Lunedì, 02 Agosto 2021 17:03

I drammatici dati dell'abbandono bancario in provincia dell'Aquila: sportelli in 3 comuni su 10

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Da almeno 3 anni, Fisac e CGIL L'Aquila evidenziano i danni dell'abbandono bancario in provincia dell'Aquila.

L'esame dell'andamento 2020, sulla base dei dati reperibili dal sito della Banca D'Italia, evidenzia un forte peggioramento della situazione. "Il numero più drammatico, che salta immediatamente all'occhio - sottolineano il segretario generale della Cgil L'Aquila Francesco Marrelli e Luca Copersini, segretario provinciale Fisac - è quello dei comuni privi di qualsiasi sportello bancario. Se in Italia le banche sono presenti all'incirca in 2 comuni su 3, nella provincia dell'Aquila solo 3 comuni su 10 possono vantare la presenza di almeno una filiale di un istituto bancario. Il dato, già drammatico, è precipitato nel 2020, quando ben 5 comuni hanno visto abbassare le saracinesche delle banche presenti".

Se in Italia il numero di comuni senza banche scende del 2,27% in un anno, il dato abruzzese vede una riduzione doppia, -4,54% con un taglio di 7 comuni. Di questi sette, ben 5 sono comuni posti nella Provincia dell'Aquila che, quindi, vede un calo di oltre il 13% nel numero di località servite da banche.

E' interessante notare come tutti i comuni della Provincia dell'Aquila che lo scorso anno sono rimasti privi di servizi bancari abbiano pagato le scelte di un unico Gruppo bancario.

La tabella che segue riepiloga i dati relativi al numero di comuni nei quali è presente almeno uno sportello.

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Il fenomeno dell'abbandono non riguarda ovviamente solo i comuni più disagiati. "Le chiusure di sportelli toccano l'intero territorio nazionale, ma sono più numerose in Abruzzo e ancor di più nella nostra provincia", spiegano Marrelli e Copersini. "Così, se il dato nazionale evidenzia una riduzione complessiva del 3,42%, in Abruzzo la percentuale sale al 5,7%, con la Provincia dell'Aquila che, anche in questo caso, evidenzia una riduzione fortissima: 11,11%. E' bene precisare che tali riduzioni non hanno nulla a che vedere con il Covid, che anzi avrebbe dovuto consigliare il rinvio delle chiusure programmate, ma sono frutto di scelte fatte a tavolino dai grandi gruppi bancari, incuranti del fatto che chiudere filiali nel pieno della pandemia significava aumentare gli assembramenti in quelle che, restando aperte, avrebbero accolto maggiori flussi di clientela".

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L'ultimo dato che viene esaminato dalla Cgil è quello relativo al numero complessivo di impiegati nel settore bancario. "A livello nazionale prosegue l'andamento discendente che ha visto i bancari diminuire di 6.905 unità, pari ad un 2,45% del totale occupati nel settore. Ancora una volta i dati abruzzesi sono nettamente peggiori, con un calo percentuale sensibilmente maggiore (-4,42%) concentrato principalmente in provincia dell'Aquila, dove il calo percentuale è superiore al 6,55%".

Questi i dati complessivi:

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Quando si parla di riduzione di impiegati nel settore bancario, l'opinione pubblica tende ad essere indifferente, non riuscendo evidentemente a cogliere l'impatto fortissimo che questi numeri hanno sui territori. "Sappiamo quanto sia complicato continuare a vivere in uno dei nostri minuscoli comuni montani; pensiamo ad una piccola azienda che, nonostante tutto, voglia continuare ad operare in uno di questi comuni: il semplice fatto di doversi sobbarcare 60 o 70 Km solo per andare ad anticipare una fattura e tornare in sede può bastare a convincerla a lasciare il paesello. Oppure pensiamo ad un anziano, visto che la popolazione di questi insediamenti ha un'età media molto alta: doversi spostare anche solo di pochi km per ritirare la pensione può rappresentare un problema insormontabile".

Ma la questione non riguarda solo i comuni più piccoli. "Stiamo assistendo ad un rapido abbandono del Centro-Sud da parte dei grandi istituti: ormai il 40% di tutti gli sportelli bancari è concentrato in sole 3 regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto). Questo non è indolore. Sappiamo per certo che quanto più chi deve concedere credito si allontana da un territorio, tanto più il rubinetto dei finanziamenti tende a chiudersi. Sono considerazioni che abbiamo fatto più volte, ma adesso si vedono in concreto gli effetti sul territorio. Possiamo rendercene conto esaminando quanto accaduto dopo il lockdown causato dalla prima ondata pandemica. Il Governo ha stanziato fondi di garanzia che coprivano tra l'80% e il 100% dei finanziamenti concessi alle imprese per ripartire dopo lo stop obbligato. In pratica, le banche potevano concedere nuovo credito rischiando poco o nulla; questo ha fatto sì che a livello nazionale l'ammontare complessivo dei crediti accordati dalle banche facesse registrare un aumento del 5%. In Abruzzo tale incremento è stato del 2,6%, cioè la metà rispetto al dato nazionale".

Come si spiega questo dato? "Con il fatto che, a fronte dell'erogazione di finanziamenti garantiti per un importo di 2.108 miliardi, ben 1.586 sono stati utilizzati per assorbire prestiti preesistenti, con evidente vantaggio per le banche che hanno potuto sostituire finanziamenti a rischio con prestiti quasi interamente garantiti dallo Stato. (dati ricavati da un'analisi effettuata dall’associazione Focus Abruzzo, sulla base di una recente ricerca dell’economista Aldo Ronci sul credito durante l’emergenza covid-19, per conto della Cna)".

Cosa significa questo, all'atto pratico? "Che le banche operanti nella nostra Regione, piuttosto che agevolare la ripartenza post covid fornendo alle aziende abruzzese il carburante per investire e superare la crisi, hanno preferito pensare a come rientrare dei finanziamenti già accordati. Un chiaro segnale di scarso interesse per il futuro del nostro territorio, rispetto al quale hanno preferito cercare una via di fuga che permettesse di limitare al massimo le possibili perdite".

Per inciso: anche su questo tema la Fisac e la CGIL L'Aquila avevano inutilmente provato a lanciare l'allarme. "C'è un'immagine che rappresenta in modo fedele gli effetti delle scelte dei grandi istituti, sempre meno propensi ad investire nel Centro-Sud", proseguono Marrelli e Copersini. "La cartina che segue evidenzia l'andamento del credito alle famiglie negli ultimi 12 mesi. (Fonte: Banca d'Italia. Aggiornamento a marzo 2021).

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Si nota abbastanza chiaramente come il colore delle regioni, salvo rare eccezioni, tenda a diventare più chiaro man mano che ci si sposta verso sud. Emerge inoltre che in questa triste graduatoria della 'parsimonia' bancaria, Molise e Abruzzo occupano purtroppo la seconda e la terza posizione in classifica. Non sono solo freddi numeri: significa che in queste regioni tante famiglie hanno dovuto rinunciare a comprare una casa, a cambiare la macchina, a far studiare i figli. Ma significa anche che tante aziende hanno dovuto chiudere, tanti posti di lavoro sono stati persi".

Se guardiamo i dati relativi al tasso di disoccupazione giovanile in Provincia dell'Aquila, ci accorgiamo che l'andamento del 2020 evidenzia un netto peggioramento. 

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Le cause di un andamento così negativo sono molteplici e non riconducibili esclusivamente alle politiche dei grandi Gruppi Creditizi; ma è evidente che la carenza di servizi bancari e la difficoltà crescente nell'accesso al credito sono elementi che contribuiscono in modo determinante a spiegare questi numeri. "Appare inspiegabile il totale disinteresse di fronte a queste problematiche da parte della politica, per la quale il mantenimento di livelli minimi di copertura bancaria del territorio dovrebbe rappresentare un tema prioritario, oltre che un preciso dovere previsto dalla Costituzione. In base a quanto previsto dall'art. 47 le istituzioni avrebbero infatti il compito di disciplinare, coordinare e controllare l'esercizio del credito. Difficile capire se tale disinteresse sia causato da incapacità di comprendere la gravità della situazione o da connivenza (le banche hanno da sempre una forte capacità di orientare le scelte politiche: non è un caso che a Palazzo Chigi sieda un banchiere). In entrambi i casi, c'è di che essere molto preoccupati". 

Ultima modifica il Lunedì, 02 Agosto 2021 17:44

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