Sabato, 03 Febbraio 2018 22:14

I Calibro 35 in Abruzzo per presentare il nuovo album. L'intervista

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I Calibro 35 tagliano il traguardo dei dieci anni di attività pubblicando il loro sesto album in studio (escluse le colonne sonore) intitolato, non a caso, Decade. Disco che segue di due anni Space, concept inspirato alla fantascienza e all’immaginario sci-fi.

E al giro di boa dei due lustri, Martellotta e compagni realizzano quello che probabilmente è, se non il loro capolavoro, sicuramente il loro album più ambizioso e compiuto, dove si ritrovano tutte le influenze e gli stili musicali dei dischi precedenti portati, però, a un livello di complessità, maturità e consapevolezza dei propri mezzi superiore.

Merito anche della scelta di registrare con un vero e proprio ensemble orchestrale - gli Esecutori di Metallo su Carta, che hanno arricchito la consueta tavolozza di colori di altre sfumature - e di non fare un concept o un album a tema.

Così, accanto al solito, tiratissimo crime-funk à la Calibro (SuperStudio) e ai brani ispirati alle colonne sonore di compositori come Morricone, Bacalov, Axelrod e Micalizzi (Travelers), in Decade troviamo anche l’afrobeat e il cosmic jazz di artisti come Tony Allen, Sun Ra e Heliocentrics (Psycheground, Modo), echi provenienti dai flussi sonori di gruppi come Jaga Jazzist e Budos Band e dalla nuova scena jazz e hip hop (Modulor), psichedelia, post rock, sperimentazione pura.

DECADE

Il 1° febbraio è partito il tour, che il 2 ha fatto tappa in Abruzzo, al Pin Up di Mosciano S. Angelo (Teramo).

Nella nuova lineup, accanto alla formazione originale  - Massimo Martellotta, Enrico Gabrielli, Fabio Rondanini e Luca Cavina, affiancati dal fedele Tommaso Colliva ai suoni – ci sono anche il percussionist e polistrumetista Sebastiano De Gennaro e il sassofonista baritono Beppe Scardino.

Il concerto al Pin Up si è articolato in due parti: nella prima sono stati suonati i brani del nuovo disco, riarrangiati per il nuovo sestetto, mentre nella seconda sono sfilati pezzi meno recenti e vecchi classici, tra i quali Giulia mon amour e Death comes at midnight.

NewsTown, qualche giorno fa, ha intervistato Massimo Martellotta, chitarrista e polistrumentista dei Calibro 35.

Partiamo anzitutto da quello che Decade rappresenta nel vostro percorso artistico. Come definiresti questo disco e come avete concepito i vari brani?

Noi partiamo sempre da un fattore, la nostra curiosità musicale. Ogni capitolo dei Calibro poggia sempre su un’idea di base a cui facciamo riferimento, idea che può venire o prima che iniziamo a registrare oppure mentre registriamo. Con Decade, fra le varie opzioni che si presentavano come possibilità, ci siamo detti di fare una specie di disco antologico su quella che è stata la nostra produzione fino a oggi. Mentre parlavamo di che disco fare, ci siamo resi conto che, senza che ce ne fossimo accorti, erano passati già dieci anni dalla pubblicazione del primo album e così abbiamo iniziato a lavorare sul concetto di una specie di capsula del tempo in cui infilare tutta quella che è stata la nostra produzione a livello sonoro. Abbiamo deciso di registrare con un ensemble orchestrale e ci siamo ritrovati un disco con bel po’ di echi e di mondi che non avevamo ancora toccato. Da lì ci è venuto in mente che un immaginario distopico come quello rappresentato sulla copertina fosse un buon collante per legare il tutto. A differenza degli altri dischi non c’è un concept di fondo ma la volontà di chiudere un cerchio e aprirne uno nuovo, fatto di nuove sonorità.

Per la prima volta avete registrato con un’orchestra allargata. In che modpo questa scelta ha cambiato il vostro approccio compositivo?

Avevamo già ospitato, precedentemente, sui nostri dischi, altri musicisti, ma mai un ensemble orchestrale vero e proprio. Un ensemble composto da musicisti sì di estrazione classica ma molto esperti e flessibili, capaci non solo di leggere e eseguire una partitura ma di cambiare le cose anche all’ultimo momento. Questo ha sicuramente condizionato la scrittura. In passato, avevamo sempre arrangiato brani orchestrali per un quartetto rock, questa volta abbiamo fatto il contrario: abbiamo usato l’orchestra in quanto orchestra.  

Space era stato registrato a Londra, per Decade invece siete tornati a registrare in Italia, alle Officine Meccaniche di Mauro Pagani. Una scelta dovuta a esigenze particolari?

La scelta dello studio fa parte del disco che fai. Abbiamo avuto la fortuna di suonare in molti studi in giro per il mondo e frequentiamo da anni le Officine Meccaniche, un posto dove ci sentiamo a casa e dove abbiamo anche registrato in parte il secondo disco. Nonostante ciò, non lo avevamo mai usato per farci una vera e propria produzione. Sapendo che dovevamo usare un ensemble orchestrale, siamo andati lì perché è uno studio che ha una sala ripresa molto grande, che suona molto bene e che è l’ideale per registrare con molti musicisti, anche perché consente di separarli abbastanza bene. Non ci sono molti studi dove poter registrare con così tanti musicisti. In più è un posto comodo anche da un punto di vista logistico perché io e Enrico viviamo a Milano.

Nel disco, oltre al  consueto campionario di strumenti vintage, fate uso anche di strumenti particolari come il dan bau, il balafon e il waterphone.

Sì, è una scelta dovuta sempre alla nostra volontà di trovare sempre strade e suoni nuovi. Come musicisti siamo molto curiosi, sia dal punto di vista delle uscite musicali che da quello strumentale. Le Officine poi sono uno studoo dove hai la possibilità di suonare di tutto. Il waterphone lo aveva usato Fabio (Rondanini, il batterista, ndr) quando abbiamo fatto la sonorizzazione di un film di Méliès per il festival del cinema di Torino. Era uno strumento che ci aveva sempre incuriosito e così abbiamo pensato che questo fosse il disco giusto dove metterlo dentro. Il danbau lo ha riportato Enrico da un viaggio, dove lo aveva visto usare da un signore vietnamita. Lo abbiamo messo dentro il pezzo Polimeri, dove diamo sfogo a una jam session psichedelica.

Avresi mai immaginato, quando avete iniziato, che dopo dieci anni anni sareste stati ancora qui?

Da subito ho creduto nelle possibilità e nelle potenzialità del progetto anche se sicuramente non avrei mai immaginato alcune delle cose che ci sono capitate, come l’essere stati campionati da Dr Dre in un pezzo in cui a rappare è Snoop Dogg oppure i tour in America e Brasile, tutte cose che mi hanno sorpreso. Devo dire che, sarà perché è musica strumentale, sarà perché è un progetto fatto di persone che si confrontano continuamente, ma sento ancora molta linfa vitale. In ogni disco c’è molta voglia di fare e inventarci nuove cose.

Perché funzionano i Calibro, secondo te? Qual è il vostro segreto?

Il fatto che siamo un progetto ben delineato, rappresentato da musicisti credibili dal vivo, che si rifa a cose di dominio comune ma che pochi conoscono veramente. Ovviamente abbiamo dei fan che conoscono tutti i pezzi che coverizziamo ma molta gente, che poi è quella che fa numero, viene ai nostri concerti perché si diverte, non perché si ricorda a memoria le colonne sonore degli anni Settanta. I Calibro sono un progetto che si rifa a un immaginario condiviso ma lo porta in giro in maniera vitale. Quello che ci salva, in un certo senso, è che nessuno di noi è un fan sfegatato, un nerd dogmatico delle colonne sonore d’epoca perché altrimenti ci saremmo preclusi molte cose. Se fossimo stati tropo attaccati alla tradizione, non avremmo potuto fare tante delle cose che abbiamo fatto. E se mi guardo intorno, di gruppi strumentali che hanno un riscontro così trasversale non ne ne vedo tanti e questo sicuramente ci fa piacere.

Decade è uscito per la Record Kicks, etichetta indipendente. Cosa vuol dire, per voi, essere indipendenti? Ha ancora senso questa parola?

E’ una domanda alla quale non so risponderti, siamo abbastanza fuori da certe dinamiche, che si parli di indie o di mainstream. Abbiamo fatto tour super rock’n’rol in giro per l'Europa e registrato una trasmissione televisiva con Fabio Volo,partecipato a progetti monografici iper ricercati su Morricone e inciso musiche per spot pubblicitari. Ci piace essere trasversali, ovviamente siamo incanalati in una scena che non è mainstream ma è molto difficile capire cosa significhi oggi la parola "indipendente". E’ un concetto che forse aveva senso dieci anni fa, adesso tutto è in mano a tutti. Non trovo questa differenziazione tra le zone musicali, non la vedo più.

Cosa c’è nel futuro dei Calibro?

Non lo so, per ora abbiamo il tour da fare e sono molto curioso di vedere come verrà. Poi vedremo. Di progetti nel cassetto ne abbiamo un po’, il prossimo disco potrebbe essere un album di noise minimalista o di brani cantati in i italiano, chi può dirlo. Il futuro per adesso è il presente, ovvero il tour di Decade.

Ultima modifica il Sabato, 03 Febbraio 2018 23:17

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