Giovedì, 29 Aprile 2021 16:23

Regolarizzazione, i lavoratori migranti in piazza: “Non siamo invisibili”

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Diritto al lavoro e regolarizzazione della propria posizione. A chiederlo oggi, nella giornata di mobilitazione nazionale promossa dall’Usb davanti alle Prefetture di tutta Italia, i lavoratori stranieri del settore agricolo e di quello domestico, le due categorie a cui la cosiddetta “sanatoria” varata dal Dl Rilancio su proposta dell’allora Ministra alle Politiche agricole Teresa Bellanova, ha aperto la strada della regolarizzazione.

A nove mesi dall’approvazione della misura, e dalla presentazione della domanda di regolarizzazione, centinaia di migliaia di lavoratori stranieri (16mila solo in Abruzzo) attendono ancora un risposta. Il provvedimento, che avrebbe dovuto colpire il il lavoro nero e il caporalato, non sta funzionando proprio nel suo punto fondamentale, annunciato l’anno scorso dalla stessa Ministra Bellanova in lacrime: rendere gli invisibili meno invisibili.

Ad oggi soltanto pochi degli aventi diritto sono riusciti ad ottenere la regolarizzazione. Tutti gli altri, la maggioranza, pur lavorando in Italia vivono senza documenti in regola e, quindi, senza i diritti fondamentali, come quello all’assistenza medica, alla fruizione dei servizi (rapporti con le A.S.L., apertura di un conto corrente, conseguimento dei titoli di guida, etc.), e senza la possibilità di far valere le prerogative fondamentali sul posto di lavoro.

“L’anno scorso abbiamo visto tutti l’allora Ministra Bellanova annunciare commossa questa misura volta a sanare il lavoro nero. Ma a nove mesi dall’entrata in vigore della sanatoria, chi ha presentato domanda di regolarizzazione non ha visto cambiare la propria condizione. Sono braccianti agricoli e lavoratori domestici che prestano assistenza a persone non autosufficienti, con patologie o disabilità. Lavoratori necessari a questo paese eppure invisibili ” ci spiega Yacouba Saganogo, referente dell'USB, in presidio davanti la prefettura dell’Aquila insieme a una rappresentanza di lavoratori provenienti da tutta la regione.

La modalità di presentazione della domanda di regolarizzazione, inoltre, espone i lavoratori a varie forme di ricatto. La sanatoria prevede infatti un doppio binario. Da un lato i datori di lavoro possono assumere un cittadino straniero presente sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020 o dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, in corso, con cittadini italiani o stranieri. Questa procedura comporta la regolarizzazione della posizione lavorativa per chi ha già il permesso di soggiorno; per chi invece non ce l’ha, l’ottenimento del permesso è subordinato all’assunzione, alla regolarizzazione lavorativa e al pagamento di un contributo forfettario di 500 euro. “Oggi con tutte le difficoltà di lavoro conseguenti alla pandemia, nessun datore di lavoro è disposto ad anticipare i soldi. Molti lavoratori, sperando di ottenere il permesso di soggiorno, li hanno anticipati di tasca loro e hanno anche iniziato a pagare i contributi INPS, secondo un’altra prassi molto diffusa per cui il pagamento risulta in capo agli stessi lavoratori. E’ capitato anche che ci chiedessero il certificato di residenza, ma chi non ha il permesso di soggiorno come fa ad avere la residenza?”, chiede Yacouba Saganogo.

L’altra modalità di regolarizzazione, invece, prevede la presentazione della domanda direttamente da parte del lavoratore straniero con permesso scaduto dal 31 ottobre 2019. In questo caso, non è sempre possibile dimostrare l’esistenza del rapporto lavorativo.

Bakayoko Ben Siaka è un lavoratore domestico e sindacalista Usb. Da circa un anno vive a Sassa dove assiste una signora anziana. Ha fatto domanda di regolarizzazione lo scorso agosto e ad oggi non ha ancora ricevuto risposta. “Abbiamo presentato domanda, perché ancora non ci chiamano? Viviamo qui, lavoriamo, abbiamo pagato il contributo forfettario di 600 euro e paghiamo anche i contributi INPS, perché dobbiamo vivere senza documenti e senza diritti?”

“Noi siamo qui a rivendicare diritto e dignità - dice Mamadou Seydi che lavora all'Aquila come mediatore culturale - A L’Aquila ci sono moltissimi ragazzi stranieri che lavorano nei cantieri della ricostruzione o che assistono persone anziane. E’ una vergogna lasciarli senza diritti, servono a tutti e contribuiscono all’economia di questa città”.

In piazza, a sostenere i lavoratori, anche Sinistra Italiana. “Sosteniamo con forza le rivendicazioni di questi lavoratori, sfruttati e mal pagati perché costretti a lavorare in nero - afferma Pierluigi Iannarelli, segretario del Circolo di Sinistra Italiana L’Aquila - Chiediamo l’applicazione dei decreti 34 e 130 per quanto riguarda la regolarizzazione di questi lavoratori ma vogliamo anche commemorare i migliaia di migranti che perdono la vita nel Mediterraneo a causa della spietatezza e dell’indifferenza dei governi europei e chiedere con forza un nuovo piano nazionale per l’integrazione a l’accoglienza”.

Ultima modifica il Giovedì, 29 Aprile 2021 18:09

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