di Doriana Legge - Questo è un assedio. Nel tempo che intercorre tra una serata e l’altra della cinque giorni di maratona sanremese, il cittadino italiano medio è accerchiato. No, non è una semplice operazione di marketing, è piuttosto un tormento. La dose letale non sono certo le quattro ore di spettacolo serale, ma l’impollinazione scomposta in tutte le salse di quel che è accaduto la sera prima, sui tg, nei talk show, insospettabilmente anche negli spot, dove scopro la versione deluxe dei Baci Perugina con frasi di Tiziano Ferro.
Ma poi: perché il festival della città dei fiori sceglie un gelido febbraio per esibire la sua grandiosità? Quel mese che registra i picchi assoluti di stati influenzali, quando il malcapitato cittadino italiano è costretto a letto, o inerme sul divano nei deliri febbricitanti? (GOMBLOTTO). E lui che fa? Potrebbe leggere i sette volumi della Recherche di Proust che so’… invece no, l’italiano accende la tv e non sa resistere al richiamo tribale della città dei fiori.
Nel frattempo mi sono informata e scopro che la spagnola che esibisce la sua lingua madre è Rocìo Munoz Morales. Che altro aggiungere, niente: vamos a pasar. A tal proposito Anna Tatangelo che ci ha fatto sognare mondi esotici con la sua estiva Muchacha Sexy, stavolta torna a far la ciambellara neomelodica di Sora, le influenze “rock” di cui parlava nei mesi scorsi non hanno quindi attecchito. Aspettiamo quelle “post-punk” della prossima primavera.
La tentazione di mettere in “mute” durante l’esibizione di Biagio Antonacci è davvero troppo forte, ma mi accorgo essere inutile se poi inquadrano Alba Parietti affiancata da Giletti in prima fila. Tutto questo va vissuto in grande schermo e a gran volume. Orecchie sanguinanti a parte, Biagio e Carlo sono amici di vecchia data e lui è per la prima volta ospite a Sanremo. La proporzione equivale a quando ho calcato il palco dell’occupazione d’istituto perché amica del capoclasse. A proposito grazie Giò!
La canzone di Vasco Rossi “Standing ovation” che introduce Charlize Theron svela l’incantesimo speciale che solo il palco di Sanremo riesce a lanciare. Una stregoneria, direi una fattura che fa apparire chiunque come una Romina Power internazionale un po’ ciaciona. E Charlize Theron, bionda, alta, sottile, grandi occhi pieni come il mare, un neo sulla guancia sinistra e un finto sguardo straniato, non è esente dal sortilegio, e si trasforma in un’opulenta popolana della porta accanto. E te la immagini dietro le quinte a scambiarsi ricette con Anna Tatangelo sulle buone ciambelle di Sora. Ma che grande sagra Sanremo! Che macumba internazionale!
E poi i giovani, nuove proposte che nei bei tempi si sarebbero chiamati “gli sconosciuti”, o per peggio dire le “meteore”, ma da un po’ di anni a questa parte il rapporto con i big sembra invertito. Sale sul palco gente che ha consumato già gran parte della sua carriera tra i migliori palchi, e non si sa bene perché voglia porre con Sanremo la pietra tombale alla propria carriera. Lo scorso anno tra i miei beneamati ne ha fatto le spese The Niro, quest’anno - mi spiace dirlo - tocca ai Kutzo. Il pezzo non è male, ma se giochi sull’irriverenza hai perso almeno da quando Sabrina Salerno e Jo Squillo intonavano il loro primo vagito proto-femminista nel 1991 con Siamo donne. Oltre le gambe c’era di più? Sfido la vostra prigrizia invitandovi a cliccare qui per aprire il cuore al trash: https://www.youtube.com/watch?v=3XIAMJEu9Eo.
Con Nina Zilli è doveroso il ringraziamento allo schermo tv 42 pollici che mi permette di scrutare le profondità delle sue fauci spalancate a urlare “questo è il mio blues” … e sembra voler convincere più se stessa che questo lo sia davvero, un blues.
Marco Masini ha un suo potere particolare, un po’ come Cristina D’Avena riesce a portare al suo tavolo i commensali più impensabili, quella schiera di pubblico variopinta che mi ricorda di qualche anno fa (sagra del prosciutto di Tornimparte, sì frequento spesso le sagre)… dove si sono uniti in abbraccio fraterno sulle note di T’innamorerai rappers, rockers, metallari, neomelodici. Gli indie no, loro stazionavano ancora sul tratto romano dell’A24, a L’Aquila arriveranno solo più tardi.
Tra l’inconsistenza dei brani trovo il modo di gigioneggiare stilando la classifica di parole cui il concorrente sanremese si appiglia, esibendo invidiabile proprietà di linguaggio: “magico” ricorre ben 7 volte, nelle sue varianti “magicamente”, “magicoso”; e poi “emozionante” ben 22 occorrenze. Meno quotato il più sofisticato “forte” che non si addice a Sanremo e che in casa Rai riservano solo per il pubblico giovanile di X Factor. Ah poi c’è “energia” e “cuore” che aumentano in maniera esponenziale con l’esibizione de Il volo.
Essere contemporanei vuol dire esserci, e declinare la propria presenza artistica con la forza del presente, e Sanremo come ti cavalca l’onda? Getta nel calderone la versione musicale dei Soliti Idioti. Non aggiungo altro.
L’omaggio a Mango, ma solo ballato, (perché vallo a trovare qualcuno che ti canta un pezzo di Mango tra i Biagio Antonacci e le Emma Marrone), ha per me il sapore della madeleineproustiana su ricordi che tengo per me. Anomalie della memoria.
E mentre canta Moreno penso siamo ancora alla seconda serata, e si rincorrono nella mia testa le parole di un certo Alessio Bonomo – questo sconosciuto – che cantava in un Sanremo atipico del 2000 “Ognuno ha la sua croce, e certe croci sono enormi”, “roba da spaccargli un palo in mezzo agli occhi” (io ve la consiglio https://www.youtube.com/watch?v=_zP0WGZyc9w per la buonanotte).
di Doriana Legge