Venerdì, 09 Maggio 2014 18:57

Il valore del ricordo: Peppino Impastato maestro di vita

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Di Francesca Izzi - 9 maggio del 1978. Mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro, a Cinisi, in Sicilia, Peppino Impastato muore, a 30 anni, dilaniato dall’esplosione di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Sin da giovanissimo, Peppino si è battuto contro la mafia, denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. A dare l’ordine di uccidere Impastato, è il capo indiscusso di Cosa Nostra negli anni Settanta, Gaetano Badalamenti, bersaglio preferito di Peppino in “Onda Pazza”, il programma di punta di Radio Aut, la Radio libera che lo stesso Impastato ha fondato a Cinisi nel 1977.

Oggi si ricorda la morte di un uomo che, con la sua tenace attività, è divenuto un simbolo di testimonianza concreta di coraggio civile. Tra le occasioni commemorative ricordiamo quella dell'attore aquilano Giulio Votta, che oggi si esibirà a Palermo riproponendo lo spettacolo "Sete", prodotto nel 2011 fra L'Aquila e Palermo e presentato in diversi incontri di rilievo nazionale come il Festival "Luoghi Sicuri" presso la Casa del Teatro L'Aquila.
L'esibizione affronta il tema della giustizia e della colpa partendo dalla figura di Leonardo Vitale, primo pentito di mafia per motivi di coscienza, nei luoghi che affrontano quotidianamente una lotta estenuante contro la criminalità organizzata.

Lo spettacolo racconta la storia di Vitale, uomo d'onore della famiglia Altarello di Baida che, nel 1973 si presenta spontaneamente alla questura di Palermo e svela tutto ciò che sa su Cosa Nostra. Si accusa anche di gravi delitti, tra cui alcuni omicidi. Mentre parla i suoi occhi sembrano vedere solo il crocifisso appeso alla parete. Leonardo confessa tutto, vuole espiare, rinnega la fede mafiosa e si rifugia nella fede in Dio. Crede nella giustizia divina e confessa alla giustizia terrena. Le persone da lui accusate vengono prosciolte, mentre lui, dichiarato malato di mente, è l'unico ad essere condannato. Da quel momento Leonardo viene trattato da pazzo e internato nel manicomio criminale. Viene scarcerato dieci anni dopo, nel giugno 1984, e, subito dopo, ucciso. Lo spettacolo parte dalla vicenda storica di Vitale per affrontare temi più ampi come il pentimento, la giustizia, l’espiazione, il rapporto fra verità, follia e religione.

L'eredità lasciataci dall'impegno di Peppino Impastato non dev'essere dimenticata o messa su un piedistallo in determinate ricorrenze, ma dovrebbe permeare la nostra vita quotidiana. In un paese in cui la legalità è continuamente minacciata dal sistema delle mafie organizzate è bene che esempi come quello di Impastato siano assunti come modelli etici di impegno civile.

La desensibilizzazione alla legalità è un grave cancro sociale che, insinuandosi nelle coscienze dei cittadini, li rende responsabili della decadenza circostante; decadenza non solo di tipo etico ma anche estetico. L'educazione alla bellezza, in quello che dovrebbe essere il "Bel Paese", è sempre più disattesa. Basti pensare alla speculazione edilizia, all'emergenza rifiuti o alla situazione dell'Aquila. A tal proposito varrebbe la pena ricordare le parole di Peppino Impastato in merito alla forza etica della bellezza:

"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità: si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre.È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.

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