Lunedì, 15 Marzo 2021 12:04

Scuola, i sindacati della provincia dell'Aquila: "Dad non può essere sostitutiva della presenza. Balletti vergognosi di chi governa"

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La FLC CGIL, la UIL SCUOLA, lo SNALS Confsal e la Gilda Unams della provincia dell’Aquila, sin dall’inizio della pandemia, "hanno chiaramente dichiarato che la didattica a distanza è una didattica di emergenza e non può pensarsi sostitutiva della scuola in presenza a cui sola si riconosce l’alta funzione sociale, formativa, educativa e pedagogica della scuola italiana. Nei mesi del primo lockdown, tutta la scuola della nostra provincia, come d’altra parte quella di ogni provincia italiana, ha dimostrato di saper affrontare la novità dettata dall’emergenza e, senza fermarsi un solo giorno, ha rappresentato per tutti e tutte le alunne, per tutti e tutti gli studenti un punto fermo nella vita strappata alla quotidianità".

Si legge in una lettera aperta firmata dai segretari provinciali dei sindacati della scuola, Miriam Del Biondo, Maria Gracia Commito, Maria Rosaria Lupi e Claudio Di Cesare.

Questo non ha fatto della Scuola italiana un servizio di assistenza o un ente di beneficenza, sottolineano i sindacati, ma "ha dimostrato che una scuola presa d’attacco da vent’anni di politica aziendalistica, impoverita da mancati investimenti, sotto organico a causa di parametri dettati dalla politica dei tagli delle crisi che negli anni si sono abbattute sul nostro Paese, abbandonata dalla società civile, costretta a fare ogni giorno i conti con un’edilizia fatiscente e con la totale assenza di una discussione di merito sulla natura della scuola che un Paese propone per la sua cittadinanza, nel momento del bisogno ha saputo esserci, riorganizzarsi e far fronte alla funzione a cui è chiamata dal dettato costituzionale".

La scuola, ribadiscono FLC CGIL, UIL SCUOLA, SNALS Confsal e Gilda Unams, non si è fermata un solo giorno.

"La scuola ha dimostrato, e continua a farlo, di essere un sistema che funziona e che sa gestire la flessibilità organizzativa anche quando dettata da un’emergenza che l’ha chiamata a reinventarsi con urgenza. Quello che non funziona è altro e il sindacato, per mandato statutario, è tenuto a denunciarlo. Così, sin dall’inizio abbiamo affermato che la didattica a distanza non raggiunge nella stessa misura tutta l’utenza. Abbiamo affermato che le nostre aree interne ne sono spesso escluse da difficoltà di connessione. Abbiamo affermato che la disuguaglianza sociale non permette a tutte le famiglie di organizzare la didattica a distanza nelle proprie case per mancanza di rete e di dispositivi. Abbiamo affermato, a fronte di un impegno del passato Ministero a fornire dispositivi in comodato d’uso, la difficoltà di famiglie, rese più povere dalla perdita di lavoro, che non hanno potuto garantire ai loro figli e figlie la didattica a distanza neanche con il pc o il tablet in comodato d’uso. Particolarmente vivendo in quei luoghi dimenticati da dio e soprattutto dagli uomini in cui la rete non è diffusa".

Per questi motivi, i sindacati hanno chiesto a gran voce che durante i mesi estivi "si lavorasse perché a settembre 2020 la scuola potesse riaprire in sicurezza. Il tempo ci sarebbe stato e le risorse andavano trovate. Abbiamo chiesto tutte le possibili misure necessarie per un distanziamento che mettesse in sicurezza lavoratori, lavoratrici, studenti, studentesse, alunni ed alunne. Abbiamo chiesto adeguamenti all’edilizia (capitolo penoso quello dell’edilizia scolastica nella nostra provincia). Abbiamo chiesto il raddoppiamento dell’organico. Abbiamo chiesto l’aumento delle corse dei mezzi di trasporto pubblico urbano ed extra urbano. Abbiamo chiesto che in ogni scuola vi fosse un presidio sanitario. Abbiamo chiesto che al personale della scuola fossero forniti dispositivi di sicurezza della migliore qualità. Abbiamo chiesto che non venisse stravolta l’organizzazione del lavoro, ancora disciplinata dal CCNL, e lo abbiamo fatto con spirito collaborativo fin dove possibile. Abbiamo invece assistito a balletti vergognosi, a rimbalzi di responsabilità, a tavoli inutili, all’incapacità di chi governa la nostra Regione, la nostra Provincia e la nostra scuola di uscire dalla logica del contenimento della spesa pubblica a favore del contenimento del contagio. Abbiamo assistito ad una logica dell’’io speriamo che me la cavo’ indegna del periodo che viviamo".

Ed "abbiamo accolto e tutelato con dolore, e spesso con un triste senso di impotenza - aggiungono Miriam Del Biondo, Maria Gracia Commito, Maria Rosaria Lupi e Claudio Di Cesare - "il numero enorme di personale e di utenza che durante la seconda ondata, e poi a seguire, ha contratto il virus; così come abbiamo smesso ad un certo punto di contare quali e quante classi, sezioni e scuole fossero in quarantena perché il numero era altissimo e non avrebbe più avuto senso pensare che sulla scuola vi fossero immediati investimenti in sicurezza. Che continueremo a pretende, ma questo è il momento di essere realistici e la realtà della scuola della nostra provincia è quella che prevede chiusure localizzate laddove si registri un numero alto di contagi. A tutela di lavoratori e di lavoratrici, ma anche e soprattutto delle famiglie che hanno il diritto di portare i figli a scuola in serenità".

Nel frattempo, "abbiamo chiaro in mente che la scuola fa parte di un sistema integrato e continuiamo a chiedere che le famiglie abbiano risposte alla necessità di conciliare la vita professionale con quella familiare, conciliabilità spesso negata soprattutto alle donne. Abbiamo ben chiaro il problema ed abbiamo contestato, ad esempio, la repentinità di ordinanze regionali scritte e decretate in perfetta solitudine dalla Giunta Regionale che hanno permesso che si abbattesse sulle famiglie la difficoltà di riorganizzarsi in fretta. Sappiamo bene che il sacrificio che si chiede alla scuola dell’infanzia non è un problema della scuola, ma dell’assenza di una rete di servizi all’infanzia su cui non si mai ragionato. Non dobbiamo ricordare noi quali sono le difficoltà di portare i figli al nido per una famiglia media e che spesso alle donne è chiesto di scegliere se lavorare o fare le madri. Non dobbiamo ricordare noi che non ci sono abbastanza nidi, micro nidi, nidi familiari, sezioni primavera, ludoteche, centri per bambini e per famiglie di natura pubblica, ossia accessibile a tutte le famiglie che ne abbiano bisogno. Perché, non dobbiamo ricordarlo noi, che questo è un paese profondamente disuguale nelle opportunità sociali ed economiche".

E’ un problema sociale di ben più ampia natura che, come tutte le fragilità di un inesistente stato sociale, oggi implode. "E non è nel nostro mandato stare a guardare". Infine, ma non per importanza, "siamo indignati per l’ennesima disattenzione nei confronti di tutto il personale più fragile della conoscenza che, in questi giorni, subisce l’offesa di non vedersi garantita la stessa priorità vaccinale del resto del personale. E’ un errore di metodo. E sono tanti gli errori di metodo a cui quotidianamente assistiamo e che quotidianamente denunciamo. Le Organizzazioni Sindacali hanno il dovere di evidenziare le criticità rilevate e non hanno la possibilità né la funzione di emanare o di indirizzare ordinanze a tutela del mondo della scuola, anche se la loro conoscenza delle problematiche ed il contatto costante con i lavoratori e le lavoratrici potrebbero sicuramente rivelarsi più aderenti alla realtà".

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