Ora che sembra essere definitivamente tramontata l’ipotesi della sede comunale unica da realizzare al posto dell’Autoparco, rimane sul tavolo un problema a cui la giunta Cialente aveva pensato di porre rimedio nelle more del finanziamento per quel progetto ora accantonato, ovvero la messa in sicurezza del Fosso di S. Giuliano.
Si tratta di un canale di convogliamento delle acque piovane che scende dalla montagna di S. Giuliano passando trasversalmente e "carsicamente" per S. Barbara e Piazza d’Armi e il cui tronco terminale sbocca nell’Aterno oltre la ferrovia. Una zona che, fino a cinquant’anni fa, era un’area di campagna acquitrinosa e ricca di acque sorgive e che nel tempo è stata completamente cementificata.
A mettere in guardia dai rischi che potrebbero sorgere in caso di violente e insistenti precipitazioni è Maurizio Leopardi, ingegnere esperto di costruzioni idrauliche e idrologia, docente del Dipartimento di Ingegneria civile e Edile-architettura dell’Università dell’Aquila.
“Il tronco terminale del fosso di S. Giuliano” dice Leopardi, che sull’argomento ha scritto diverse relazioni “prima sfociava nei prati, ora invece quella zona è stata totalmente urbanizzata. A parità di pioggia, dove prima non succedeva niente, perché il terreno era permeabile, oggi invecesi generano dei problemi, perché è tutto antropizzato e perché le fogne sono rimaste le stesse. Come è accaduto nel 2010, quando si è allagata tutta la parte bassa di Pile”.
Si tratta, spiega Leopardi, di fenomeni che, pur non mettendo direttamente a repentaglio vite umane, sono comunque in grado di provocare danni importanti. Eventi eccezionali ma non così rari, che hanno tempi di ritorno relativamente brevi, di circa 30 anni.
Una messa in sicurezza del Fosso, che attenui la portata delle acque che vanno a sfociare nell’Aterno, sarebbe necessaria a prescindere che venga fatta o meno la sede unica all'Autoparco. Anche perché quella zona è rimasta l’unica porzione di territorio ricadente dentro la cinta urbana a non essere stata ancora messa al sicuro dal rischio allagamenti e esondazioni, cosa che invece è avvenuta a ovest, nell’area di Campo di Pile, con il recente allargamento del letto del torrente Raio, e a est, grazie al collettore idrico fatto fare a Collemaggio all’epoca della costruzione del mega parcheggio.
Leopardi, in una delle sue relazioni, ha proposto di realizzare delle opere di captazione (quelle che in gergo tecnico vengono definite “prese”) a monte - a ridosso, cioè, della montagna, oltre il viadotto dell’autostrada – per “deviare” l’acqua ed evitare che confluisca tutta nel fosso.
Se effettuato, l’intervento avrebbe un costo di qualche milione di euro. Anche se, osserva lo stesso Leopardi, che qualche giorno fa ha incontrato il sindaco Biondi per parlare proprio di di questo argomento, si potrebbe anche scegliere un’altra opzione, come si fa in molti paesi europei quando non ci sono pericoli diretti per le persone: non fare nulla e pensare solo a un meccanismo di indennizzi e risarcimenti ogni qual volta dovessero esserci dei danni provocati da alluvioni.
Un altro problema relativo al sistema idrico-fognario della città su cui l’amministrazione comunale sarà chiamata a breve a prendere delle decisioni riguarda la connessione dei sottoservizi in corso di realizzazione in centro storico con i collettori e i depuratori situati in periferia.
Il progetto da 80 milioni di euro fatto dalla Gsa, infatti, non prevede la costruzione di questi “raccordi” con le parti periferiche delle fognature. Ma è un’opera che prima o poi andrà fatta, il che comporterà dei costi aggiuntivi, anche perché le due reti – quella del centro, duale, dove cioè è prevista una separazione delle acque nere dalle acque bianche e quella delle periferie, dove questa separazione non c’è – andranno armonizzate e rese congruenti.