Mercoledì, 10 Luglio 2013 14:20

Zona franca, le graduatorie: aiuto al territorio o ennesima occasione persa?

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Nel pomeriggio di ieri, finalmente, è uscita la graduatoria riguardante l’erogazione dei fondi relativi alla Zona franca urbana, istituita con decreto del 26 giugno 2012. Le aziende beneficiarie sono 4264, anche se per alcune l’agevolazione è ancora sospesa in attesa delle verifica del rispetto del regolamento dell’Unione Europea. Le nuove imprese sono 772: tra le altre c’è anche NewsTown Srl, società editrice di questa testata e di cui noi giornalisti siamo unici soci.

Una bella boccata d’ossigeno per la città, non c’è dubbio. Andrebbero chiarite, però, alcune questioni. Ci proviamo. Innanzitutto, non è esatto parlare di 'Zona franca urbana'. La Zfu, infatti, è destinata ad un quartiere o ad una circoscrizione disagiata all’interno di una città con non più di 30mila abitanti, a cui il Governo decide di attribuire dei mezzi eccezionali per favorire la rivitalizzazione economica.

La scelta delle aree avviene in base a parametri socio-economici ben definiti: numero di abitanti, numero di disoccupati e numero di persone uscite anticipatamente dal percorso formativo scolastico. Lo spirito della legge è accordare un regime di esonero contributivo e fiscale alle piccole imprese che si insediano nella zona individuata. In cambio, le aziende devono riservare almeno il 30% dei posti di lavoro ai residenti. E’ quanto successo al quartiere Rancitelli di Pescara, per intenderci.

In altre parole, per adattare questa misura alle esigenze dell’Aquila, sarebbe stato necessario un percorso normativo europeo capace di recepire aspetti inediti da supportare con precise richieste, opportunamente documentate dallo Stato italiano. Le agevolazioni europee, infatti, si basano su principi generali che, se accolti, devono essere concessi a tutti gli Stati dell’Unione. Quindi si trattava di decidere se questa misura, in tali proporzioni, potesse essere concessa non solo qui ma a tutte le città europee eventualmente colpite da catastrofi naturali. 

A L'Aquila è stato adottato il 'regime de minimis', una sorta di modalità semplificata che permette l'istituzione, da parte degli stati membri dell’Ue, di alcuni tipi di aiuto per le aziende. Tale facilitazione si basa sul presupposto che gli aiuti di stato, se inferiori ad una certa soglia, non violano la concorrenza tra imprese. In pratica un'apposita normativa, il Regolamento (CE) N. 1998/2006, stabilisce una serie di condizioni che devono essere rispettate affinché un aiuto possa essere considerato "di importo minore". Se lo stato membro rispetta questi limiti nell'istituire un regime di aiuto lo può considerare automaticamente approvato dalla Commissione. In compenso, le imprese non possono ricevere più di 200 mila euro in tre anni. 

A Bruxelles, in realtà, hanno provato a spiegare ai nostri politici, sin dai primi mesi dopo il terremoto, che era assai più semplice e praticabile la via del 'regime de minimis'. Si è tentata, però, una improbabile azione politico-elettorale. E abbiamo perso almeno tre anni. L’aveva già denunciato il segretario provinciale della Cgil, Umberto Trasatti, in una intervista a NewsTown di qualche tempo fa: “la politica, la Regione Abruzzo in particolare, ha iniziato ad annunciare che avremmo ottenuto la Zfu in un mese, in due mesi... De Matteis ci si è giocato la campagna elettorale, finché non siamo stati ricevuti a Bruxelles e il Parlamento Europeo ha spiegato che non avevamo i requisiti. Hanno detto chiaramente che, sin dal primo giorno, bisognava puntare alde minimis. Così, Gianni Chiodi ha messo una pezza per accontentare tutti e l'ha chiamataZona franca de minimis. Altro non è che ilde minimis, però, che avremmo potuto ottenere già a luglio del 2009, quando molte delle imprese del territorio potevano ancora salvarsi. Adesso, finalmente, questi soldi ci sono e vanno assolutamente utilizzati”.

I soldi ci sono, in effetti. Un plafond di 90 milioni di euro, suddiviso tra le 4264 aziende aquilane che hanno dimostrato di avere i requisiti richiesti e che otterranno agevolazioni fiscali e contributive fino al tetto massimo stabilito, più o meno dai 17mila ai 23mila euro. Un finanziamento a pioggia: presa una torta, la si è suddivisa equamente tra tutti. Così, le aziende avranno un aiuto in un momento di crisi nerissima per le piccole e medie imprese.

La riflessione che ne consegue è squisitamente politica: se è vero, come ha sottolineato Umberto Trasatti ai nostri microfoni, che sarebbe stato difficile destinare ad alcuni e non a tutti i fondi previsti dal 'de minimis' e che si sta comunque parlando di 90 milioni di euro che non potranno che sostenere gli imprenditori del cratere nei prossimi mesi, è vero anche che, per come è stata immaginata, la misura non sarà affatto un motore di sviluppo per il nostro territorio. Non doveva essere questo l'obiettivo?

Per essere chiari, l'edicolante che ha la propria attività, svolta nel proprio punto vendita, che non ha dipendenti e non ha alcun margine di crescita, ha ottenuto gli stessi benefici di un artigiano o di un commerciante che, con un finanziamento rilevante, avrebbe potuto invece veder crescere negli anni la propria attività lavorativa. Creando, così, ricchezza per il territorio e nuova occupazione. Inoltre, se una impresa con 10 dipendenti spenderà quanto concesso in poche settimane, le piccole attività commerciali, se non produrranno reddito e non avranno dunque carichi fiscali importanti, rischiano di non riuscire a consumare il plafond loro assegnato.

“E' un sistema che non premia chi ha le capacità di produrre ricchezza e occupazione”, ha denunciato qualche mese fa, a NewsTown, Ettore Perrotti, presidente UGDCEC – Unione Giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. “Andava pensato un sistema premiante e incentivante, incentrato sulle nuove attività o sull'ammodernamento delle attività virtuose, con un'idea di sviluppo di ampio respiro. Se oggi dovessi fare un'analisi dei settori in crisi nel comune dell'Aquila, a priori ne escluderei alcuni: il settore dell'edilizia, il suo indotto e il settore degli studi tecnici. Non hanno particolari necessità, vista la contingenza del nostro territorio. Avrei quindi concentrato e mirato i 90 milioni su altri settori, puntando sul turismo, sul commercio, sull'industria e sull'artigianato, con sistemi incentivanti per chi dimostrava di volere investire e assumere nuovo personale. Andavano pensati dei bandi come quelli che si propongono a livello regionale, bandi valutativi delle caratteristiche delle società, delle capacità finanziarie, dei progetti presentati. Andavano premiate le idee migliori che avrebbero aiutato la rinascita economica del territorio”.

L’interesse politico, d’altra parte, era portare 90 milioni a L’Aquila. Con quei soldi, però, si potevano agevolare nuove idee imprenditoriali che avrebbero potuto fare da volano per l'economia della città. In questo modo non si è fatto altro che dare a tutti 7mila euro all'anno, più o meno, per 3 anni. Un contributo importante, come detto, che aiuterà tante famiglie ma non permetterà un vera ripresa per un territorio martoriato dalla crisi. Chissà, forse ci voleva una classe politica capace di mostrare più coraggio. Capace di non pensare solo all'immediato, anche per motivi elettorali, ma di esprimere una visione di sviluppo della città negli anni che verranno. Speriamo di non aver perso un’altra occasione.

Ultima modifica il Giovedì, 11 Luglio 2013 01:59

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