Pagamento immediato dei ristori previsti dal Cura Abruzzo 1 e 2, riapertura delle attività con protocolli chiari e definitivi, abbattimento delle aliquote Iva dal 10 al 4% nel settore turistico e della ristorazione, sospensione delle imposte dirette e indirette per l’annualità 2020/2021 e successiva restituzione in 120 mesi con abbattimento del 60% delle imposte indirette.
E ancora, l’apertura dei confini tra regioni di colore giallo per fini turistici, l’erogazione di finanziamenti pubblici per l’acquisto di macchinari di sanificazione ambientale, l’aumento dal 20 al 50% della ‘Decontribuzione sud’ per cinque anni, con la decontribuzione totale sulle nuove assunzioni per gli over 40 licenziati a seguito dell’emergenza covid-19.
Sono alcune delle proposte del Comitato spontaneo dei lavoratori della provincia dell’Aquila che riunisce operatori turistici, della ristorazione, dell’accoglienza e della montagna; proposte contenute in un documento in 19 punti presentato stamane, in occasione di un sit-in organizzato all’Emiciclo, e che verrà portato all’attenzione dei decisori politici regionali.
Ad ascoltare le richieste dei lavoratori c’erano il vice presidente della Giunta regionale Emanuele Imprudente e il consigliere regionale di opposizione Americo Di Benedetto.
Alcune delle misure proposte, evidentemente, potrebbero essere adottate subito da Regione Abruzzo; altre si chiede vengano portate al tavolo della Conferenza Stato-Regioni.
Il Comitato ha tenuto a sottolineare che, fino ad ora, l’interlocuzione con l’Ente è stata assolutamente insoddisfacente, e non solo per la tardiva erogazione dei ristori pure previsti nel Cura Abruzzo 1 e 2. “Ci fa piacere che il partito dei Fratelli d’Italia si dica al fianco dei lavoratori, ed in particolare degli operatori della montagna e della ristorazione, ma vorremmo vedere dei fatti concreti, e oggi ci saremmo aspettati che fosse presente il presidente Marco Marsilio”, l’affondo.
D’altra parte, i lavoratori denunciano che l’economia della provincia dell’Aquila che si basa sulla montagna e sui servizi connessi, dalla ristorazione all’accoglienza alle proposte sportive, è stata dimenticata e, anzi, danneggiata dalle scelte assunte a livello regionale e di Governo.
Con l’emergenza sanitaria bisogna imparare a convivere, è stato ribadito; al contrario, le attività imprenditoriali pagano la mancata gestione dell’emergenza: “eppure, l’85% del bilancio della Regione è destinato proprio alla sanità. Stiamo toccando con mano quali sono i risultati: non sono state attuate le assistenze domiciliari col conseguente sovraffollamento degli ospedali, in un anno non sono state create strutture ospedaliere tali da far fronte alla situazione sanitaria e, ad oggi, ci vogliono almeno 48 ore per avere il risultato di un tampone con una scarsa capacità di tracciamento da parte della Regione”.
Una inefficienza che viene pagata anche dagli operatori economici, ed in particolare da quelli che sono attivi in montagna e che, oggi, si sentono discriminati, costretti a restare chiusi, a non poter operare, dopo che l’estate, invece, ha rappresentato una sorta di ‘liberi tutti’, come se l’economia del paese e del nostro territorio si basasse soltanto sul turismo estivo.
“Chiediamo la trasformazione dei ristori in indennizzi che non siano inferiori al 50% del mancato fatturato rispetto alle medie delle due annualità precedenti 2018/2019; chiediamo l’istituzione di un fondo di solidarietà costituito al 30% dagli stipendi della politica da distribuire in modalità di mutuo soccorso. Ma soprattutto, chiediamo di poter lavorare, operando in sicurezza e con protocolli chiari, capaci di valutare le diverse situazioni, e non standardizzati”.