Mercoledì, 17 Settembre 2014 18:08

Quando gli ammortizzatori sociali non bastano: gli effetti perversi della cig in deroga

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Di Luigi Fiammata - Il primo agosto scorso, con un decreto interministeriale, il Governo è intervenuto sul sistema dei cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga.

Gli ammortizzatori sociali in deroga sono nati nel 2008 come risposta alla crisi economica, allora appena iniziata, attraverso un sostegno al reddito, limitato nel tempo, dedicato a chi non aveva più diritto a nulla secondo la legislazione ordinaria, ed in presenza comunque di particolari requisiti d’accesso. In attesa di una riforma complessiva delle forme di tutela per chi era licenziato e senza lavoro.

Il governo Berlusconi, poi, decise di utilizzare i fondi europei destinati alle politiche attive del lavoro, per sostenere invece, attraverso il trasferimento di quelle risorse alle Regioni, chi non aveva più alcuno strumento di tutela, dopo la cassa integrazione, l’indennità di disoccupazione, o quella di mobilità ordinaria. Da allora non è cambiato nulla e non ci sono risorse aggiuntive. Anzi.

Un esercito di persone, via via gonfiatosi, per effetto della crisi economica che non cessa di distruggere posti di lavoro, ma anche per effetto dell'assenza di qualunque reale politica industriale o di sostegno all’economia.

Ogni regione, nel tempo, ha stabilito suoi criteri e priorità di intervento, sulla base di regole comunque generali.

In Abruzzo, ad esempio, per un periodo lungo è stato introdotto uno speciale capitolo di spesa, dedicato ai lavoratori colpiti dalla perdita di occupazione anche per effetto del sisma del 2009. Anche se le risorse dedicate poi, in realtà, sono state spese comunque in tutto l’Abruzzo.

E, certamente, i 500 euro al mese, più o meno, in cui consiste per esempio la cosiddetta mobilità in deroga, sono insufficienti a sostenere una persona, o magari una famiglia monoreddito. Soprattutto se si pensa che in Abruzzo, solo ora, si sta provvedendo, forse, al pagamento delle mensilità di gennaio e febbraio 2014.

Dal 2008 ad oggi, di proroga in proroga, si è costituito un bacino di lavoratori molto ampio, sostenuto da questi strumenti. Centinaia di persone, solo nella nostra città.

Ma, dal 2008 ad oggi, l’intervento delle istituzioni regionali, insieme alle associazioni datoriali, e alle organizzazioni sindacali, che insieme siedono nel Cicas (Comitato di Intervento sulle Crisi Aziendali e di Settore che governa queste materie) è stato esclusivamente teso ad un sostegno “passivo”, per chi ha perso, o rischiava di perdere l’occupazione.

Non vi è stato alcun provvedimento reale, dedicato specificamente a questi lavoratori, di politica attiva del lavoro. Solo il mercato avrebbe risolto la loro situazione.

E il mercato, spesso, ha significato anche lavoro nero, per queste persone. Lavoro nero come meccanismo di integrazione all’indennità pagata dall’Inps. Per le donne, è divenuto un modo persino per incentivare il restare a casa, senza lavoro, ma retribuite.

In sostanza, in una situazione di grave difficoltà sociale ed economica complessiva, prolungata nel tempo, senza una reale volontà riformatrice di livello nazionale, e senza positivi interventi pure possibili a livello locale, gli strumenti di ammortizzazione sociale in deroga hanno rischiato di trasformarsi (e in parte lo sono diventati ), in strumenti distorsivi del mercato del lavoro, creando una ulteriore sacca di esclusione, e in taluni casi di passivizzazione, senza reali prospettive.

Ora, anche l’Abruzzo, con la riunione del Cicas dell’8 settembre scorso, si allinea alle decisioni governative assunte con il decreto interministeriale del primo agosto.

Questo significa che, chi ha percepito un sostegno al reddito, per più di tre anni, alla data odierna, verrà sostenuto solo fino ad agosto 2014. Tutti gli altri, potranno essere sostenuti per un massimo di tre anni e otto mesi, e comunque non oltre il 31/12/2016.

L’impatto di questa decisione è pesantissimo.

Centinaia di persone non avranno più alcun sostegno al reddito nella nostra città.

Si pensi ad esempio ai lavoratori della Cooperativa XXIV Luglio, o alle lavoratrici impiegate dalle Suore Zelatrici del Sacro Cuore; o ai tanti lavoratori dell’azienda Compass, che era impegnata nei servizi alberghieri all’interno della Reiss Romoli.

Sono solo alcune delle situazioni, grandi e piccole, che, o a causa della crisi economica, o a causa dell’impossibilità a riprendere il lavoro per tante aziende dopo il sisma del 2009, a partire da oggi, restano ancor più sole e nude di fronte a difficoltà drammatiche. Anche dal punto di vista umano.

Nessuna fase di transizione, o nessun intervento di carattere generale che rinnovi il sistema degli ammortizzatori sociali nel nostro Paese; un sistema ormai del tutto inadeguato a far fronte ad una realtà economica radicalmente mutata da quando il sistema di tutele, per chi perde o rischia di perdere il lavoro, è stato costruito. La pura e semplice cessazione di un trattamento, che pure ha contribuito a generare alcuni fenomeni negativi, è devastante indifferenza sociale.

Peraltro, in Abruzzo, sembra che una omissione tecnica, per come è scritto il verbale del Cicas, cui si spera si possa porre rimedio, ad oggi, secondo l’Inps, renderebbe impossibile poter fruire della mobilità in deroga per tutti coloro i quali abbiano i requisiti e maturino il diritto, a partire dal primo settembre 2014.

Se permanesse questa situazione, i lavoratori della Sanatrix, ad esempio, per i quali stanno arrivando a conclusione i trattamenti di indennità di disoccupazione, resterebbero immediatamente senza più alcun sostegno. Creando così una situazione di disparità intollerabile con altri lavoratori che pure fino ad oggi sono stati sostenuti.

In sostanza, si è ormai giunti ad un punto finale, con l’intervento del Governo, cui ha fatto seguito quello del Cicas che vede in Abruzzo presenti, come co-decisori, tutti i soggetti sociali. Senza che sia alle viste un sistema alternativo, ed in quadro di ancora pesante difficoltà economica. Il mercato non risolverà un bel nulla, e nessuna politica di riorientamento, formazione, dedicata a chi si trovava in questa condizione spesso assai difficile è in campo.

Eppure, forse, accanto ad una rinnovata politica industriale nazionale, una politica di impieghi socialmente utili; diversa dal passato, non parassitaria, alimentata anche dagli enti locali, capace di coinvolgere soggetti privati anche del Terzo settore, forse avrebbe potuto costruire una risposta degna ad un problema che è strutturale. Quello della espulsione di quantità di persone sempre più rilevanti da un mercato del lavoro, che, in forza delle leggi via via emanate, è divenuto una giungla violenta, in cui, ormai, appare persino inevitabile la guerra tra poveri, prima ancora che la lotta alle cause della disoccupazione.

Da adesso in poi, anche in Abruzzo, la via della disperazione è più semplice da incontrare.

 

Ultima modifica il Giovedì, 18 Settembre 2014 11:44

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