Martedì, 15 Dicembre 2020 10:39

L'Aquila, famiglie e piccole imprese in difficoltà: serve un piano di solidarietà. La proposta: il 2% delle tasse sospese che le imprese dovevano restituire a progetti solidali

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Si deciderà ad ore la nuova stretta di Natale.

Gli esperti del Comitato tecnico scientifico spingono per ulteriori restrizioni nei giorni di festa, sia per l'impossibilità di un controllo capillare del territorio, sia per via dei dati ancora “preoccupanti”, con un’incidenza dei nuovi casi ancora troppo alta (nell'ultimo monitoraggio era di 193 ogni 100 mila abitanti, quando dovrebbe essere a 50 ogni 100 mila per poter garantire il tracciamento).

Di qui, la necessità di misure da estendere e rafforzare con una sorta di lockdown per tutto il periodo natalizio. "Stiamo ragionando sulle 2 settimane delle vacanze, quello è il periodo più complicato" ha confermato il ministro della Salute, Roberto Speranza.

La necessità di una stretta è di fatto condivisa da tutto l'esecutivo. Ma sulle modalità, anche normative, non è stata ancora trovata una quadra complici le diverse sensibilità tra “rigoristi” e “aperturisti”. Anche per questo, non è ancora certo che la stretta di concretizzi trasformando, almeno nei giorni festivi e pre-festivi, tutta l'Italia in zona rossa.

Sta di fatto che è assai probabile che ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie resteranno chiusi, di certo nei giorni di festa e forse per un periodo più lungo, e così i negozi al dettaglio.

E' chiaro che se il governo dovesse muoversi in questa direzione, servirebbero ulteriori aiuti, ristori per le attività costrette alla chiusura e che rischiano davvero il tracollo.

Un tema particolarmente sentito all'Aquila, che non è una città come le altre: qui, il tessuto economico - fatto soprattutto di piccole e piccolissime intraprese imprenditoriali - si stava faticosamente risollevando dopo il terremoto, anche sulla spinta di incentivi che hanno convinto i commercianti ad investire in centro storico sebbene non si fosse ancora tornati alla normalità, tra cantieri aperti, aggregati da avviare a ricostruzione e la difficoltà di reinventare una vocazione sper il cuore pulsante della città. 

Ma la situazione non è di certo migliore per le attività in periferia, considerato pure che cresce il numero di famiglie in difficoltà economica: i dati diffusi a maggio scorso dalle 29 diverse realtà che, durante il lockdown, hanno lavorato sul territorio per distribuire viveri e beni di prima necessità alle famiglie che si trovavano in difficoltà, restituivano un quadro drammatico. La Casa del Volontariato Provinciale era arrivata a distribuire circa 270 pacchi alimentari, con cadenza settimanale, ad altrettante famiglie; la Caritas Diocesana circa 100 pacchi settimanali. La Croce Rossa Italiana ha assistito all’Aquila e nel comprensorio più di 1.000 persone, con un aumento degli 'assistiti saltuari', ossia non continuativi, di circa il 300% rispetto al 2019. La Rete Solidale, costituita a inizio emergenza da alcune realtà e collettivi sociali, a maggio aveva già consegnato 400 pacchi a 290 persone. Numeri mai visti prima e che non rientravano nell’assistenza ordinaria (circa 30 nuclei familiari) di Fraterna Tau.

Oggi la situazione è ancora peggiore e si aggraverà nei prossimi mesi.

Ecco perché serve un grande patto di solidarietà cittadina. 

Una prima buona notizia per L'Aquila e i comuni del cratere è arrivata dall'ultima seduta del Cipe che ha stanziato 6 milioni e mezzo di euro, a valere sui fondi Restart, per ristorare le imprese del territorio che hanno sofferto gli effetti della pandemia. Ora bisogna fare in modo, però, che i fondi vengano trasferiti ai beneficiari in modo tempestivo: in questo senso, la scelta di affidare la gestione delle risorse ad Invitalia non lascia tranquilli se è vero che la società ha tempi e procedure burocratiche lunghe che non si addicono ai piccoli bandi e, di certo, non rispondono alle esigenze di tempo che la drammatica situazione richiede. 

Altra boccata d'ossigeno, stavolta per le famiglie in difficoltà, verrà dall'attuazione del Decreto Legge 154 del 23 novembre scorso che ha destinato 368mila euro al Comune dell'Aquila per attuare misure urgenti di solidarietà alimentare; l'Ente ha pubblicato il bando che è scaduto oggi: l'amministrazione attiva ha deciso di destinare 348mila euro all'acquisto di generi alimentari per le famiglie bisognose mentre i restanti 20mila verranno utilizzati per spese in beni di prima necessità o prodotti dedicati all’infanzia tramite la Casa del volontariato provinciale dell’Aquila.

Di nuovo, l'auspicio è che le somme - stavolta - vengano trasferite in fretta, già nei prossimi giorni. 

Ma non basta.

Serve uno sforzo straordinario, anche per i prossimi mesi che si preannunciano difficilissimi, e per questo il Comune dell'Aquila dovrebbe farsi parte attiva per fare da cabina di regia ad un piano di solidarietà che chiami in causa i singoli cittadini che ne abbiano la possibilità ma soprattutto le imprese della ricostruzione. Ad oggi, nel solo Comune dell'Aquila sono stati erogati 7 miliardi e 100 milioni sui 12 miliardi e 200 milioni finanziati: un flusso di denaro enorme che, sebbene sia stato reinvestito in iniziative sociali, culturali e di solidarietà da alcune imprese virtuose, non hanno dato respiro al tessuto economico territoriale, allargando in maniera significativa la forbice sociale, e dunque le disuguaglianze. Tant'è vero che aumentano le famiglie in difficoltà, come dicevamo, e ciò significa che c'è una minore capacità di spesa che soffoca le piccole attività, ora ulteriormente gravate dalla pandemia. 

Un circolo vizioso che rischia di avvitare il territorio ad una crisi dai contorni difficili da decifrare. 

E dunque, si parta dalle imprese che, a seguito di una lunga battaglia condotta dall'intero territorio - dalla politica, dalle categorie, dai sindacati, dalla stampa locale e persino da semplici cittadini - ha permesso di vincere il braccio di ferro con l'Europa che richiedeva la restituzione delle tasse sospese a seguito del sisma; stiamo parlando di circa 290 imprese che avrebbero dovuto restituire, in una unica soluzione, circa 130 milioni di euro (interessi compresi). Ecco, se le imprese destinassero il 2% di quanto avrebbero dovuto rendere a progetti di sostegno alle piccole attività del cratere costrette a chiudere le saracinesche in questo periodo e alle famiglie indigenti, avremmo un plafond di 2 milioni e 600 mila euro da aggiungere alle risorse già stanziate. 

Si tratterebbe di un segnale importante, di solidarietà e di tenuta di un sistema comunitario, prima ancora che economico e sociale, che rischia davvero di disgregarsi.

Ultima modifica il Martedì, 15 Dicembre 2020 18:59

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