Oggi, questa mattina, sotto il sole di una domenica d’ottobre, L’Aquila torna ad essere, come 13 anni e mezzo fa, Capitale d’Italia.
Oggi L’Aquila è in piazza, con Genova, Rigopiano, Viareggio e Taranto.
Oggi davanti all’Emiciclo ci sono circa 400 persone che rappresentano quella nazione che chiede verità e chiede di essere ascoltata.
Quella nazione che non ha sete di vendetta ma fame di giustizia, fra la quale serpeggia quel clima che pensavamo di aver perso. Quel clima che ci ha accompagnato da quelle 3.32, quello spirito di comunità che nasce solamente dalla sofferenza comune.
Una ferita che, a causa di colpi che vengono perpetrati negli anni, sanguina ancora.
Guardandosi attorno, in questa piazza è possibile osservare un popolo che insieme chiede di essere ascoltato e rispettato, comitati, parenti, cittadini. Tutti insieme.
Tanti gli interventi fra i quali quello di Vincenzo Vittorini, Alessandro Tettamanti, Giusi Pitari, Federico Vittorini, Lilly Centofanti e molti altri.
Vincenzo Vittorini ha ripercorso quanto accaduto in questi anni, con una narrazione minima e per questo agghiacciante. Nella piazza si sono levate le voci di chi ha rassicurato prima e negato poi, le voci che ci sono state rivelate da quelle intercettazioni che ci hanno colpito come dardi. Quella voce che disse “A L’Aquila la verità non si può dire”. Quella verità che viene chiesta incessantemente e che continuerà ad essere chiesta.
La sentenza per cui si è scesi in piazza oggi è stata per Vittorini “la fine peggiore che poteva avere questo percorso di 13 anni. Lo stato salva se stesso e condanna le vittime di una strage di stato”.
Oggi è stata riscoperta quella tradizione che la città vorrebbe non dover rispettare, la tradizione di raccontare ciò che ogni aquilano ha vissuto quella notte, per smentire ogni tipo di narrazione alterata, ogni smentita di “Rassicurazionismo”, perché sappiamo tutti che sotto le macerie sono morti degli innocenti.
Quelle vittime potevamo essere tutti noi e lo siamo.
L’unico pregio che ha avuto la sentenza, di cui siamo venuti a conoscenza mercoledì 12 ottobre, l’ha trovato Lilly Centofanti.
Questa sentenza infatti travalica il limite fra i vivi e i morti, perché ci ha fucilato tutti insieme.
Ha portato L’Aquila intera davanti ad un plotone d’esecuzione, e lì dinanzi a quel muro le parole emesse da quel giudice hanno mutilato la nostra memoria e la nostra dignità.
L’Aquila oggi raccoglie questo sentimento, è capitale di questo paese, di questa altra nazione che chiede di essere ascoltata ricordata e rispettata.
In prima fila in questa piazza ci sono 309 persone che attraverso le gambe di ogni aquilana e aquilano continueranno a far sì che la colpa non sia addossata a chi è rimasto travolto, a chi non può rispondere e difendersi.
Quelle 309 persone, quei 309 volti sono oggi in mezzo a noi e sono il tesoro più prezioso che abbiamo, non possiamo non difenderlo.
L'iniziativa è stata aperta e conclusa da Federico Vittorini, il quale in chiusura ha chiesto le dimissioni della giudice Monica Croci, firmataria della sentenza.