Non si fermano le manifestazioni di protesta per l’affossamento al Senato del ddl Zan contro l’omotransfobia.
Una lunga ondata di indignazione sta attraversando l'Italia, da Torino a Firenze, da Bologna a Palermo a Cagliari: oltre 44 città italiane, migliaia di cittadini in piazza per affermare i diritti della comunità Lgbtiqi. "Abbiamo subito una battuta d’arresto ma la strada è ancora lunga. Non possiamo essere discriminati per quello che siamo", le parole di Alessandro Zan, primo firmatario del disegno di legge, che ha manifestato a Cagliari.
Sindaci in piazza con i manifestanti a Torino, Palermo e Bologna: "Torino è e resterà la capitale dei diritti di tutte e tutti. I diritti vivono con le persone e si affermano nella società. Siamo in piazza a sostenere un disegno di legge giusto, di civiltà, quello di difendersi, da violenze e discriminazione. Torino continuerà a far sentire la sua voce e saremo sempre contro ogni forma di discriminazione e odio", ha affermato il sindaco neoeletto Stefano Lo Russo; "questa è la Palermo dei diritti che si rivolge all’Italia dei diritti negati. La bocciatura al Senato del ddl Zan è un atto eversivo che viola i principi della nostra Costituzione. Il Parlamento ha scritto una pagina nera della vita del nostro Paese", l'affondo di Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo. A Bologna il sindaco Mario Lepore ha deciso che questa sera Palazzo Re Enzo, in piazza Maggiore, sarà illuminato con i colori dell’arcobaleno, come segno dopo il voto sul Ddl Zan. E da oggi, una bandiera arcobaleno sarà esposta su Palazzo d’Accursio, sede del Comune.
A Firenze, alcune centinaia di persone hanno partecipato al sit-in stradale davanti alla sede del Coordinamento di Italia Viva: "La misura è colma oltre ogni limite – ha detto il presidente dell’associazione promotrice Love my way Marco Filippini – Gli applausi che hanno seguito l’affossamento del Ddl Zan hanno declassato il Senato a un salottino degno di un talk show di infimo livello. Siamo indignati e indignate dal trattamento che i rappresentanti politici di questo Paese hanno riservato ai diritti delle persone Lgbqtiqi".
Anche L'Aquila, città che quest'anno ha ospitato la seconda edizione dell’Abruzzo Pride, è scesa in piazza stamane, alla Villa Comunale.
Alla chiamata del circolo Arcigay “Massimo Consoli” hanno risposto Arci Querencia, Abruzzo Pride, Comitato 3e32, Cgil L'Aquila, Donne TerreMutate, Associazione Donatella Tellini, Centro Antiviolenza e Biblioteca delle Donne, ANPI L’Aquila, Fuori Genere, Marsica LGBT, Presenza Femminista, Bottega Futuro, Partito Democratico, Sinistra Italiana, Articolo Uno, Conferenza Donne Democratiche, Giovani Democratici, Aquilasmus ESN L'Aquila, Possibile Abruzzo, Potere al Popolo, Terra Madre, Rete 8 marzo e Slow Food L’Aquila.
"Oggi iniziamo un nuovo percorso" ha sottolineato Quirino Crosta, portavoce della manifestazione e segretario del circolo Arcigay; "metteremo mano ad una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare e non ci fermeremo ad una legge contro i crimini d’odio ma chiederemo il riconoscimento del matrimonio egualitario e delle adozioni".
La piazza di oggi - ha aggiunto Crosta - "ci parla con parole chiave definitive. Antifascismo, innanzitutto: pratichiamo quotidiani gesti di democrazia affinché dalla base diventi verità di tutti che quanto andato in onda in senato qualche giorno fa è fascismo, vergognoso cinismo e prevaricazione dei diritti. Oggi disertiamo il patriarcato, lo diciamo prima di tutto agli uomini, a noi uomini perché siamo noi i responsabili delle violenze di genere e contro la violenza sulle donne".
Prendiamoci cura del diritto, l'appello, "come spazio e strumento di garanzia e non come occasione di rivalsa, prevaricazione e occupazione; contaminiamoci: nel riprenderci lo spazio politico che ci spetta, manifestiamo le nostre identità politiche insieme e manifestiamo l’alleanza dei nostri corpi, scendendo in piazza per rivendicare i diritti come urgenza di tutti e tutte, manifestiamo contro l’invisibilizzazione delle nostre vite e dei nostri corpi. Noi non siamo diversi, perché non divergiamo da nessuna ridicola norma eterodiretta, ma siamo differenti perché portiamo valore con le nostre vite e le nostre posizioni".
Siamo qui oggi - ha concluso Crosta - "per ribadire che i diritti vanno tutti insieme: non esiste più il concetto di categorie novecentesche per cui un diritto è più importante di un altro, non ha più alcun senso parlare di priorità: nessuno viene lasciato indietro".
*Foto Simona Iovane