Venerdì, 16 Gennaio 2015 11:48

Teatro, al Nobelperlapace l'anteprima nazionale di "Ero", di e con Cesar Brie

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Dopo il primo appuntamento dello scorso 11 gennaio, torna al Teatro Nobelperlapace di San Demetrio né Vestini (L'Aquila) la rassegna "Strade 2015", a cura dell'associazione culturale Arti e Spettacolo.

Il secondo appuntamento, in programma domenica 18 gennaio alle ore 18 (ingresso unico 6 €) vedrà in scena sul palcoscenico del Nobelperlapace, in anteprima nazionale, Ero di Cesar Brie [leggi l'intervista], una co-produzione di Arti e Spettacolo e Cesar Brie, in collaborazione con il Teatro Stabile d'Abruzzo. Il debutto di Ero è previsto per il prossimo 22 gennaio a Milano, nella Sala di Campo Teatrale. Il testo, la regia e l'interpretazione sono di Cesar Brie, scene e costumi sono firmati Giancarlo Gentilucci, direttore artistico di "Strade 2015" e presidente dell'associazione Arti e SpettacoloEro è un viaggio attraverso le vicende annidate dietro le grandi parole.

"Indaga sul bambino nascosto dietro al vecchio; indaga sul vecchio che si disfa del bambino. Cerca l’anziana annidata nel volto della fanciulla e la ragazza che scopre l’amore tra le rughe del tempo. A ognuno di noi è data la possibilità di tornare dall’esilio, di aprire la porta della nostra casa. A ognuno di noi è data la possibilità di non rimanere accecati dalla luce dell’annunciazione. Dietro parole come amore, morte, assenza, dolore, gioia, si celano vicende personali, volti precisi, piccoli disagi, rimpianti sbiaditi, eventi apparentemente infimi che hanno segnato la nostra esistenza. Ognuno di noi è abitato da questi eventi, sono comuni a tutti, appartengono a tutti. Ognuno ha il proprio elenco di volti, gesti, drammi e carezze. Questo lavoro è un viaggio attraverso le vicende annidate dietro le grandi parole".(Cesar Brie)

Drammaturgo e regista argentino di fama mondiale, Brie è arrivato in Italia a 18 anni con la Comuna Baires. Di qui ha sviluppato un'arte "apolide", a stretto contatto con le molte realtà incontrate sul suo cammino. Dopo l’esperienza nel gruppo Farfa e nell'Odin Teatret, ha fondato in Bolivia il Teatro de Los Andes, con cui ha creato spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità.

Cesar Brie nutre una collaborazione ventennale con Giancarlo Gentilucci e con Arti e Spettacolo. Anche per l’allestimento di Ero, in scena domenica 18 gennaio alle ore 18, ha scelto di lavorare in residenza al Teatro Nobelperlapace.


Ero

Testo, regia, interpretazione: Cesar Brie

Scene e costumi: Giancarlo Gentilucci
Musiche: Pablo Brie
Disegno luci: Daniela Vespa
Foto: Paolo Porto
Grafica: Leonia Casaglia
Produzione: Arti e Spettacolo, Cesar Brie. In collaborazione con il Teatro Stabile d'Abruzzo

Assistenza: Tiziana Irti, Claudia Ciuffreda, Marco Rizzo.
Ringraziamenti: Gloria Bettelli, Giacomo Ferraù, Fernando Marchiori, Donato Nubile, Federico Manfredi, Umberto Terruso
Residenza: Teatro Nobelperlapace

Note di regia

Credo che il reale non sia evidente. Che sia in agguato dietro le vicende e le situazioni.
Di quel reale “in agguato” mi occupo da tempo.
Cerco di “non recitare”, di offrire onestà, verità, esposizione e poesia nella finzione della recita.
La scena per me non è soltanto uno spazio dove dire testi scritti da altri.
Non è un luogo naturale. Non esiste la “scena” in natura.
La scena esiste ogni volta che indago, osservo e abito l’esistenza senza volerci soltanto vivere.
Così ogni spazio ed ogni evento possono diventare “scena”.
Scena come luogo in cui appare ciò che non è visibile.

Mi interessa qualcosa di antico, il rapporto tra il bello e il vero.
Mi interessano le forme che il bene può assumere in arte senza essere noioso e retorico.
Che la crudeltà e il male siano più interessanti del bene, in scena, non è una novità.
Ma che la crudeltà possa essere la forma con la quale la pietà si esprime in arte non è automatico.
È la responsabilità a creare il legame tra pietà a crudeltà.
Quella responsabilità di cui ci riempiamo la bocca nei nostri discorsi e che così poco pratichiamo nella vita e ancora meno nel nostro mestiere di artisti.
La nostra cultura purtroppo è costruita sulla fallacia di nominare ciò che non conosciamo e ridurre a parole le azioni che non compiamo.
I nomi al posto delle azioni e della conoscenza.
Responsabilità implica difficoltà, rischio.

Ho indagato sulle vicende delle persone, dei miei contemporanei.
Ciò che ci accomuna.
Dietro le grandi parole ho scoperto migliaia di vicende.
E quasi tutte collegate ad alcuni archetipi. Spesso familiari
Ho scelto questi: Padre, madre, nonni, infanzia, assenza, fratelli, figli, amore, esilio, mestiere e rancore.
Ho unito queste figure in un racconto che sembra autobiografico ma che non è la mia biografia.
Ho raccontato di me per dire di voi nella convinzione che possiate riconoscervi in una vicenda altrui.
Riconoscere, tornare a vedere alla luce dell’arte un brandello della propria esistenza.

Trentasei anni fa ho fatto uno spettacolo “A rincorrere il sole”.
Parlavo del suicidio di un ragazzo e del tragitto verso quel suicidio.
Quel lavoro disperato, fatto in esilio nell’istante in cui crollavano i nostri miti, mi salvò la vita.
Credevo di parlare dei miei amici suicidi e in realtà esorcizzavo il mio suicidio rannicchiato sotto le nostra sconfitta.
“Ero” forse cerca di chiudere quella parentesi aperta. Parlavo degli altri per riscattare me. Parlo di me per dire degli altri.

(Cesar Brie)

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