Non è più rinviabile, si legge, applicare misure che favoriscano la ripresa di investimenti e consumi contribuendo a creare, attraverso la crescita, le condizioni per il recupero dei livelli occupazionali. Nel lavoro confluiscono i risultati di tre rilevazioni che hanno riguardato il settore manifatturiero, quello delle costruzioni e il commercio. I dati disponibili fotografano un quadro abbastanza completo dell’anno scorso nei tre più importanti comparti del sistema economico abruzzese.
Il commercio. Nel 2012, le vendite hanno mostrato una consistente flessione del 9,2% rispetto al 2011 mentre l'occupazione è scesa del 3,4%. I prezzi finali sono lievemente in aumento mentre l'incremento dei costi totali è stato più consistente. Gli operatori hanno cercato di compensare le perdite riducendo la forza lavoro e rinunciando a parte degli utili, evitando di far leva sui prezzi con ulteriore disincentivo dei consumi. A pagare di più gli effetti della crisi sono stati i pubblici esercizi, fornitori di servizi ai quali più facilmente si può rinunciare in periodi di difficoltà economica.
Il manifatturiero. Il sistema produttivo abruzzese è tornato a subire una pesante battuta d'arresto, chiudendo l'anno con un calo del 5,6% rispetto al 2011. L'arretramento ha investito in maniera trasversale quasi tutti i settori, le tipologie di impresa e le aree territoriali, sia pure con intensità lievemente diverse. Il calo più marcato ha riguardato i trasporti e la metalmeccanica. A livello territoriale, le imprese più in difficoltà sono quelle dell'aquilano. Soffrono, in maniera preoccupante, gli assi portanti del sistema produttivo regionale: il complesso variegato delle piccole imprese ed il nucleo delle multinazionali. La contrazione della produzione industriale si associa ai risultati per lo più negativi realizzati da tutti gli altri indicatori. Gli ordinativi interni diminuiscono del 2,3% mentre quelli esteri, dopo la sostenuta ripresa del biennio precedente, si assestano in prossimità dello zero grazie ad un quarto trimestre particolarmente positivo. L’occupazione conferma per il quarto anno consecutivo una tendenza negativa che investe quasi tutti i settori con esclusione dell’alimentare e della chimica-farmaceutica. Le previsioni degli imprenditori sono improntate a un forte pessimismo; questo calo di fiducia generalizzato potrebbe preludere a un ulteriore indebolimento della produzione industriale nei prossimi trimestri, con ripercussioni sulla occupazione, in particolare nelle microimprese che oggi sono le più esposte alle difficoltà.
L’edilizia negli ultimi anni sta vivendo in Italia una crisi preoccupante evidenziata dal calo della produzione in tutti i comparti, dalla produzione privata residenziale a quella non residenziale e a quella legata alle opere pubbliche. L’unico comparto che mostra una tenuta dei livelli produttivi è la riqualificazione del patrimonio abitativo esistente. Ciò si riflette nella diminuzione sia delle imprese attive sia delle nuove aperture e nell’aumento delle cancellazioni, fenomeno che nel 2012 in Abruzzo si è manifestato con maggiore gravità considerando che le imprese attive hanno subito un calo più pesante e che le cancellazioni hanno registrato una crescita maggiore. Il quadro regionale si completa tenendo conto anche che le nuove iscrizioni sono aumentate a differenza del calo osservato a livello nazionale. Tale andamento potrebbe essere legato alle prospettive che gli imprenditori abruzzesi vedono nel futuro grazie alle attività di ricostruzione e rinnovo edilizio necessarie dopo il sisma del 2009. Le imprese edilizie hanno visto rallentare la caduta della produzione rispetto a quanto si era verificato nel 2011 mentre si sono accentuate le perdite nei livelli occupazionali. Il modesto incremento di commesse e fatturato permette di formulare qualche cauta indicazione sull’andamento del 2013 su cui grava, tuttavia, una sensibile accelerazione dei costi di produzione sostenuti dalle aziende soprattutto in termini di materie prime.
Insomma, i prossimi mesi saranno particolarmente delicati. Un elemento di evidente preoccupazione riguarda la situazione finanziaria e di liquidità delle imprese. La contrazione dei margini, l’aumento dell’indebitamento, l’allungamento dei tempi di pagamento, il peggioramento delle condizioni di accesso al credito pongono crescente pressione sui conti aziendali. Secondo una indagine di Unioncamere per il 2013 quasi 1 azienda su 4 prevede un aumento della spesa necessaria per far fronte agli adempimenti amministrativi. Il differenziale nel livello di pressione fiscale supera i dieci punti percentuali nei confronti delle imprese tedesche e si allarga ulteriormente rispetto a quelle francesi e spagnole.