Neanche il tempo di prendere confidenza con il nuovo anno, neanche il tempo di far finire i saldi – dei quali, a dire il vero, è rimasto ben poco, tanto che in alcuni negozi sono già stati eliminati – , neanche il tempo di iniziare a dare una sbirciata a quello che potremmo sfoggiare quando il nostro naturale pallidume verrà sostituito da un incantevole e salutare aspetto bonne mine, che a New York, proprio in questi giorni, si mettono in scena quelli che saranno i precetti modaioli per il prossimo autunno/inverno. Seguiranno immediatamente dopo Londra, Milano e Parigi.
Un evento nato proprio nella Grande Mela durante la seconda guerra mondiale per ovviare al problema della ridottissima possibilità di spostamenti che impediva ai fortunati addetti ai lavori di recarsi nell’allora capitale europea del fashion, Parigi. Prima apparizione quindi nel 1943 col nome di “Press Week” organizzata da Eleanor Lambert, quella che oggi definiremo una P.R. ma che allora rivestiva ruoli estremamente più filantropici e culturali dei nostri moderni P.R. Geniale trovata utile anche per mettere in luce designer americani snobbati dai giornalisti conterranei che sognavano ad occhi aperti attraverso le stoffe e i grandi nomi d’oltreoceano, tanto che anche la testata Vogue, da sempre Bibbia in fatto di stile (perdonate la blasfemia), iniziò a strizzare gli occhi alla nascente moda.
Senza nascondersi dietro il dito dell’esterofilia, è noto che questi americani fanno le cose in grande e tutto ciò che potrebbe essere una corrente passeggera, loro la trasformano in tendenza globale e lungimirante. La “Fashion Week” ne è un esempio stupefacente! E noi ringraziamo.
Sono stati dei giorni con dei programmi da capogiro anche considerando solo le sfilate! E tutto ciò che gravita intorno? Party, promozioni… Ve l’immaginate il fermento in città?? OMG (“Oh, my God!”come dicono i teen dei telefilm)!!!
Nei giorni del delirio hanno trovato posto le firme della moda statunitense come lo sportivo Tommy Hilfiger che per quest’occasione ci ha mostrato modelle in vesti piuttosto boscaiole; Hugo Boss e le garanzie Ralph Lauren, Calvin Klein e Marc Jacobs.
Oltre a loro le promesse future di cui si è fatta regina indiscussa Victoria Bechkam, ai tempi Adams. Proprio quella che una quindicina d’anni fa svoltava il mondo del pop insieme alle altre quattro compari inneggiando ad una nuova rivoluzione femminile! Ancora oggi, orgogliosa dell’essere stata profonda estimatrice delle cinque ragazze speziate inglesi (e per estimatrice intendo anche vittima dell’assurdo merchandising che vi stava dietro), ricordo che consuetudine voleva affibbiarsi la Spice preferita e la mia senza dubbio era la Posh, Victoria appunto, che non ha mai ceduto al fascino della zeppona – segniamo la casella dei momenti di stile da dimenticare vissuti nella propria vita, al pari di quello delle camicie di flanella, periodo grounge – come le altre tre (una indossava solo scarpe da ginnastica), ostentando sempre delle scarpe con i tacchi, soprattutto a spillo. Ed era sempre elegante e compita, nei limiti degli atteggiamenti di una girl band, si capisce… E chi se ne importa se non sorrideva mai!
Adesso la signora Bechkam sorride e fa bene! Negli anni le cadute di stile si contano su una mano e, messa su una gran bella famiglia, a 40 anni riceve il nostro meritato plauso, mio e del mondo della moda, per una collezione elegante e composta, per i più matura. Le linee sono ultra femminili eppure abbondanti, ma senza esagerazione, e i dettagli la rendono accessibile alla maggior parte del mondo femminile: senza dubbio a quello che non ama particolarmente l’eccesso di colore ma che fa del tessuto monocromatico, preferibilmente scuro, il proprio cavallo di battaglia. Ai piedi delle modelle, poi, Manolo Blahnick e non so se mi sono spiegata…
Un piacere per gli occhi tanta eleganza e tanto stile, oltre che la soddisfazione per aver adocchiato tra le cinque quella giusta. E brava la Posh!