Lunedì, 27 Luglio 2020 16:37

Jane’s Walk L’Aquila su NewsTown: l'intervista a Alfredina Gargaglione

di  Quirino Crosta

Oggi ripartiamo con la nostra passeggiata da Tornimparte.

Faremo un piccolo approfondimento sul pensiero di Jane Jacobs e poi una chiacchierata con Alfredina Gargaglione, insegnante a Tornimparte e membro della condotta Slow Food dell’Aquila.

Con JJ abbiamo ripreso ad osservare la dimensione umana del vivere urbano. Nel 1961 scrive “The Death and Life of Great American Cities”, testo in cui ritroviamo alcuni punti sostanziali del suo pensiero. Si muove in direzione opposta rispetto ai suoi contemporanei, uomini progettisti modernisti: si concentra sulla dimensione della vita quotidiana dei cittadini e delle cittadine, nel tessuto urbano in cui vivono e si muovono. Ed il movimento è uno dei temi centrali, da cui non a caso nascono le Jane’s Walk stesse. E da questo scaturisce l’attenzione allo spazio pubblico: strade, piazze, parchi e marciapiedi come luoghi e vettori generatori di benessere sociale e urbano.

Altro tema di cui fu grande sostenitrice ed operatrice è quello della partecipazione o meglio del coinvolgimento dal basso dei cittadini e cittadine. Insomma, la logica modernista e funzionalista dell’architettura e dell’urbanistica neutrale proprio non potevano attagliarsi alla vita delle città: a tal riguardo portò l’esperienza delle periferie e degli slums in cui gli interventi top down risultavano inutili, privi di senso e a volte dannosi dal momento che era invece del tutto naturale l’innescarsi di processi rigenerativi autoprodotti, spontanei ed informali.

La dimensione dell’informalità è ancora oggi un tema fortemente contrastante: non a caso spesso ci ritroviamo senza esserne consapevoli in una spirale di iper-normazione ed iper-controllo.

La critica sostanziale di JJ all’urbanistica moderna, e possiamo dire anche a quella contemporanea, mette a fuoco lo scollamento che c’è fra le pratiche e le azioni di piano delle istituzioni, degli enti e in generale top-down, e le reali esigenze dei cittadini e delle cittadine. Proprio lei scriveva: “Le città sono un immenso laboratorio sperimentale, teatro dei fallimenti e dei successi dell’edilizia e dell’architettura urbana; in questo laboratorio l’urbanistica avrebbe dovuto imparare, elaborare e mettere alla prova le proprie teorie. Al contrario, coloro che praticano e insegnano questa disciplina (se così si può chiamare) hanno trascurato lo studio dei successi e dei fallimenti riscontrabili nella vita reale, né si sono chiesti quali fossero le ragioni dei successi inattesi: i principi ai quali essi si rifanno sono tratti dall’aspetto e dal funzionamento delle piccole città, dei suburbi, dei sanatori, delle grandi esposizioni, delle città ideali: tutto fuorché le grandi città”.

Ciò detto, diamo il benvenuto ad Alfredina nella nostra rubrica, ed a proposito del coinvolgimento e della crescita dell’individuo nella società, le chiediamo allora da dove comincia un’insegnante?

Certamente dalla nostra Carta Costituzionale in cui si prevede che la Scuola educhi e formi moralmente i giovani in modo che sviluppi capacità e conoscenze adeguate a partecipare responsabilmente all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Naturalmente noi cominciamo col sollecitare a partire dalla piccola scala, quella della propria città.

Imparare dalla Carta Costituzionale è solo esercizio di memoria?

Non solo apprendimento nozionistico ma anche formativo dei giovani alla cittadinanza e formazione critica. Pertanto, credo che, come insegnanti, sia giusto adottare strategie che ci permettano di perseguire tali obiettivi, come la partecipazione a progetti di Enti ed Associazioni che ci possano supportare in questo, permettendo al "mondo" esterno di entrare nella scuola. Il risultato dovrà essere quello di formare cittadini responsabili e consapevoli capaci di impegnarsi per migliorare il proprio Paese.

Cosa può la scuola nella logica ad esempio della Carta Costituzionale e di quanto ci siamo detti sul pensiero di JJ?

La scuola ha il compito, diversamente da quanto detto per le associazioni, di portare sul territorio i propri ragazzi, far conoscere e comprendere la propria realtà e i luoghi dove vivono, dal punto di vista ambientale, culturale, storico, perché soltanto conoscendo e studiando ciò che ci circonda si riesce a capire l’importanza di ciò che si possiede e che permette di acquisire la consapevolezza di voler proteggere e migliorare. Così si diventa Attori e non spettatori del cambiamento, del proprio futuro. Nel nostro caso ne è un esempio la proposta progettuale di Mètis, che ha permesso ai ragazzi di sentirsi coinvolti in un miglioramento di un’area di cui sono essi stessi i fruitori.

Grazie Alfredina!

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