Giovedì, 05 Novembre 2015 15:00

Collemaggio diventa il set del docufilm "Padiglione 25", la rivoluzione psichiatrica fatta dagli infermieri

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Sarà una coincidenza ma nelle ultime settimane più volte i riflettori si sono accesi nell'ex manicomio di Collemaggio, a L'Aquila, contribuendo a  riaprire la discussione su come conservare la memoria della sofferenza di chi dentro vi fu internato, e sul futuro dell'area attualmente quasi abbandonata.

A venire ambientati nell'ex Op infatti il libro "il nido della follia", poi un video clip musicale dei Coffe Shower e adesso un docu-film girato in quel che una volta erano i padiglioni del manicomio.

Si tratta di una produzione dal basso [Ferro3 e Altera Studio, patrocinato dall'associazione Franco e Franca Basaglia e dal Municipio XIV] che vuole racontare la significativa esperienza che avvenne nel 1975 nel "Padiglione 25" (titolo della pellicola) dell'ospedale psichiatrico del Santa Maria della Pietà di Roma.

Perché a L'Aquila? Perché una inedita quanto indiretta collaborazione tra la Asl1 e il Comitato 3e32-CaseMatte ha permesso di girare al regista Massimiliano Carboni e la sua troupe, le scene di cui avevano bisogno.
La Asl, ed in particolare il responsabile dell'ufficio stampa Ugo Colista, si è spesa per dare le necessarie autorizzazioni (non concesse altrove) per entrare negli edifici abbandonati, mentre il Comitato 3e32 ha messo a disposizione la struttura autogestita di CaseMatte dando sostegno ed ospitalità alla troupe. La collaborazione, tra l'altro, ha funzionato.

IMG 5980Ma cos'è il Padiglione 25? Qual'è la sua storia e perché è così importante raccontarla? Ne abbiamo parlato proprio in una pausa pranzo a CaseMatte con il regista ed ideatore del progetto insieme all'antropologa Caludia De Michelis,  Massimilano Carboni: "Padiglione 25 è la storia di 14 infermieri che nel 1975 autogestiscono un padiglione del manicomio romano 'Santa Maria della pietà'. Nel 68' infatti l Ministro della Salute Mariotti promulga la legge 431 che con introduce l'articolo 4, il quale prevede per la prima volta il ricovero volontario".

Siamo negli anni delle lotte per la riforma socio sanitaria, anni in generale di grandi battaglie e mutamenti. "Questo passaggio prevedeva che molti internati dentro al manicomio e i nuovi che arrivavano, potevano rientrare nell'articolo 4 e quindi per la prima volta avevano la libertà di uscire dal manicomio perché erano in ricovero volontario".

"Avvengono quindi - continua Carboni - le esperienze importanti di Basaglia a Triestre e non solo. Altre cose accadono in giro per il Paese con la fondazione nel 73' di Psichiatria democratica, ma non c'è niente a Roma dove il manicomio è in mano ai baroni delle cliniche private che lavorano anche nel pubblico e quindi hanno tutto l'interesse affinché non cambi nulla".

Santa Maria della Pietà in quel momento era il manicomio più grande d'Europa con 3mila internati, ma a parte qualche piccola esperienza dovuta per lo più ad uno dei due direttori di allora non vede particolari innovazioni. "Fino a quando - prosegue Carboni - non i medici bensì, unico caso in Italia, gli infermieri stessi, danno vita appunto all'esperienza del paglione 25 trasferendo lì i pazienti che potevano beneficiare dell'articolo 4 e applicando dunque la stessa rivoluzione che stava facendo Basaglia a Trieste. Solo che loro la fanno senza i medici: tolgono la contenzione sia meccanica che chimica, reintroducono le posate, tolgono le grate alle finestre e sopratutto portano i pazienti fuori. Cercano i loro parenti, li portano a casa, fanno un lavoro di ricostruzione storica di persone prive fino ad allora di un loro passato. Per di più annotano questo lavoro su un diario".

L'amministrazione del manicomio in realtà farà di tutto per sabotare l'esperimento trasferendo nel padiglione24, pazienti ben più complicati di quelli che potevano rientrare nell'articolo 4. Ma gli infermieri sono ossi duri. "Bisogna considerare infatti - aggiunge il regista - che visto anche il contesto storico erano politicizzati e sindacalizzati, tutti dunque dentro logiche già di conflitto dentro la Cgil, il Pci ma anche dentro il pezzo movimentista di Lotta continua. E sfida dietro sfida finirono per accettare questa come sfida della loro vita, quella del padiglione 25".

Ed è questa sfida che il docufilm racconta diventando a sua volta una sfida per superare le difficoltà legate alla produzione e ai fondi necessari per completarla:"Siamo partiti dal diario scritto dagli infermieri e da quelli abbiamo scritto una sceneggiatura vera e propria - racconta Carboni - poi abbiamo cercato i soldi e non li abbiamo trovati. Dunque ora raccontiamo l'evento storico ma non possiamo metterlo in scena perché non abbiamo abbastanza fondi per usare gli attori e quindi facciamo un film documentario che ha un adattamento del diario e le interviste ad alcuni infermieri protagonisti dell'esperimento come Vincenzo Boatta e Adriano Pallotta, e a Tommaso Lo Savio che è l'ultimo direttore del Santa Maria della Pietà, colui che lo ha chiuso. Tanto materiale di archivio e tanta volontà".

E proprio gli infermieri Boatta e Pallotta sono stati fautori in maniera volontaria anche dell'allestimento del museo degli infermieri, quello che poi sarebbe divenuto il museo della mente basato sull'enorme lavoro dell'antropologa Claudia De Michelis che ha raccolto le testimonianze orali da vari manicomi italiani concentrandosi nel decennio 68'-78' della realtà romana.

Qualcosa di cui si sente l'assoluta necessità anche a L'Aquila dove però il lavoro per un "museo della mente" è completamente da sviluppare, a partire dal fatto che non ci sono gli spazi agibili necessari per farlo dentro Collemaggio. 

A L'Aquila, alcuni documenti risalenti ad inizio secolo, sono stati recuperati dall'immondizia da un cittadino, Stefano Mazzetta, che per ora non può che tenerli a casa sua. E chissà se cartelle clicniche e altri documenti o strumenti possono ancora salvarsi dall'oblìo.  

Una responsabilità con cui la città dell'Aquila ha l'obbligo di confrontarsi. 

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Ultima modifica il Giovedì, 05 Novembre 2015 18:37

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