Il loro nome si scrive KuTso ma si pronuncia come la parola che volgarmente indica l'organo sessuale maschile ("A scuola mi piaceva storpiare le parolacce in un inglese tutto mio: prima è nato "Cut so", poi "Cutso" quindi "KuTso" spiega il cantante e leader Matteo Gabbianelli; gli altri membri del gruppo sono Luca Amendola al basso, Donatello Giorgi alla chitarra e Simone Bravi alla batteria).
La loro musica "è un miscuglio tra Michael Jackson, Totò, i Beatles, Giorgio Gaber, i Nirvana e Lucio Battisti", abbinata a testi dissacranti, irriverenti e provocatori. Il tutto concentrato in brani da 2/3 minuti che viaggiano veloci come proiettili.
Vengono da Roma e hanno all'attivo un ep, Aiutatemi, uscito nel 2011, a un album, Decadendo su un materasso sporco, a supporto del quale sono partiti in tour ormai già da molti mesi.
Questa sera si esibiranno all'Aquila nell'ambito del So-Noize Fest 2014, che ieri sera ha ospitato i Velvet.
"L'Aquila" dice a NewsTown Matteo Gabbianelli "è stata la prima città che ci ha sostenuto. Vorremmo dedicare il concerto di questa sera a un nostro amico aquilano, Dido Vicini, che sappiamo sta passando un periodo difficile".
Il vostro concerto in effetti è un ritorno. Siete stati a L'Aquila già diverse volte. Come sono stati i vostri precedenti concerti e che risposta avete avuto dal pubblico aquilano?
L'Aquila, non so per quale strane alchimie, è stata la prima città ad averci sostenuto, ancor prima di Roma. Io lavoro in un studio di registrazione e, quando c'è stato il terremoto, stavo registrando il disco dei Coffee Shower. Quel giorno, il 6 aprile, dovevano venire a Roma ma poi non vennero più per ovvi motivi. Anche per questo mi sono sempre sentito molto legato alla vostra città e agli aquilani. Indipendentemente da questa cosa, abbiamo sempre avuto un riscontro positivo con il pubblico dell'Aquila. Sono contento ogni volta che torniamo a suonare dalle vostre parti, per noi ha un significato particolare. Inoltre vorrei che il concerto di questa sera fosse una spinta di energia e un augurio per un nostro amico aquilano, Dido Vicini, che sta vivendo un brutto momento. Lo spettacolo di questa sera sarà per lui.
Siete in tour da molti mesi. Come sta andando?
Benissimo, abbiamo già fatto tante date e tante altre se ne stanno aggiungendo man mano che andiamo avanti. La risposta mi pare molto positiva, anzi, vedo sempre più gente ai concerti, significa che il verbo si sta diffondendo in maniera sana (ride, ndr).
Il nuovo disco, il secondo, uscirà in autunno. Puoi già darci qualche anticipazione?
Sì, il disco dovrebbe uscire in autunno ma stiamo ancora cercando di capire alcune cose, a livello soprattutto di promozione e comunicazione. Stiamo vedendo chi dovrà pubblicarlo perché vorremmo che avesse il massimo della visibilità e della spinta. Ti posso dire che il titolo sarà "Musica per persone sensibili", che in realtà sarebbe dovuto essere il titolo del primo album. Sarà un disco composto da canzoni scritte di recente ma anche da pezzi più vecchi e sarà in continuità con il primo, anche abbiamo reso il suono un po' più aggressivo.
Come nascono le vostre canzoni?
Io ho una chitarraccia acustica trovata in mezzo alla spazzatura che ha ancora le corde originali. Anche se non sono propriamente un chitarrista, mi piace mettermi lì a inventarmi giri di accordi improbabili fino a che non trovo una melodia che mi piace. A quel punto comincio a svilupparla. Quando ho trovato anche una struttura, strofa-ritornello-strofa, inizio a scrivere le parole.
Fate parte di quella che viene definita scena indipendente. Secondo te ha ancora senso usare questa etichetta?
Nel nostro caso ha un senso se per indipendenza si intende autonomia dalle major, dalla televisione e da tutta quella roba lì. In generale penso che sia una parola che continui ad avere ancora significato. La scena indipendente è cresciuta molto negli ultimi anni. Adesso vai a un concerto degli Stato sociale e ci trovi quattromila persone, numeri che una volta erano ad appannaggio solo dei grandi nomi. Sono contentissimo perché questo è un periodo molto prolifico per la diffusione della musica che nasce dalle persone e per le persone.
Vi considerate più un gruppo live o da studio di registrazione?
Per me ogni volta che andiamo in studio, nonostante nella vita faccia il fonico, è sempre una sofferenza. Vorrei che il disco uscisse fuori già pronto. E' un momento sempre stressante, per me, perché divento ipercritico, insofferente e mi voglio sbrigare. Normalmente mi diverto molto di più salire su un palco. Però la parte compoisitiva, nei KuTso, è importantissima. Mi piacciono le canzoni da due, massimo tre minuti, che richiamano quella velocità di ascolto che c'era negli anni Cinquanta e Sessanta. Cerchiamo sempre di ricreare quella forma lì, fatta da melodie e ritornelli immediati.
Siete romani. Come è cambiata la scena musicale della vostra città in questi ultimi anni? Si sono fatti sentire gli effetti della crisi?
Guarda, secondo me le crisi in realtà sono dei ricambi. Per quelli che vanno male ce ne sono altri che emergono. E' come se le sfere di potere cambiassero di posizione. Come è accaduto anche per la crisi economica internazionale, dalla "morte" di alcune concetrazioni escono fuori una miriade di piccole iniziative che comunque danno una loro spinta. Sicuramente ci sono meno soldi di un tempo ma questo solo in alcuni settori e in alcuni posti. Le iniziative continuano ad esserci. Io penso che se uno è sempre pronto a cavalcare l'onda e a cambiare la posizione del surf, rimane sempre in piedi. Noi poi, essendo sempre stati fuori da certi circuiti, non abbiamo vissuto più di tanto la crisi.