Giovedì, 31 Gennaio 2019 23:46

Banche abruzzesi, in tre anni persi 736 posti di lavoro. L'allarme della Cgil

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736 posti di lavoro persi in tre anni (17% del totale); riduzione del numero delle filiali e degli sportelli; un futuro tutt’altro che roseo in cui si profilano ulteriori ridimensionamenti.

Non se la passano bene i dipendenti delle banche abruzzesi. Il settore ha imboccato da anni, in linea con quanto sta accadendo su tutto il territorio nazionale, una strada lastricata di esuberi e licenziamenti. Quella che, fino a qualche anno fa, era una delle professioni più sicure e garantite (e per questo ambite) del mercato del lavoro, oggi è divenuta vulnerabile e precaria come quasi tutte le altre.

A tracciare una fotografia della realtà del mondo bancario regionale è la Cgil dell’Aquila.

A essere penalizzati dalla riduzione del numero delle filiali sono soprattutto i piccoli comuni, specie quelli montani, per i quali la chiusura di uno sportello equivale alla perdita di un servizio essenziale.

Per la sua conformazione morfologica, la provincia dell'Aquila, nonostanrte, con i suoi 20mia 946 euro pro-capite, sia la prima provincia d’Abruzzo per ammontare dei depositi bancari (terza in tutto il centro-sud), rischia di essere quella maggiormente colpita da questa draconiana opera di tagli e accorpamenti.

Lo smantellamento della rete fisica di sportelli
dice la Cgil "non è una scelta che va incontro alla clientela" ma “ha come unico scopo la massimizzazione dei profitti delle banche".

“L'andamento dell’occupazione nel settore bancario nella Regione Abruzzo” affermano il segretario provinciale Francesco Marrelli e il segretario provinciale Fisac Luca Copersini “presenta un trend discendente ormai da oltre un decennio, negli ultimi anni tale tendenza si è accentuata in modo drammatico”.

“Nel triennio 2015-2017 il numero complessivo dei bancari si è ridotto di 736 unità, pari al 17% degli occupati”.

Per quanto concerne la Provincia dell’Aquila, subito dopo il sisma l'occupazione nel settore bancario aveva fatto registrare un forte incremento, quantificabile all'incirca nel 34% degli impiegati totali, soprattutto a seguito della scelta del gruppo Intesa Sanpaolo di aprire un centro di back office proprio all’Aquila”.

"I livelli occupazionali sono rimasti praticamente stabili per tre anni toccando un massimo di 1.071 addetti, salvo poi subire un brusco calo tra il 2011 ed il 2013: una perdita di 190 posti di lavoro, pari al 17% in soli due anni.

Due le cause di questo calo” spiega la Cgil “Il progressivo disimpegno degli istituti da un territorio che i danni del sisma avevano reso meno allettante dal punto di vista economico, ma soprattutto l'incorporazione della storica banca locale, la Carispaq, all'interno della Bper.  Lo stesso gruppo Intesa Sanpaolo ha progressivamente ridimensionato la sua presenza sul territorio”.

“Se guardiamo quindi l'andamento degli impiegati nel settore a partire dal 2010 al 2017” osserva la Cgil “rileviamo una perdita complessiva di 294 posti di lavoro, pari al 27% del totale, con una media annua del 3,4% degli addetti, più che doppia di quella rilevata a livello nazionale (1,5% nel medesimo periodo).  Avendo chiarito che i dati nella provincia dell’Aquila sono tutt'altro che confortanti, non possiamo fare a meno di esprimere forte preoccupazione per ciò che succederà in futuro”.

Tutti i grandi gruppi bancari” spiega la Cgil “stanno programmando chiusure di sportelli e ulteriori tagli di personale: in un territorio come il nostro, dove esistono numerosi comuni siti in zone montane o comunque logisticamente svantaggiate, il rischio che molte delle chiusure vadano a penalizzare le aree interne è estremamente concreto”.

Dobbiamo rilevare” affermano Marrelli e Copersini “come anche all’Aquila la riduzione di sportelli si sia fatta sensibile: se la chiusura delle sedi danneggiate dal sisma aveva dato modo di ridurre sensibilmente il numero di filiali (e spicca la scelta di Intesa Sanpaolo, che concentrò in una sola sede i 5 sportelli preesistenti), altrettanto sta avvenendo con il lento ritorno nel centro cittadino degli istituti: un esempio è rappresentato dal Monte Paschi di Siena, che è appena tornato nella storica sede chiudendo però le due filiali che avevano operato fino al giorno prima".

"Ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dalla riforma delle Bcc e dai processi di aggregazione che inizieranno dal prossimo anno. Ad oggi la Bcc di Roma rappresenta una delle più importanti realtà occupazionali del settore bancario nella provincia dell’Aquila: abbiamo avuto modo di verificare nel recente passato quanto pesante sia stato il costo da pagare in termini di occupati totali in occasione dell'incorporazione della Carispaq”.

“La riforma delle Bcc” avverte la Cgil “potrebbe avere un'ulteriore conseguenza negativa. La regione Abruzzo, a differenza di quanto avvenuto nelle altre regioni dove la Banca d'Italia ha conservato un'unica filiale posta nella città capoluogo, vanta ad oggi due sedi dell'Istituto di Vigilanza: quella dell'Aquila e quella di Pescara. Il venir meno di tante piccole Bcc ridurrà notevolmente gli adempimenti svolti dalla filali della Banca d'Italia, con il rischio più che concreto di chiudere almeno una delle due sedi presenti in Regione”.

Il progressivo smantellamento della rete fisica di sportelli” dice la Cgil “ha come unico scopo la massimizzazione dei profitti delle banche; contrariamente a quanto affermato dal top management degli istituti di credito non è una scelta che va incontro alle esigenze della clientela. Chiudere le filiali significa isolare i piccoli comuni, i cui abitanti rischiano di dover percorrere decine di chilometri anche per un piccolo prelievo. Significa emarginare un’intera fascia di popolazione, che per varie ragioni ha difficoltà nell’accesso e nell’utilizzo della rete internet, privandola di molti servizi bancari. Significa disumanizzare alcuni processi, come ad esempio la concessione di prestiti, trasformandoli in freddi algoritmi senza nessuna possibilità di colloquio tra cliente ed impiegato”.

“In una provincia che non riesce ancora a superare i traumi dovuti agli eventi sismici che l’hanno colpita negli ultimi anni” affermano ancora Marrelli e Copersini “significa creare ulteriori ostacoli ad una rinascita che appare sempre più problematica”.

“Un’ultima considerazione” concludono Marrelli e Copersini “Con i suoi 20mia 946 euro pro-capite, L’Aquila è la prima provincia d’Abruzzo per ammontare dei depositi bancari e postali, leggermente al di sotto della media nazionale (21.460 euro) ma al terzo posto in tutto il centro-sud dopo Roma e Avellino. Questo renderebbe la nostra provincia meritevole di altre attenzioni e di un miglior presidio del territorio da parte delle le grandi banche nazionali, che spesso si limitano invece a vederla come una zona in cui venire a raccogliere soldi destinati ad essere impiegati in altre Regioni”.

Ultima modifica il Venerdì, 01 Febbraio 2019 15:11

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