Giovedì, 14 Ottobre 2021 19:18

"Il cammino più lungo": il lavoro del Centro Antiviolenza dell'Aquila nel documentario di Cecilia Fasciani

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Nei primi mesi di pandemia la violenza di genere assunse i contorni di una vera emergenza nell’emergenza. A marzo 2020 i telefoni dei Centri Antiviolenza di tutta Italia smisero di suonare dopo l’interruzione delle attività che prevedevano un contatto con il pubblico. La convivenza forzata con i propri maltrattanti rese praticamente impossibile per molte donne denunciare le violenze subìte. Come molte altre strutture della rete D.i.Re, anche il Centro Antiviolenza dell’Aquila Donatella Tellini fece fronte alla difficile situazione grazie al lavoro instancabile delle volontarie e operatrici, che continuarono a garantire tutela ed assistenza nella totale assenza di un coordinamento a livello nazionale e di disposizioni a sostegno delle case rifugio.

Da qui prende le mosse il documentario scritto e diretto da Cecilia Fasciani “Il Cammino più lungo”, che sarà proiettato venerdì 15 ottobre all’aula Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umane nell’ambito del calendario di eventi culturali promossi dall’università degli Studi dell’Aquila (i posti disponibili sono esauriti).

Attraverso la storia personale dell’avvocata, ex presidente e co fondatrice del Cav dell’Aquila Simona Giannangeli, il documentario racconta la lotta quotidiana che le operatrici portano avanti nel nostro territorio.

“Il documentario è nato con l’obiettivo di raccontare e indagare la violenza maschile di genere durante il lockdown, viste le enormi difficoltà che le vittime e le operatrici dei centri antiviolenza stavano incontrando in quel momento di emergenza - afferma a newstown la regista Cecilia Fasciani - Ho deciso di farlo attraverso la storia di Simona, attraverso la sua storia politica e la sua passione per la montagna anche per mettere in luce tutte le criticità del nostro territorio”.

In tutta Italia i Cav sono avamposti in un deserto: vanno avanti tra mille difficoltà legate alla carenza di fondi, alla mancata applicazione della Convenzione di Istanbul, all’assenza di un sostegno concreto da parte delle istituzioni. Ma “nelle aree interne, L’Aquila compresa, - sottolinea Fasciani - le azioni di contrasto alla violenza di genere sono quotidianamente aggravate dalla totale mancanza di servizi e da un tessuto sociale dilaniato. Il dato che emerge è però la forza dell’associazionismo che riesce ad intervenire efficacemente, seppur con enormi sforzi, laddove lo stato è assente”.

Il documentario restituisce l’immagine della violenza di genere quale fenomeno culturale e strutturale attraverso i dati e le testimonianze di chi lotta quotidianamente in difesa delle donne. Ma rappresenta anche un punto di incontro tra due generazioni di attiviste: la protagonista, la cui storia privata e politica forma il tessuto narrativo, e la regista che inizia la sua attività politica nel movimento femminista “Non una di meno”.

“Per mia fortuna - racconta Fasciani - fin da piccola sono stata circondata da persone che hanno portato avanti la lotta alla violenza di genere e le battaglie femministe. Mia madre è un’attivista e ho conosciuto Simona Giannangeli quando avevo cinque anni. Per me raccontare tutto questo nel mio lavoro è un privilegio e dà spessore al lavoro. Mi ritrovo completamente nella loro storia, nelle loro azioni e nelle loro lotte”.

“Mi piace pensare che questo documentario sia anche il segno di ponti che si possono costruire tra generazioni di donne differenti che quando lo desiderano sanno creare comunicazione - afferma Simona Giannangeli - Il mio “cammino più lungo” coincide con quello che tutte noi che siamo costrette a fare per liberarci dall’oppressione maschile; incrocia il mio camminare in montagna che è uno degli spazi in cui mi rifugio per riprendermi dagli orrori con cui convivo, è un luogo altro rispetto al quale riposizionarsi. Inoltre Cecilia coglie un’espressione a me cara perché uno dei libri con cui si aprirà il documentario e che tanto amo è “Il lungo cammino verso la libertà”, l’ autobiografia di Nelson Mandela, che ho conosciuto in Sudfrica durante un viaggio con il movimento anti apartheid. Il docufilm parte da me ma racconta la storia di tante donne e della lotta di tutte noi contro la violenza di genere”.

Ultima modifica il Venerdì, 15 Ottobre 2021 09:47

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