"Tra i 7milioni e mezzo e gli 8 milioni". Così rispose il sindaco Cialente, esattamente un anno fa, ad un cittadino aquilano che, su Facebook, chiedeva quanto sarebbe costata alle casse comunali la famigerata metropolitana di superficie tra penali, riserve maturate e spese per avvocati.
Un progetto da 60miliardi di vecchie lire, quaranta miliardi assicurati dal Ministero dei Trasporti e venti da privati. Un progetto mai realizzato, costato allo Stato 14milioni di euro. Avrebbe dovuto cambiare "completamente la città, che vuol essere sempre più europea", almeno a sentire - oramai dieci anni fa - l'allora sindaco di centro destra, Biagio Tempesta. "Una opera innovativa", che avrebbe posto L'Aquila "all'avanguardia nel settore del trasporto pubblico urbano", dichiarava soddisfatto l'ex assessore Sergio De Paulis, tra gli ideatori della 'grande opera'. "Un fiore all'occhiello della mobilità urbana nel nostro Paese", sottolineava l'allora ministro delle infrastrutture del governo Berlusconi, Pietro Lunardi. Per intenderci, l'uomo della 'Legge Obiettivo per le Grandi Opere', volta a superare la competenza concorrente Stato-Regioni nella scelta delle infrastrutture da realizzare, criticata aspramente per i sistemi di deroga alle gare d'appalto e alle valutazione d'impatto ambientale. L'uomo che ha avallato il progetto Mose, a Venezia, e il "master plan della Unione Europea", con cui abbiamo 'ottenuto' il Corridoio 5 (Lisbona – Lione – Torino – Trieste – Kief), il Corridoio 1 (Berlino – Palermo), il Corridoio 24 (Rotterdam – Genova), il Ponte sullo Stretto, il Corridoio Bari – Durazzo – Varna, le “Autostrade del Mare”.
Un progetto, al contrario, che è entrato di diritto nell'elenco delle 'grandi incompiute' d'Italia e che rischia, ora, di svuotare le casse del Comune dell'Aquila. E non era affatto difficile prevederlo.
Un percorso di 5 chilometri e 700 metri, dall'ospedale regionale di Coppito fino alla centralissima piazza Palazzo passando per via Roma, un treno con sette vagoni (ciascuno per 157 passeggeri) che, secondo le stime, avrebbe dovuto trasportare 20mila passeggeri al giorno per essere sostenibile. Evidentemente, una farsa. Un po' come pensare che 100mila passeggeri l'anno possano volare dall'aeroporto di Preturo.
A rallentare la realizzazione dell'opera, la procedura d'infrazione aperta dall'Unione Europea che, nel novembre 2008, aveva condannato lo Stato italiano sostenendo che, nella progettazione e nella realizzazione della metropolitana, non fosse stata rispettata la direttiva sugli appalti pubblici che impediva il ricorso al project financing, la strada scelta dall'ammnistrazione Tempesta. In effetti i rapporti con la società concessionaria, la Cgrt di Iannini, si configuravano, piuttosto, come un vero e proprio affidamento a trattativa privata senza alcun rischio d'impresa, dal momento che il Comune si era impegnato, per trent'anni, a corrispondere 900mila euro l'anno per la gestione economica dell'opera.
Una procedura di infrazione che sarebbe costata alla città 20mila euro al giorno e chiusa, per fortuna, qualche giorno prima del terremoto con la revoca della convenzione e degli atti connessi. Intanto, era arrivato lo stop ai lavori del Ministero dei Beni culturali per possibili danni agli storici edifici di via Roma. Un brutto pasticcio, insomma.
Stamane, con l'audizione in I commissione 'Programmazione e Bilancio' del dirigente Mario Di Gregorio, si è scoperto che, alla fine dei giochi, il pasticcio potrebbe costarci poco meno di 10milioni di euro. Ben oltre le aspettative del sindaco Cialente. Il contenzioso con la società concessionaria, infatti, non si intende risolverlo attraverso transazione. Piuttosto, con il ricorso all'articolo 158 del 'Codice degli appalti' che recita: "Qualora il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente ovvero quest'ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse, sono rimborsati al concessionario:
- il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;
- le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione;
- un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da gestire valutata sulla base del piano economico-finanziario".
Il conto è presto fatto: 3milioni e 700mila euro sono già stati accertati nel 2006 dalla commissione dei 'tre arbitri' - l'avvocato Domenico De Nardis per conto del Comune, l'ingegnere Rodolfo Giacco indicato dalla Cgrt e il terzo componente, l'ing Giuseppe Liberotti, designato come rappresentante esterno - costituita per decidere delle riserve sollevate dalla società di Eliseo Iannini in relazione a ritardi e opere non previste nel progetto. Alla cifra, che il Consiglio comunale avrebbe dovuto già riconoscere come debito fuori bilancio e che però non è mai arrivata alla discussione dell'assise, vanno aggiunti altri 5milioni e 844mila euro per le spese effettivamente sostenute dalla società concessionaria. Spese desunte dai Sal, gli stati di avanzamento del progetto che, a sentire il presidente della commissione Giustino Masciocco, presenterebbero però delle evidenti irregolarità. Per un totale di quasi dieci milioni, appunto, che il Comune dovrebbe sborsare per chiudere, una volta per tutte, il contenzioso.
L'intenzione della I commissione, ora, è di ascoltare in audizione l'avvocato De Nardis per andare fino in fondo alla vicenda: "Non capisco perché ci sono cause di piccolo valore che portiamo fino in Cassazione e altre, per cifre ben più importanti, che arrivano subito a transazione o, come in questo caso, vengono risolte con il ricorso all'articolo 158 del codice degli appalti", ha sottolineato Masciocco.
In effetti, il caso Waterplan avrebbe pur dovuto insegnare qualcosa: la ditta, incaricata di vari interventi relativi alla realizzazione di impianti di depurazione nelle frazioni del capoluogo, aveva citato in giudizio il Comune dell'Aquila per una cifra pari a 6milioni. Il dirigente competente era pronto a transare per 3.5milioni. Al contrario, il Tribunale ha deciso che l'amministrazione dovrà versare solo 1milione e 600mila euro. Un bel risparmio.
Dunque, se ci fossero gli estremi per chiarire vicende e responsabilità del fallimentare progetto della metropolitana di superficie, perché non provare a tutelare il Comune dell'Aquila? A tutelare i cittadini, soprattutto, su cui graverebbe il debito di 10milioni di euro.
Anche perché resta ancora pendente la questione del parcheggio di Collemaggio. Nel contenzioso tra il Comune e la società Irti - nel frattempo fallita -, impegnata al 40% nei lavori di costruzione dell'opera, il consulente tecnico d'ufficio (Ctu), nominato dal Tribunale, ha riconosciuto in 8milioni di euro il risarcimento danni che l'amministrazione dovrebbe versare. Qualora si arrivasse a transazione, come proposto dal curatore fallimentare della società che i dirigenti del Comune dell'Aquila dovrebbero incontrare settimana prossima, chi assicura che anche le altre società impegnate nel progetto non faranno causa al Comune? A quel punto, e non c'è bisogno di grandi capacità matematiche per far di calcolo, l'amministrazione potrebbe vedersi richiedere più di 17milioni di danni.
Significherebbe dissesto economico. E non stiamo considerando gli altri debiti contratti negli anni, che ammonterebbero a più di 9milioni. Oltre 400mila euro per la gestione 'allegra' della Perdonanza, 1milione e 600mila euro con la Waterplan, 870mila euro con la società Bahia di Berardino Del Tosto che - di sua iniziativa - ha rimosso faldoni e documenti dagli uffici del Comune in via Roma dopo il terremoto, più o meno un milione per gli espropri delle cosidette zone Peep, quasi due milioni con l'Azienda farmaceutica municipalizzata - società a totale capitale del Comune - e così via.
Una situazione davvero disastrosa.