Partiamo dalla fredda cronaca: il Comune dell’Aquila non ha ancora approvato il bilancio consuntivo 2018; il rendiconto andava approntato entro il 30 aprile: nei giorni scorsi, il prefetto ha inviato una diffida intimando al Consiglio di procedere entro 20 giorni. Stamane, il documento finanziario è arrivato in Commissione e il 4 giugno prossimo verrà discusso dall’assise civica. Soltanto dopo si procederà all’approvazione del bilancio di previsione 2019, col termine ultimo prorogato al 30 giugno così come disposto dalla conferenza Stato-Regioni. Significa che fino alla fine di giugno si governerà in ‘dodicesimi’, con un minimo di programmazione, se ci sarà, che slitterà a dopo l’estate.
E’ una responsabilità grave dell’amministrazione comunale di centrodestra.
Di certo, a risponderne politicamente dovrebbe essere il sindaco Pierluigi Biondi che, in seguito alla cacciata dell’assessore al bilancio Anna Lisa Di Stefano ha tenuto per sé la delega al bilancio fino alla metà di marzo, con la programmazione finanziaria che ha risentito, evidentemente, del braccio di ferro col governo per i 10 milioni di euro necessari al riequilibrio e delle dimissioni del primo cittadino, poi ritirate, per le tensioni che attraversavano la coalizione di centrodestra, uscita a pezzi dalle elezioni regionali.
Tensioni che non sono state sopite, anzi. E così arriviamo ai retroscena politici che sottendono all’approvazione del rendiconto e del bilancio di previsione.
Se la vicenda non avesse riflessi quotidiani sulla vita dei cittadini, lo spettacolo offerto stamane dalla Commissione Bilancio avrebbe fatto pure sorridere: l’assise, convocata dal presidente Luigi Di Luzio dopo che all’ultima riunione era venuto meno il numero legale - un primo messaggio chiaro al sindaco Biondi e alla sua Giunta - ha audito l’assessore al bilancio Raffaele Daniele, il vice sindaco della città.
Ebbene, Daniele – pur essendo subentrato al sindaco Biondi poco più di un mese fa – è finito nel mirino delle opposizioni, com’era prevedibile, col silenzio complice di alcuni consiglieri di maggioranza che, anzi, non hanno mancato di rendere ancor più difficile il lavoro del presidente della Commissione e del vice sindaco. Ora, che l’assise di stamane sarebbe stata spinosa era piuttosto prevedibile, e va detto che i consiglieri di opposizione avrebbero potuto mostrarsi persino più intransigenti; per questo, ci si sarebbe aspettato ben altro atteggiamento dalle forze di maggioranza. D’altra parte, era altrettanto prevedibile che i mal di pancia manifestati dalle forze rimaste deluse dal rimpasto di Giunta avrebbero scatenato una guerra sotterranea, con il vice sindaco che, al momento, pur detenendo deleghe molto pesanti, è il più debole in seno all’esecutivo, non avendo gruppi consiliari alle spalle.
E così, i consiglieri formalmente ancora in Fratelli d’Italia, e alcuni ex forzisti, nel silenzio della Lega, hanno 'puntato' Daniele, dopo aver fatto la guerra, nei mesi scorsi, all’ex assessore Alessandro Piccinini, ‘spinto’ alle dimissioni, e a Carla Mannetti. Guarda caso, parliamo di ‘fedelissimi’ del sindaco Pierluigi Biondi che, al momento delle dimissioni poi ritirate, si era appoggiato proprio a Raffaele Daniele: un segno inequivocabile della spaccatura, oramai insanabile, tra una parte della maggioranza e il primo cittadino.
A farne le spese è la città, e sono passati oramai quasi due anni dall’insediamento di una maggioranza che non ha mai smesso di litigare e ha badato, piuttosto, a strappare posizioni utili in Parlamento e all’Emiciclo, che si ritrova con una amministrazione col fiato cortissimo, che va avanti davvero a fatica.
C’è da scommetterci: il Consiglio comunale del 4 giugno prossimo si trasformerà nell’ennesima resa dei conti interna. Lo ribadiamo: a seguito dello strappo imposto da Biondi con le dimissioni, e del conseguente rimpasto di Giunta, era prevedibile che ciò accadesse. Tuttavia, è il caso che la maggioranza mostri, finalmente, un poco di maturità oltre che di responsabilità: la città non può più sopportare, e non può di certo permettersi, che le beghe interne alle forze di centrodestra soffochino l’azione di governo, fino alla paralisi.