Con questo decimo articolo, in cui celebriamo tra l'altro la ricorrenza della nascita del poeta aquilano Sabatino Ciuffini, caduta nella settimana appena passata, il 20 ottobre, si conclude il percorso di letture dedicate alla figura di questo straordinario intellettuale ancora misconosciuto. Ennio Flaiano, che fu suo amico ed estimatore e che poté apprezzare la sua poesia ancora inedita, ebbe a dire del giovane Ciuffini, con lo spirito amaro che lo caratterizzava: “E' bravo, peggio per lui”. All'uscita del suo secondo e ultimo volume di poesie, nel 1992, la critica, a partire dal glottologo Mario Alinei, ribatteva invece: “Peggio per chi non lo conosce”. Il lungo silenzio, dovuto anche alla sua ritrosia e discrezione, seguito alla presentazione della sua opera tra il 1988 e il 1993, e poi alla morte dell'autore avvenuta nel 2003, può dirsi finalmente interrotto, con l'auspicio, anzi la certezza, che altri contributi e iniziative pubbliche arrivino presto a colmare la lacuna della sua mancata conoscenza persino da parte dei concittadini aquilani. Questo ciclo di letture è partito, con una sorta di provvidenziale casualità, nella ricorrenza della morte, con la presentazione della poesia in cui Sabatino ci chiede un monumento, una traccia di memoria (leggi qui l'articolo su “Il penultimo desiderio”). Per la conclusione – provvisoria – di questi interventi su di lui è bello parlare della sua nascita, con la speranza che l'anno in corso segni una rinascita, una meritata riscoperta e una definitiva consacrazione di Sabatino Ciuffini come poeta di tutto rilievo nel panorama della letteratura italiana del secondo Novecento // Leggi qui le puntate precedenti
di Annalucia Bonanni* - “Quando nacqui – o rinacqui – dopo che con l'aiuto della levatrice mi trovai a tu per tu col mondo, lavato e buttato sul letto, la piantai subito di strillare. Tutti mi corsero intorno credendo che mi fosse mancato il respiro. Mi trovarono, invece, a giocherellare con un fiore di mirabella: me l'aveva lanciato dal davanzale della finestra un pappagallo di passaggio.”
La nascita cui Sabatino Ciuffini fa riferimento in questo brano in prosa – non casualmente posto come primo nella raccolta degli Sfregazzi, la sua opera maggiore che consta di 66 poesie alternate con 60 prose - avvenne il 20 ottobre del 1920 nella frazione aquilana di Coppito. Una nascita accompagnata da un dono: il fiore delicato e bellissimo anche nel nome della Mirabella, che matura nel frutto di una succosa susina, lanciato da un misterioso pappagallo di passaggio. Il fiore e il pappagallo sono simboli fondamentali, così come il giocherellare, che fa riferimento alla vena ironica e spesso anche satirica, con cui Ciuffini smorza la durezza della sua visione della vita e del mondo.
La Mirabella è il simbolo della poesia, la vocazione che Ciuffini sente innata, pur non avendone potuto o voluto fare una professione. Il pappagallo, poi chiamato con nome di “Sfregazzi”, come il titolo della sua raccolta principale, sta a significare, come l'autore sottolinea in più di un'occasione, che lo scrivere è in fondo un ripetere, un “pappagallare”, sulla scia di altri grandi; e che il racconto della vita di cui la poesia si nutre è in definitiva un “ri-racconto”. Secondo André Gide, che Ciuffini cita nella quarta di copertina del suo volume, “Toutes choses sont dites déjà: mais comme personne n'écoute il faut toujours recommencer”.
Ricominciare sempre da capo a raccontare, dunque. Ciascuno con la propria voce, però. E la voce di Ciuffini è potente, personalissima e inconfondibile, pur nutrendosi della lezione dei grandi classici, latini, italiani e anche stranieri. Quanto al curioso e bizzarro nome di “Sfregazzi”, certamente insolito e inaspettato come titolo di una raccolta, la sua spiegazione è per lo meno duplice.
In primo luogo, la parola Sfregazzi fa riferimento a una tecnica della pittura che consiste nel passare del colore opaco sulla superficie già asciutta della tela. Una sorta di velatura, che lascia vedere la parte dipinta sottostante. Nel richiamo a questa tecnica della pittura, che Ciuffini, tra i suoi molteplici interessi di intellettuale vorace e onnivoro conosceva a fondo, come è peraltro testimoniato dalla stretta amicizia con importanti artisti contemporanei, 15 dei quali donarono al poeta opere originali realizzate per illustrare la sua opera maggiore, c'è un chiaro riferimento al valore della poesia, capace di rivestire – e riscattare – col suo magico velo, la realtà, di cui Ciuffini ha una visione che l'amico Alinei non esita a definire “atroce”. Ma la parola “sfregazzi” - Ciuffini ne era certamente e ovviamente consapevole – ha un impatto immediato di sonorità stridente e suggerisce – specie a chi non ne conosca il significato, come presumibilmente la maggior parte dei lettori, l'idea di qualcosa che sfrega, che irrita, che non lascia in pace.
Anche questa suggestione è perfettamente calzante per la sua poesia, “che non tende a rassicurare le coscienze, ma a dissonnarle”, secondo le parole stesse dell'autore. Una poesia che prende le mosse dalla disillusione di chi vede accamparsi intorno, “nel secolo d'oro del progresso, non la vantata bellezza della società, ma il suo perverso apparato, i cui capisaldi malamente occultati, sono la frode e la violenza.” E inoltre dalla “constatazione di vivere una civiltà utilitaristica” e di non poter sfuggire, infine, alla terribile legge naturale della generale allelofagìa, il divorarsi l'un l'altro, nel ciclo perenne di nascita distruzione e rinascita in cui consiste la Vita.
La poesia di Ciuffini, che prende le mosse da tali scoperte, “racconta con coraggio la disperazione della mente costretta a prendere atto della propria impotenza”. Eppure, a fronte di una visione così negativa della realtà, il dono misterioso e impagabile della poesia in generale e certamente della sua, consiste nel saperci restituire i profumi e le emozioni che pure colorano la vita, il fascino incomprensibile di questo mondo odiato e amato. L'opera di Ciuffini non è purtroppo più disponibile in commercio, ma i suoi testi si trovano nella principali biblioteche. L'augurio che può fare chi ha cercato di farla conoscere almeno un poco e apprezzare, è quello di poterla scoprire in tutta la sua grandezza, in tutto il suo contraddittorio e fascino. Leggetela. “Piangerete di felicità”.
*Annalucia Bonanni, aquilana, docente di lettere presso l'Istituto d'istruzione superiore 'D.Cotugno'
Grazie a Newstown che ha ospitato i miei articoli e in particolare a Roberto Ciuffini.
Un ringraziamento sentito a tutte/i coloro che mi hanno supportato, fornito spunti e consigli, incoraggiato: il valente e giovane studioso Damiano Acciarino, cui devo la scoperta dell'opera di Ciuffini, e a cui ho rubato il titolo e lo spunto di questo ultimo articolo; la professoressa Laura Benedetti, compagna di Liceo e di letture, oggi docente a Washington, promotrice del convegno nell'ambito del quale è stata presentata l' opera dell'autore; il professor Carlo De Matteis, che mi ha fornito consigli, materiale e un incoraggiamento per me fondamentale; le amiche e colleghe Luisa Nardecchia, Andrea Serena Barreca, Giusi Fonzi, la coppia Tarantino-Capezzali; gli eredi di Sabatino Ciuffini che mi hanno donato il prezioso volume degli Sfregazzi. Al Ciuffini stesso, infine, devo con immensa gratitudine la riscoperta, dopo anni di routine scolastica, dell'emozione ineffabile e irrinunciabile della Poesia. Spero che attraverso il mio modesto lavoro, un breve stridìo di stelle possa essere giunto a rallegrare i suoi “timpani ottusi”.