Nella giornata di ieri, come ha già raccontato Eleonora Fagnani in questo articolo, è stato celebrato il riposizionamento delle targhe commemorative in onore di Pasquale Colagrande e Mario Tradardi nel Palazzo di Giustizia dell’Aquila.
Affido a queste poche righe le emozioni che mi ha suscitato l’incontro con queste due figure del passato.
Ciò che vorrei trasmettere non è tanto la storia di questi uomini, dato che moltissimi potrebbero farlo meglio di me e con maggiore autorevolezza, ma piuttosto l’estrema attualità dell’insegnamento che ci hanno lasciato e l’immensa importanza che possono avere nel nostro periodo storico.
Parliamo di due magistrati, due uomini guidati dal senso di giustizia e anche, passatemi il neologismo, di “giustezza”. Perché parliamo di due uomini giusti e coraggiosi che hanno preso sulle loro spalle il peso del loro paese affrontando in maniera eroica gli ostacoli che impedivano il sogno di un paese diverso.
Pasquale Colagrande esercitava il suo lavoro nella città di Ferrara, sempre fu guidato da uno spirito antifascita tanto che si impegnò nel liberare i prigionieri politici ed alcuni ebrei incarcerati dalla dittatura Nazi-fascista. Questa impresa gli costò la libertà. Anch’egli, infatti, fu recluso ma poiché magistrato gli fu proposta una possibilità di evasione. Dinanzi a questa proposta. Colagrande pronunciò una frase che dovremmo scalfire tutti nei nostri cuori, che dovrebbe essere scritta in ogni luogo pubblico, una frase che rappresenta l’essenza del senso di comunità. Le sue parole furono “Salvarsi? O tutti o nessuno”, nei giorni seguenti fu condotto alla fucilazione. Qui è racchiuso il senso della resistenza, qui sono racchiuse le fondamenta su cui è stato eretto il nostro paese. Inoltre, queste parole sono un monito possente e deciso alla società odierna perché rappresentano la volontà di sacrificare una libertà individuale al fine di proteggere la libertà collettiva.
Al tempo dei novax, dei contraffattori di Green-pass e all’interno di un mondo che a tutti i livelli sembra reggersi sui secondi fini, queste parole rappresentano un brusco richiamo alla realtà propria e immutabile della democrazia intesa nel senso più ampio possibile.
Questa frase è un invito a farsi carico della propria comunità, come fece Mario Tradardi, che spinto dal desiderio di libertà e da profondo spirito di amicizia nei confronti dell’amico brutalmente assassinato dai fascisti si impegnò nella liberazione della nostra città dall’oppressione nazi-fascista e capitanò una delle formazioni dei Volontari della Maiella nel nord Italia, fino a giungere all’estremo sacrificio lasciando la moglie e i cinque figli. Questo ci sta a testimoniare che le gesta di quest’uomo erano dettate da grandi sentimenti d’amore.
Parliamo di due uomini che possono farci da luce all’interno di un periodo storico in cui l’individualismo la fa da padrone, per questo motivo le targhe che ieri sono state “ri-inaugurate”, non sono fredde lastre di marmo ma sono simboli pregnanti di significato che possono farci da segnaletica, da guida utilizzando il passato per indicarci la via. Il senso profondo di queste targhe non è solo di commemorare e onorare ma di scomodare.
Di scomodarci dalla nostra indifferenza, dalla tendenza che abbiamo a voltarci dall’altra parte, affinché chiunque le guardi possa sentire dentro di sé il dovere di caricarsi sulle proprie spalle i bisogni, le necessità e i desideri della comunità in cui si trova.