Giovedì, 26 Novembre 2020 20:41

Come fu portata l’acqua a L'Aquila

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Dopo le recenti scoperte archeologiche effettuate durante i lavori di restauro del Torrione, pubblichiamo un estratto del libro L'approvvigionamento idrico della città dell'Aquila in otto secoli di storia (One Group Edizioni) di Maurizio Leopardi, professore di Costruzioni idrauliche e idrologia all'Università dell'Aquila.

Come riportato nella “Cronaca Aquilana” di Buccio di Ranallo, la costruzione dell’acquedotto di Santanza consentì di assegnare ad ogni castello un certo quantitativo d’acqua che, attinto, veniva trasportato nei propri locali. La difficoltà «De menare tucta l’acqua [...] in Aquila non haveano sallemento» come fu risolta? In mancanza di riscontri documentali, ritengo possibili due soluzioni.

La prima fa ricorso al “sifone rovescio” già noto ai Romani. Dalla Casetta Dè Fontanari dove il «Condotto Maestro che ingorga l’intero volume delle acque del Formale» sale al piano dei sotterranei del Castello. Il condotto era realizzato in conci di pietra giuntati a bicchiere e sigillati con mastice dei fontanieri (alcuni elementi sono stati rinvenuti in prossimità del torrione dopo il sisma dell’aprile 2009).

Conci in pietra

sifone

Con una lunghezza di circa 640 m poteva contare su un “carico idraulico” di circa 5,40 m con un dislivello piezometrico J=0,0084. Per un diametro di circa 150 mm ed una sensibile scabrezza (dovuta alla natura delle pareti interne dei conci in pietra), consentiva di esitare una portata di circa 6 l/s sufficienti, all’epoca, per una popolazione di circa 10.000 ÷ 15.000 persone.

La seconda soluzione più “fantasiosa” è originata dall’insieme di più indizi: il primo, dalla più attenta lettura della descrizione della terza parte dell’acquedotto di San Giuliano riportata nella planimetria di Baldassarre Catalani:

«Condotto Maestro che ingorga l’intero volume delle acque del Formale nella Casetta dei Fontanari; e, mediante abbotto e peso delle Piramidi, le forza a salire sino al pian di terra della piazza esteriore del Real Forte».

Si evince che nella Casetta dei Fontanari l’acquedotto passa dalla condizione di corrente a superficie libera del formale a quella di corrente in pressione all’interno del condotto maestro e che, in corrispondenza delle piramidi, “qualcosa” utilizzandone il peso costringe (abbottandola) l’acqua a salire sino al pian di terra della piazza esteriore del Real Forte. Il secondo indizio associa le piramidi a torrioni, come descritto nella seguente nota:

«La terza (parte) sarà la pianta dell’acquedotto di pietra, che ingoia le acque del suddetto Formale; e quindi poi, per mezzo degli abbotti, e di Piramidi, volgarmente detti Torrioni, le fa salire sino al Forte a livello del piano della Città».

Pertanto viene naturale ipotizzare l’esistenza di una macchina idraulica la cui esistenza è confermata dalla nota seguente:

«Essendo caduta a causa del tremuoto del 1703 la macchina idraulica, a 15 agosto del 1704 si risolvè riedificarsi ed accomodare gli Aquidotti che pare aver patito».

Questa doveva funzionare, ovviamente, senza motor né energia elettrica ma alimentata esclusivamente da un’energia prodotta dalla stessa acqua spinta dal carico idraulico a monte. Nel 1810 il cavalier Brunacci, docente nella Regia università di pavia, pubblicò il “Trattato dell’ariete idraulico”. Nel preliminare dice che:

Verso il cadere del passato secolo l’inventore del globo aerostatico, l’ingegnosissimo Mongolfier, annunziò all’Istituto Nazionale di Francia, di avere ritrovata una nuova macchina per innalzare l’acqua a considerabili altezze. Di questa, come si scrisse nel 1802, aveva fino dal 1794 fatto uso di una sua cartiera, onde sollevare l’acqua necessaria a muovere gli ordigni di quella fabbrica (*). Il suo strumento non conteneva nè ruote, né trombe, né altri simili soccorsi idraulici, e non abbisognava di alcuno agente straniero per essere messo in opera, come, per cagion di esempio, d’uomini, d’animali, di vento, di vapori o d’altro. L’acqua stessa è quella che innalza sè medesima molto al di là del suo proprio livello. Una vasca che resti sempre piena, somministra l’acqua ad una canna orizzontale, o, se vuolsi, inclinata, alla cui estremità è accomodata una campana ripiena di aria con un certo giuoco d’animelle, delle quali alcune si aprono, mentre che altre si chiudono. Alla campana è innestato un cannello verticale per cui l’acqua ascende all’altezza desiderata, la quale può essere quanto si vuole maggiore dal livello della vasca medesima. Data una volta l’acqua all’Ariete Idraulico, chè tale è il nome di questa machina, essa continua a lavorare, per così dire, spontaneamente, senza stranieri ajnti, e la pressione dell’acqua di quella vasca è la prima cagione di quel meraviglioso innalzamento del fluido.
(*) Vedasi il Giornale delle Miniere del 1802, che si stampa a Parigi.

In realtà, benchè la macchina funzionasse, Mongolfier non riuscì a dare una spiegazione scientifica del suo funzionamento. Pertanto molti studiosi si cimentarono per “dare una teoria geometrica dell’Ariete idraulico, confrontando sempre i risultamenti del calcolo con quei dell’esperienza”. Tralasciando, ovviamente tali considerazioni, ci limitiamo alla descrizione e funzionamento di questa macchina, che invertendo i fattori della potenza idraulica (portata e prevalenza), compie il lavoro di “abbottare” (spingere - sollevare) l’acqua all’interno di un condotto.

Sulla tubazione B, in comunicazione con uno scarico intercettabile c con una valvola, agisce un peso. A valle è innestata una valvola di non-ritorno o, che consente il deflusso solo verso il serbatoio pneumatico D (sacca d’aria con funzione di accumulare pressione) al cui interno inizia il condotto F-I, con acqua in pressione, che viene spinta verso l’alto. Quando la valvola C è aperta, l’acqua viene scaricata.

Riprendendo il tratto finale del condotto maestro, dalla Casetta dè Fontanari fino al pian di terra della piazza esteriore del Real Forte è presente la sagoma del “Torrione” al quale può essere correlatala la “seconda grande piramide”.

ariete idraulico

Tratto finale acquedotto S Giuliano

 

 

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