Martedì, 07 Settembre 2021 11:50

Cgil L'Aquila: il libero mercato secondo le banche

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo la riflessione di Francesco Marrelli, segretario segretario generale Cgil provincia dell'Aquila, e Luca Copersini, segretario provinciale Fisac. 

 

Le persone che lavorano in banca sono sempre di meno, e diminuiranno ancora: evidentemente le aziende le ritengono non necessarie ad attività con un altissimo grado di automazione. E ovviamente, sono sempre di meno le filiali.

E’ un tema del quale ci siamo occupati in diverse occasioni, sottolineando come le chiusure non siano uguali in tutto il territorio nazionale: le banche tendono a concentrarle nelle zone in cui ritengono di avere minori prospettive di guadagno.

Questo sta comportando differenze enormi e crescenti nella possibilità di accesso al credito tra le varie regioni, con ovvia penalizzazione del Centro-Sud rispetto al Nord Italia.

Per farsi un’idea del fenomeno è sufficiente guardare questa cartina (L’immagine è tratta dal rapporto Gen/2021: Economia e credito delle Regioni Italiane prodotto dall’istituto di ricerca IRSF-LAB).

mappabanche

 

Rappresenta la concessione di credito pro-capite ai residenti delle varie regioni italiane. Con l’eccezione del Lazio, dovuta al fatto che molte grandi aziende hanno sede nella Capitale, è assolutamente evidente come il colore delle regioni tenda a divenire sempre più chiaro man mano che si scende verso sud, fino ad un omogeneo giallo paglierino per tutte le regioni del Mezzogiorno.

Quest’immagine dice una cosa ben precisa: per le regioni in difficoltà economica non esiste possibilità di riscatto, andranno anzi verso un ulteriore impoverimento visto che sarà sempre più difficile riuscire a finanziare nuove attività che possano rimpiazzare quelle che chiudono. E le banche hanno pesanti responsabilità in tal senso.

Se c’è una tesi che non si può assolutamente sostenere è che le banche siano aziende in crisi. I bilanci relativi al primo semestre del 2021 parlano di aziende molto floride, spesso con risultati ai massimi storici, per le quali evidentemente c’è un solo motivo per tagliare dipendenti e filiali: guadagnano tanto, tantissimo (quasi 6 miliardi per i primi 6 gruppi) ma non gli basta e vogliono di più, ancora di più. Gli istituti creditizi minimizzano l’abbandono di buona parte del Paese continuando a millantare fantomatici legami con territori che in realtà stanno contribuendo ad impoverire, in quanto aziende private rivendicano il diritto di massimizzare i loro profitti.

Ma è proprio così?

Ci sarebbe l’art. 47 della Costituzione che impone allo Stato il controllo dell’esercizio del credito che, se applicato, porrebbe delle concrete limitazioni alla libertà di manovra dei CdA delle Banche. Ma l’articolo viene ignorato perché le banche, ma soprattutto i politici, hanno una strana concezione del “Libero Mercato”.

IL CASO UNICREDIT – MPS

Quanto sta accadendo in questi giorni è assolutamente emblematico.

Dopo aver speso circa 20 miliardi di soldi pubblici per tenere in vita il Monte Paschi di Siena, lo Stato decide che basta così e cerca un’acquirente.

Proviamo ad immaginare un ipotetico dialogo tra i vertici di Unicredit (in grassetto) e i rappresentanti del Governo:

 

Buongiorno, abbiamo saputo che cercate un acquirente per il Monte Paschi. Ok, lo prendiamo noi.

Ottimo, allora prepariamo i documenti e…

Un attimo. Lo prendiamo, ma non tutto tutto. I crediti problematici ve li tenete. Non pretenderete mica di deteriorare i nostri indici patrimoniali?

E va bene. In fondo lo abbiamo fatto per tutti i precedenti salvataggi. Si tratterà di accollarsi le perdite, ma a questo punto qualche miliardo in più cosa volete che sia? Quindi siamo d’accordo?

E no. Anche senza crediti problematici a noi il Centro-Sud non interessa. Anche quello ve lo tenete voi.

Noi? E che ci facciamo?

Affari vostri. Trovate un altro acquirente.

Non sta andando come avremmo voluto. Però non abbiamo alternative, quindi… OK! Affare fatto?

Non ancora. Dobbiamo parlare di soldi. Non vorrete che ci prendiamo una banca importante come il Monte Paschi gratis? Non sarebbe giusto!

Certo che no, non sarebbe giusto. Quindi…

Quindi dovete pagarci!

Cosa? noi dobbiamo pagare voi?

Certo. Diciamo che un 5 o 6 miliardi di crediti d’imposta dovrebbero bastare.

 

Scusate il tono parodistico, ma è il modo migliore per rendere l’idea di una trattativa surreale. E che davvero non si capisce come possa rientrare nel concetto di “Libero mercato”.

Non è un caso isolato: sono state per molti versi simili le operazioni di “salvataggio” di cui in passato hanno beneficiato importanti gruppi bancari. Ricordiamo le più importanti: Intesa per Popolare di Vicenza e Veneto Banca, UBI (e quindi poi, indirettamente, ancora Intesa) per Banca Marche, Carichieti ed Etruria, BPER per Cariferrara.

I grandi gruppi bancari sono accomunati da progetti ambiziosi, fatti di chiusure di filiali ed abbandono dei territori meno appetibili, di tagli occupazionali e contestuale crescita dei compensi ai top manager. E ritengono di essere nel pieno diritto di farlo, dichiarando di dover rispondere solo agli azionisti ed alla ricerca del profitto, che evidentemente pensano possa crescere all’infinito in barba a tutte le leggi dell’economia.

Davvero tutto questo si può considerare normale? Davvero si può parlare di libero mercato quando le perdite sono a carico dello Stato (cioè le paghiamo tutti noi) e gli utili sono ad esclusivo vantaggio di azionisti che sembrano non accontentarsi mai? Non sarebbe doveroso imporre alle banche che hanno usufruito di pesanti erogazioni statali dei vincoli che impediscano la desertificazione di oltre metà del paese?

Sono evidenti le responsabilità della Politica, che si sottrae scientemente ad un suo dovere costituzionalmente previsto.

Ma sappiamo che tra banche e politica non c’è il rapporto che ci si aspetterebbe tra controllore e controllato, quanto piuttosto un continuo scambio con reciproci benefici. E per rendercene conto, un esempio molto valido possiamo trarlo ancora dalla recente vicenda Unicredit-Monte Paschi. Nel 2008, l’allora Ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan nazionalizzò MPS, con una spesa (pubblica) di 8 miliardi, affermando di averla salvata. In realtà, nel corso degli anni ulteriori iniezioni di denaro pubblico si sono rese necessarie per tenere a galla il Monte Paschi. Nel 2020 Padoan ha traslocato dalla politica alla presidenza di Unicredit, passando così dal ruolo di salvatore di MPS a sostenere che in realtà il Monte Paschi non vale niente, convincendo (impresa non così difficile) lo Stato a scucire altri soldi pubblici.

C’è poco da aggiungere, se non che ancor oggi la miglior definizione di “Libero Mercato” è quella attribuita ad Ernesto Che Guevara.

Il capitalismo? Libera volpe in libero pollaio

Forse la frase non è davvero sua, ma descrive esattamente quello che le banche intendono quando parlano di “Libero mercato”.

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