Ormai da oltre un anno, a causa della pandemia, si parla di smart working e south working, ossia il trasferimento/la fuga dei lavoratori e degli studenti fuori sede dalle grandi città per tornare nei borghi d'origine nel mezzogiorno.
Sono migliaia le persone che prima timbravano in ufficio e ora lavorano da casa, ricavando spazi e tempi in una nuova, diversa quotidianità. La pandemia ha cambiato e sta cambiando il modo di vivere delle persone, e così il concetto stesso del luogo di lavoro.
Per diversi analisti, si tratta di una occasione straordinaria per il mezzogiorno e, in particolare, per i borghi delle aree interne italiane che potrebbero accogliere, in futuro, famiglie decise a lasciare le grandi città e a ritagliarsi una vita diversa, più lenta e a misura d'uomo; certo: non basta avere una connessione ad internet e poter lavorare da casa, è necessario garantire servizi di prossimità che, oggi, sono la principale causa della desertificazione delle nostre aree interne.
Tuttavia c'è chi sta sperimentando questa 'rivoluzione', anche nei nostri territori. E' il caso di Stefania, romana, che ha deciso di trascorrere i prossimi mesi in smartworking nel piccolo borgo di San Pio di Fontecchio.
Raccontaci di te Stefania, e di come hai scoperto il piccolo borgo di San Pio di Fontecchio.
Lavoro presso Poste Italiane, nella direzione centrale a Roma Eur; sono anche volontaria di Croce Rossa (dal marzo 2020 in piena attività) e volontaria Lipu. Collaboro in progetti di inanellamento per lo studio della migrazione e sono un'amante della natura e dell'energia e positività che ci trasmette e che spesso, presi da miliardi di cose, non ascoltiamo. Uno dei miei sogni è trovare un posto tranquillo in campagna, con un bel bosco, dove poter vivere in relax ed in pace con la natura, dedicandomi ai miei hobby e alla scoperta delle molteplici cose da fare per vivere in armonia con la natura ed i suoi abitanti. Il borgo di San Pio l'ho scoperto partecipando ad un weekend di raccolta dello zafferano, un'attività che mi incuriosiva molto; nei miei sogni c'è anche coltivarlo e quindi volevo conoscerne il mondo.
Conoscevi già l'Abruzzo, essendo di Roma?
Si conoscevo l'Abruzzo, quando ero adolescente andavo in vacanza ad Ovindoli. Negli anni poi, venivo ogni tanto per escursioni e uscite di birdwatching. Già l'anno scorso, anche per la problematica Covid che non mi ha permesso di fare viaggi fuori Italia, avevo deciso di venire a passare del tempo a San Pio di Fontecchio. A Luglio era il mio compleanno (50 anni), e in quel giorno mi è apparsa Stiffi, la gatta che poi è entrata a far parte della mia vita (il suo nome è ovviamente ispirato alle grotte di Stiffe!). Successivamente ho deciso di tornare altri giorni a settembre ed ottobre, sia per fare un corso di cesti organizzato sul posto sia per rilassarmi.
Com'è arrivata la decisione di trascorrere alcuni mesi qui?
Stando lì, ho visto che potevo lavorare nella tranquillità del borgo, e anno dopo anno sto vedendo la sua ricostruzione ed il fatto che diventa sempre più bello.
Il borgo di San Pio di Fontecchio è indubbiamente una cosiddetta area interna. Immagino tu sappia che si tratta di zone a forte spopolamento, salvo casi eccezionali come Stefania e Giorgio che hanno fatto una precisa scelta di vita. Se dovessi dare dei suggerimenti agli amministratori di questi territori cosa diresti?
I suggerimenti che darei all'amministrazione sono diversi; innanzitutto, provare l'esperimento di proporre l'acquisto di case ad 1€ con la sistemazione a carico di chi acquista (ovviamente non solo per i giovani, anche i pensionati possono essere una risorsa per il territorio); poi, sistemare una struttura del borgo (anche con un crowfounding) o utilizzare una struttura già agibile per fare un progetto tipo "Dynamo Camp" dove poter accogliere persone fragili (sia della regione che di fuori regione), alcuni anche con le loro famiglie, per periodi di vacanza e divertimento, coinvolgendo sia le associazioni del terzo settore del luogo che volontari esterni alla regione, più tutte quelle attività produttive locali che potrebbero offrire svago, divertimento, creatività per il benessere di chi ne ha bisogno. Di attività ce ne sarebbero tantissime da fare, anche coinvolgendo i borghi vicini, al fine di realizzare una catena di solidarietà per la gioia di chi è meno fortunato, che porterebbe visibilità a tutti e benessere ai ragazzi.
E ancora: proporrei di organizzare convegni tematici, su cultura, natura e magari fare una formazione specifica per diventare un borgo digitale dove chi vuole può lavorare tranquillamente in smartworking, magari offrendo agevolazioni specifiche. Proporrei, altresì, l'adozione di qualche tipo di prodotto (pecora, zafferano, campo, tartufo, lavanda) del territorio per mantenerlo e poi riceverne il frutto, o anche adottare un luogo che magari deve essere recuperato.
Io ad esempio ho adottato un ulivo in Umbria per mio padre, l'albero ha il suo nome e lui ha ricevuto una latta di olio. Si potrebbe inoltre acquisire una certificazione di free per plastica, pesticidi o rifiuti, e diventare borgo "animal friendly" (accettando animali, evitando il randagismo, posizionando telecamere per osservare animali e natura, posizionando nidi artificiali o tutelando specie che sono a rischio estinzione).