L’economia abruzzese decresce molto più velocemente rispetto al resto del paese.
E’ quanto emerge dal rapporto redatto dall’economista abruzzese Aldo Ronci che analizza l’andamento dell’economia abruzzese negli ultimi 20 anni.
I dati restituiscono l’immagine di un sistema produttivo regionale in difficoltà che, negli ultimi venti anni, ha registrato una flessione del Valore Aggiunto totale del 9,6%, tre volte maggiore rispetto a quella italiana che si attesta al 2,8%.
La crisi del sistema produttivo registrata in Abruzzo, che si colloca al tredicesimo posto della graduatoria nazionale, investe tutti i settori economici, in particolare quello dell’edilizia che nonostante i numerosi interventi di ricostruzione post-sisma ha subìto una flessione del Valore Aggiunto del 43,9%, ponendo la regione al terzultimo posto della graduatoria nazionale di settore.
“La flessione abruzzese - evidenzia il rapporto - attribuisce all’Abruzzo uno spread negativo di ben 6,8 punti percentuali che tende a crescere; lo spread tra le variazioni del Valore Aggiunto della regione rispetto ai valori medi nazionali è peggiore in tutti i settori economici con un picco nelle settore delle costruzioni: agricoltura -5,7 punti percentuali; industria -4,9%; costruzioni -21,4%; servizi -4,8%”.
La tendenza alla crescita dello spread è confermata dai dati socio-economici che prendono in considerazione la popolazione, la dinamica delle imprese e delle imprese artigiane e l’export nei primi nove mesi del del 2021.
Nel dettaglio, la popolazione abruzzese è passata da 1.281.012 abitanti del 31.12.20 a 1.275.984 del 30.09.21 registrando un decremento di 5.028 abitanti. In valori percentuali la flessione dello 0,39% della popolazione abruzzese è stata pari al 40% in più della decrescita italiana che ha registrato un decremento dello 0,28%.
Le imprese registrano un incremento di 1422 unità, pari, in valori percentuali, allo 0,96%: una crescita molto inferiore alla media italiana che si attesta invece sull’1,64%. Anche le imprese artigiane flettono dello 0,51%, in controtendenza con il dato italiano che ha registrato invece un incremento dello 0,67%.
Infine l’export abruzzese, che nei primi 9 mesi 2020 ammontava a 5.776 milioni di euro, nel periodo di riferimento è stato di 6.537, con un incremento del 13,2% molto inferiore al 20,1% nazionale.
Dietro le difficoltà dell’economia abruzzese di tenere il passo con il resto del paese, sottolinea Ronci, ci sono i problemi di carattere strutturale delle imprese abruzzesi, per il 96% micro e piccole aziende con scarsa propensione all’innovazione, e l’inefficacia di provvedimenti regionali poco attenti alle peculiarità del territorio.
“I numerosi provvedimenti e le notevoli risorse messe in campo finora dalla Regione Abruzzo non hanno dato i risultati sperati. L’Abruzzo - evidenzia Ronci - si suddivide in una zona occidentale montagnosa delimitata da una serie pressoché continua di montagne che costituiscono la parte più elevata di tutto l’Appennino; e in una zona orientale, collinare, incisa da numerosi solchi fluviali e digradante verso l’Adriatico. All’interno di queste due zone si trovano territori con caratteristiche socio-economiche molto diverse. A causa di provvedimenti che non hanno tenuto conto delle peculiarità del territorio regionale, i divari non esistono più soltanto tra le aree interne montane e quelle costiere e collinari ma anche all’interno delle stesse. In assenza di politiche specifiche, nel futuro prossimo assisteremo senza dubbio a un incremento del divario".
Lo strumento dell’Agenda Urbana, che prevede la suddivisione del territorio regionale in 7 aree urbane Funzionali che fanno riferimento alle città medie di Pescara-Chieti, Teramo, L’Aquila, Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto - osserva Ronci - “potrebbe avviare uno sviluppo armonico ed equilibrato dell’intero territorio abruzzese, dando impulso ai sistemi insediativi e ai settori produttivi, garantendo la tutela dell’ambiente, e fornendo le basi per efficaci politiche di sviluppo e per garantire alle popolazioni che vi risiedono i servizi essenziali ed indispensabili”.
Le debolezze del sistema produttivo abruzzese (composto per il 96% da micro e piccole imprese con scarsa propensione all’innovazione e che impiegano il 56% degli occupati) potrebbero invece essere corrette investendo risorse nel miglioramento della competitività. “Il Regional innovation index(RII) elaborato dalla Commissione europea, fornisce una valutazione sintetica della capacità innovativa delle singole economie regionali della UE. In base alle elaborazioni contenute nell’ultimo rapporto 2021, il punteggio assegnato all’Abruzzo pone la regione significativamente al di sotto della media dell’Italia. Un punto di particolare debolezza del sistema innovativo regionale è individuato nei minori investimenti in ricerca e sviluppo effettuati dal settore delle imprese. Per conseguire l’obiettivo dell’innovazione delle imprese abruzzesi, si potrebbe istituire un Centro Regionale per l’Innovazione che abbia il compito di: proporre nuovi prodotti e nuovi processi produttivi; fornire gli strumenti conoscitivi necessari; favorire la comunicazione tra imprese; introdurre la condivisione della conoscenza; assicurare sostegno nella definizione di obiettivi realistici e strategie praticabili”.