appello, grazie alla collaborazione dell’ANCE è rivolto a tute le imprese edili iscritte nel territorio affinchè siano particolarmente sensibili all’opportunità di partecipare al bene comune contribuendo per tramite degli organismi preposti del Ministero dei Beni Culturali, a sostenere i costi per le opere di restauro.

Il Prof. Fabio Redi, è autore del saggio dal titolo "L'Aquila: infrastrutture idrauliche e ruolo socioeconomico dell'acqua in una città di fondazione medievale" con il quale ha riportato alla pubblica attenzione quanto sia importante valorizzare questa particolare "ricchezza storica" cittadina di antiche strutture legate all'acqua.

“L'origine del nome della città Accule o Aquili, termine con cui si designava originariamente un insediamento corrispondente all'attuale convento dei cappuccini di Santa Chiara e alle 99 cannelle, va' ricercata nella copiosità di acqua dell'area”, ha dichiarato Redi. “Di particolare interesse storico-monumentale in questo ambito è l'antico acquedotto di Santanza per il quale la cronaca storica riporta che il toscano Guelfo da Lucca nel 1304, capitano di giustizia, provvide alla realizzazione dell'acquedotto e di esso il frate francescano Giovanni ne fu il capomastro. L'opera fu realizzata in un solo anno nonostante la lunghezza di tre miglia, i forti dislivelli da superare, problemi di flusso e di portata delle acque. L'acquedotto con origine presso il monastero di San Giuliano, a causa della scarsità di acqua in superficie, dovette ricorrere a un certo numero di pozzi e di cisterne o bottini di raccolta o pressione. Si scavarono cunicoli e condotti sotterranei per legare le varie cisterne a un unico collettore”. 

Di questo acquedotto si rintracciano numerosi tratti nella zona di San Giuliano – Santanza da cui si diparte. “Due "piramidi" vicino alle mura urbane furono costruite per sollevare le colonne d'acqua e alimentare le fontane cittadine” ha concluso Redi. “Una di esse era l'attuale Torrione, situato nel quartiere che ne porta la denominazione e che in epoca romana doveva essere stato una tomba a torre. Da qui l'acqua entrava poi in città e in particolare raggiungeva quella oggi è denominata piazza del Duomo”.

Questa emergenza architettonica, danneggiata dal sisma del 2009, deve essere adeguatamente protetta e salvaguardata. Un piccolo ma importante “cantiere culturale” che possa divenire nel tempo anche meta di studio e ricerca oltre che punto di partenza per una piccola escursione alla ricerca delle tracce dell’antico acquedotto verso il monte di San Giuliano.

 

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