“La candidatura dell'Aquila a capitale italiana della cultura nasce per dare un'anima alla ricostruzione fisica dei luoghi”.
Con queste parole il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ha iniziato nel primo pomeriggio di ieri l’audizione della delegazione del capoluogo d’Abruzzo davanti alla giuria del Mibact che lunedì prossimo proporrà al ministro per i Beni e le Attività culturali il nome della città che sarà designata Capitale italiana della cultura 2022.
L’audizione si è svolta in videoconferenza dall’Auditorium del Parco.
Biondi ha spiegato che il progetto origina “dalla consapevolezza che nessun monumento, per quanto bello che sia, nessuna casa, per quanto accogliente che sia, nessuna piazza, per quanto evocativa sia, può fare a meno di un impulso in grado di ‘risanare’ le ferite di una comunità e ricostruire una qualità del vivere che vada oltre l'approccio materiale e la tangibilità delle cose”.
Il sindaco dell’Aquila ha dunque specificato che l’idea della candidatura ha preso corpo grazie alla consapevolezza di superare il concetto della città “inchiodata all'immagine del dolore, delle macerie e delle lacrime”, precisando ancora che l’assegnazione del titolo di Capitale italiana della cultura rappresenta dunque, tra le altre cose, “un completamento di un percorso faticoso e avventuroso” e che fornisce un anche un senso compiuto alla rinascita della città e del territorio.
Oltre al sindaco Biondi, sono intervenuti Paola Protopapa, atleta paralimpica, che ha scelto di vivere a Tornimparte e che si è soffermata sulle potenzialità dell’inclusione dell’Aquilano; Leonardo Bizzari, danzatore e coreografo, che ha parlato del ruolo attrattore dell’Aquila sotto il profilo del capitale umano; Flavia Massimo, violoncellista contemporanea e sound designer aquilana, che ha evidenziato come la città sia un centro di creatività e di formazione; Alessandro Crociata, ricercatore in Economia della Cultura presso il GSSI - Gran Sasso Science Institute dell'Aquila, che ha descritto L’Aquila come centro di nuove tecnologie.
A tessere il filo dell'audizione è il professor Pier Luigi Sacco, economista, docente di Economia della cultura allo Iulm di Milano, direttore del progetto di candidatura.
“Abbiamo lavorato per far emergere quello che pochi percepiscono oggi dell’Aquila, e cioè che è una città che ha fatto un percorso straordinario di ricostruzione e che, contrariamente a quello che molti pensano, è assolutamente pronta ad ospitare un evento così importante; dirò di più, è il momento giusto per farlo, così da dare luogo ad un nuovo sviluppo basato sulla cultura a coronamento di questo processo di ricostruzione”, spiega Sacco in serata ai nostri microfoni.
Un lavoro, quello svolto nell’ultimo anno, che ha provato a mettere in evidenza le peculiarità dell’Aquila: “lo straordinario livello di partecipazione culturale, l’incredibile densità di Istituzioni culturali che è difficile da trovare in città di queste dimensioni, il meraviglioso rapporto tra ambiente culturale e ambiente naturale. Il fatto che L’Aquila sia il capoluogo della Regione più verde d’Europa – sottolinea Sacco - significa che in un momento come questo, post pandemico, in cui si iniziano a ripensare gli usi del territorio, le scelte su dove vivere, in cui si torna a riflettere sul rapporto con la natura come elemento fondamentale nel valutare le scelte di vita, la città può davvero ambire a diventare un laboratorio in grado di aiutare il nostro Paese a ritrovare una strada diversa, in cui cultura e ambiente diventino elementi centrali per la qualità della vita. Da questo punto di vista, e senza nulla togliere alle altre candidature che sono di altissimo livello – e la partita ce la giochiamo sul filo – sono convinto che L’Aquila offre una combinazione di caratteristiche che è difficile trovare altrove”.
Sacco spiega di aver toccato con mano un vero entusiasmo, in città: “fin dai primi incontri, c’è stata una attenzione straordinaria. Ho lavorato su altri progetti di questo tipo in giro per il mondo, era la prima volta che mi capitava, però, di fare un progetto del genere nella mia terra, in Abruzzo; L’Aquila è una città che frequento da bambino (Sacco è originario di Pescara, ndr), eppure mi ha sorpreso trovare questa energia, ho percepito la voglia di farcela, di rimettere la città, e la Regione più in generale, sulla carta geografica. Siamo una delle Regioni meno note, meno conosciute: abbiamo ancora bisogno di un suo spazio di attenzione; proprio per questo, spero davvero che potremo farcela”.
A prescindere da come vada, però, “questa è una occasione straordinaria per far partire un ciclo di sviluppo basato sulla cultura: se pure non dovessimo ottenere il riconoscimento di Capitale della cultura, ma ce la giochiamo fino all’ultimo – lo ripeto – sono ragionevolmente speranzoso, ci sono le condizioni per realizzare almeno alcune parti del dossier; credo che questo porterebbe grandi benefici al tessuto culturale, e non solo, del territorio”.
Sacco, poi, ci porta dentro le pieghe del dossier; “è fatto più o meno così: la prima parte risponde alla domanda sul perché ci si candida, dopo di che si ragiona del metodo, dei concetti base su cui si è costruito il lavoro, basi scientifiche e poetiche; fatto ciò, vengono elencati i progetti che intendiamo realizzare e, infine, c’è la parte organizzativa legata, in particolare, agli aspetti economici e di gestione. Non è un programma fatto di grandi eventi, di grandi mostre anche perché non ci sarebbe tempo per realizzarle: sapremo il 18 gennaio se saremo Capitale italiana della cultura 2022 e, da quel momento, avremo meno di un anno per organizzare l’evento. E’ chiaro che non si potranno realizzare grandi progetti, tra l’altro nel mezzo di una pandemia; per questo, abbiamo puntato su progetti realistici che, però, riescano a valorizzare il contributo di tutte le Istituzioni culturali aquilane, di tutte le organizzazioni che hanno voluto presentarci delle proposte – e siamo stati inondati, davvero, cercheremo di accoglierle tutte – senza rinunciare ad invitare in città tanti protagonisti della scena italiana, di tutte le arti, a lavorare con noi su una serie di tematiche che non siano declinate col solito evento culturale ma che rappresentino, invece, idee da sviluppare con il territorio e i cittadini. Per esempio, c’è un progetto di partecipazione coordinato da una bravissima artista, Elena Mazzi, che per ciascuna delle new town e per alcuni luoghi simbolo del terremoto, dove la ferita va ancora rimarginata, penserà ad un lavoro di laboratorio su come dare un senso, un significato alla memoria immaginando il futuro tramite la partecipazione culturale. Ci sarà un festival musicale legato ai temi dell’immaginazione, del sonno e del sogno, con una delle più grandi realtà italiane che si occupa di musica elettronica, Club to Club di Torino. Ci sarà ancora un grande progetto sull’innovazione tecnologica e l’arte visiva curato da Fabio Cavallucci che, oltre ad essere stato il direttore della Galleria d’Arte polacca e il direttore del Museo Pecci di Prato, è stato il curatore della biennale di Shenzhen dove c’è il massimo dell’innovazione culturale legato alla tecnologia. Soltanto pochi esempi per dirvi che sarà un modo per portare all’Aquila idee e stimoli su cui la città potrà costruire cose straordinarie”.
L’idea è che il riconoscimento di Capitale della Cultura debba servire come trampolino di lancio affinché L’Aquila continui, poi, ad attrarre progetti, ad organizzare eventi anche stabilendo partenariati con realtà che, scoperta la città, “sono convinto vorranno continuare a lavorarci” ribadisce Sacco. Che non è affatto preoccupato per la carenza di infrastrutture e per il mancato recupero di alcuni luoghi culturali importanti per la città: “Nella Commissione di valutazione indicata dal Mibact c’è anche l’ex sindaco di Matera: ebbene, se è stato possibile scegliere come Capitale europea della cultura una città dove non c’è neanche una stazione ferroviaria, probabilmente ce la possiamo fare anche noi; in realtà, abbiamo provato a sfatare il mito della irraggiungibilità dell’Aquila: la città non è collegata così male. Certo, le infrastrutture non giocano a nostro favore ma vale anche per altre città finaliste. Per ciò che attiene gli spazi culturali, poi, l’idea – come detto – è di non organizzare grandi eventi con migliaia di persone: non avere pronte le strutture non ci deve preoccupare troppo; sarà fondamentale lavorare all’aperto, nello spazio pubblico”.
Come detto, seppure L’Aquila non dovesse ottenere il riconoscimento di Capitale italiana della cultura, il lavoro svolto in questi mesi farà da punto di partenza per cogliere davvero l’obiettivo di rendere la nostra città, oltre i titoli, una delle capitali italiane della cultura. Per farlo, “dovremo concentrarci su come la cultura permette di innovare: uno dei temi sui quali l’Europa spenderà tante risorse è il rapporto tra cultura, benessere psicologico, salute e coesione sociale. Se L’Aquila provasse a porsi come capitale ideale delle aree interne, rappresentativa di tanti altri territori italiani, e cominciasse a sviluppare progetti innovativi in queste direzioni, non semplicemente continuando ad organizzare il solito calendario di attività culturali tradizionali – per quanto di altissimo livello – ma esplorando nuove modalità attraverso cui la cultura possa creare impatto sociale e migliorare la qualità della vita dei cittadini, questo sì che sarebbe un passo avanti importante per diventare una delle città della cultura italiana”.