Lunedì, 22 Settembre 2014 18:41

"Io non sono razzista, ma...": su rifugiati all'Aquila e strumentalizzazioni

di 

"Io non sono razzista, ma...": quante volte abbiamo sentito questa frase? Pronunciata da amici e parenti, di fronte a una birra, durante un pranzo di famiglia e, nel corso degli ultimi anni, ampiamente scritta sui social network.

Ed è proprio sulle piazze virtuali della rete cibernetica che si scatenano sempre più spesso cittadine e cittadini intorno ai temi dell'immigrazione e dell'inclusione sociale, scottanti soprattutto per le comunità più piccole. E' il caso, in questi giorni, del presunto "allarme sicurezza" – puntualmente rilanciato all'Aquila dopo la rapina in villa della scorsa settimana – o del molto più grottesco "allarme ebola", l'ennesimo concetto diffuso da alcuni media e recepito dal popolo del web, nonostante le smentite (di ieri e di oggi) delle autorità sanitarie locali. E' dunque così che la notizia, resa nota nei giorni scorsi, riguardo l'arrivo nella provincia dell'Aquila di 72 rifugiati politici e richiedenti asilo viene subito collegata all'allarme ebola e, con un surreale volo pindarico, all'allarme sicurezza [vedi in basso la pagina Facebook del sindacato di polizia Coisp].

Facciamo chiarezza. Abbiamo l'obbligo – oltre che la volontà – di chiarire quali sono le storture (volontarie e strumentali) che troviamo nelle informazioni che circolano anche sui social network riguardo gli argomenti più delicati, prede spesso di concetti populisti quanto pericolosi.

Gli arrivi dello scorso fine settimana non sono i primi nella provincia dell'Aquila. Oltre al Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar) [leggi l'approfondimento sull'argomento], attivo da anni nel capoluogo abruzzese, nei mesi scorsi 15 cittadini del Mali sono stati ospitati in una struttura comunale a Castel Del Monte. Una bella storia di integrazione tra la piccola comunità ai piedi del Gran Sasso e i ragazzi africani, che oggi non sono più presenti in Abruzzo, trasferitosi in altre città d'Italia.

Ecco, fare chiarezza vuol dire anche differenziare i rifugiati politici dai migranti economici. Presentare l'arrivo dello scorso weekend come uno "sbarco in città" spinge infatti al pensiero implicito che le persone arrivate dalla Sicilia siano migranti cosiddetti "economici", cioè cittadini spinti alla fuga dal proprio Paese da motivi riconducibili esclusivamente all'indigenza economica.

E' qui il bluff semantico: i 72 africani arrivati in città sono tutti – e non in parte – rifugiati politici o richiedenti asilo. Come vi abbiamo già raccontato lo scorso anno, il sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati politici è una garanzia internazionale per chi vive in particolari zone del mondo, individuate anche formalmente dalle Nazioni Unite.

Ma i 72 giovani come sono finiti all'Aquila? Con i numerosi arrivi sulle coste italiane negli ultimi mesi, le prefetture di tutta Italia – non solo quella aquilana, naturalmente – hanno avuto la necessità di attivare reti di accoglienza sul territorio, per fronteggiare l'aumento delle presenze. La prefettura aquilana l'ha fatto attraverso una procedura pubblica di affidamento dei servizi, tramite la quale è stata affidata l'accoglienza ad enti e associazioni che già lavoravano con i richiedenti asilo dello Sprar. I requisiti per il bando erano diversi, ma i più importanti erano quelli della necessaria professionalità del personale operante e dell'offerta più economicamente vantaggiosa, come spesso accade per le pubbliche amministrazioni.

E' così che sono stati accolte 72 persone nella provincia dell'Aquila, affidate a diverse strutture: Fraterna Tau, Csv e Caritas all'Aquila; associazione Rindertimi e Caritas ad Avezzano; Arci a Castel del Monte. Prima di arrivare in Abruzzo, alle persone era già stato fatto lo screening sanitario obbligatorio in Sicilia (a Ragusa). Poi, sabato sera, è stato effettuato anche un ulteriore controllo sanitario all'interno dell'area di Collemaggio, in collaborazione con la Asl n. 1 dell'Aquila: "Stiamo gestendo la situazione con l'ausilio di personale qualificato – afferma a NewsTown Andrea Salomone del Comitato Arci L'Aquila – gestiamo l'accoglienza di queste persone: salute, documenti e integrazione".

E' bene ricordare, infatti, che per l'Italia non è un lusso né un vezzo terzomondista l'accoglienza di persone provenienti da paesi in guerra. L'accoglienza di profughi, rifugiati politici e richiedenti asilo è obbligatoria e stabilita dalle leggi di organizzazioni transnazionali, regolamentata da quelle comunitarie e recepito dalla legislazione nazionale. Confondere, consapevolmente o per ignoranza, migranti per motivi economici da richiedenti asilo è un errore. I ragazzi arrivati all'Aquila, come altre centinaia sparsi sul territorio nazionale, sono giovanissimi e provengono da contesti dove la vita quotidiana è impossibile per motivi di pericolosità oggettiva: come la guerra o, ad esempio, violenza sistemica su specifici gruppi sociali (su base etnica, sessuale etc.).

E' giusto ribadire che anche il paradigma della "invasione degli stranieri" è un bluff a totale strumento del razzismo, dell'identitarismo fine a se stesso e del nazionalismo: le cifre dicono altro. Ignorando (temporaneamente) i dati dell'anno in corso – ancora parziale – basti considerare i numeri del 2013: 40mila arrivi di richiedenti asilo e rifugiati in Italia, rispetto ai 120 mila in Germania. Ad ogni modo, a prescindere dal confronto con gli altri paesi europei, lo status di rifugiati politici e di richiedenti asilo viene assegnato dallo Stato italiano solo a una minima parte dei disperati che sbarcano sulle coste italiane. L'Italia (e l'Europa) non considera tutti come rifugiati insomma. In questo caso è doveroso contraddire anche un passaggio dell'ottimo intervento dell'antropologo aquilano Antonello Ciccozzi su Il Fatto Quotidiano, nel quale si scrive un laconico "consideriamo tutti come rifugiati".

Il concetto per cui "L'Aquila si riempie di immigrati" e, conseguentemente, "L'Aquila si riempie di delinquenza" sembra dunque pretestuoso e strumentale. Parliamo di poche decine di persone in tutto, per le quali le associazioni convenzionate ricevono un ticket giornaliero di circa 35 euro, che viene quasi del tutto interamente riversato sul territorio in termini di strutture abitative (spesso i rifugiati vivono in affitto presso privati) e di successive ricadute lavorative (una volta terminato il programma il richiedente asilo, in attesa dell'eventuale permesso di soggiorno, viene aiutato nell'inserimento lavorativo).

Insomma, chissà che magari qualcuno dei ragazzi accolti in questi mesi all'Aquila ricostruirà la casa a chi oggi scrive sulla sua pagina Facebook "Io non sono razzista, ma...".

coisp

Ultima modifica il Lunedì, 22 Settembre 2014 19:42

Articoli correlati (da tag)

Chiudi