Si conclude il primo anno pieno di amministrazione Biondi, insediatosi con la sua Giunta nel luglio 2017, alle porte mesi importanti per la città che celebrerà il decennale del terremoto che ne ha cambiato la storia. Parte da qui la nostra intervista al sindaco del capoluogo, a qualche giorno dal pronunciamento del Consiglio di Stato che ha scritto la parola fine sull’anatra zoppa, al culmine di mesi politicamente difficili per l’amministrazione comunale, messa in subbuglio da spaccature e frizioni dovute, anche, alle prossime elezioni regionali.
Il decennale, dunque. “Innanzitutto, è stata definita la cornice: abbiamo scritto un manifesto con Università e Gssi che renderemo presto pubblico, condiviso con una pluralità di soggetti, dalla Regione alla Provincia, passando per gli ordini professionali, la Soprintendenza e coloro che, a vario titolo, hanno responsabilità nei processi di ricostruzione”, spiega Biondi. “Abbiamo individuato, inoltre, una commissione che dovrà selezionare il logo delle celebrazioni, affidato alle ragazze e ai ragazzi dell’Accademia di Belle Arti”. E’ stata assicurata, poi, la copertura economica: un milione è arrivato dal Mibac con un emendamento alla Legge di Stabilità, cui si aggiungeranno 400 mila euro di quota residua del programma Restart e altri 200 mila euro appostati dall’amministrazione attiva con l’ultima variazione al bilancio del Comune. Totale: 1 milione e 600 mila euro.
“Ci saranno tre livelli di governance: il primo, un comitato dei garanti cui stiamo lavorando d’intesa col Mibac, col sottosegretario Gianluca Vacca in particolare, e con le strutture governative; il secondo, un comitato di promotori misto pubblico e privato e il terzo, infine, operativo, di cui sarà coordinatore Giampiero Marchesi”, svela il sindaco dell’Aquila.
La finalità non sarà soltanto l’elaborazione del lutto, “è ovvio che ci saranno momenti di ricordo – chiarisce Biondi – ma il manifesto è stato intitolato, non a caso, ‘L’Aquila città della memoria e della conoscenza’: memoria di ciò che è accaduto, che sia da monito per il futuro, e conoscenza che non va scambiata, però, con la ricerca scientifica, col ruolo, pure importantissimo, che svolgono i nostri istituti di ricerca e formazione, ma va intesa, piuttosto, come approfondimento sulle dinamiche sociali che si innescano a seguito di una calamità, sui cambiamenti che intervengono in una comunità, su come si gestiscono fattori complessi come una ricostruzione che interessa funzioni pubbliche e l’intimo delle persone”.
L’obiettivo è duplice: “utilizzare l’esperienza aquilana come modello, una sorta di numero zero, di sperimentazione su larga scala di come si gestisce, o non si gestisce, una calamità per valorizzare le conoscenze acquisite e metterle al servizio del paese. Gli ultimi tre terremoti – L’Aquila e cratere, Emilia e centro Italia – sono stati caratterizzati da tre forme diverse di governance, da tre modalità diverse di indennizzo, persino da tre modelli differenti di presentazione delle pratiche di ricostruzione, fino all’assurdo di esserci ritrovati con la sovrapposizione di norme confliggenti nei territori dell’alta Valle dell’Aterno colpiti dal terremoto del 2009 e dai recenti eventi sismici a cavallo tra 2016 e 2017. E’ necessaria una legge quadro sulla ricostruzione e sull’emergenza, con un sistema di deroghe normato che non può che definirsi in tempo di pace. In questo senso, il cratere può e deve rappresentare un modello. E poi, il secondo obiettivo è mostrare come L’Aquila sta cambiando, come si sta trasformando, cosa ha da offrire”.
Sarà un momento che dovrà riaccendere la luce sulla città e sul territorio, insomma, considerato pure che, oramai, “c’era una errata percezione nel paese della situazione che viviamo”, riconosce Biondi. E per diversi motivi: “Da un certo momento in poi, il terremoto dell’Aquila è stato consegnato alle opposte fazioni politiche: c’era chi diceva che era tutto risolto e chi ribatteva che era tutto un disastro, una lettura in bianco e nero che non ha considerato i chiaroscuri. Poi, ha influito, e molto, l’assenza di una continuità normativa. Inoltre, è venuta meno la capacità di mobilitazione del territorio rispetto ad alcune criticità che pure permangono: è il sintomo di un calo d’attenzione che anche noi cittadini riserviamo oramai ai processi della ricostruzione, con un ritorno al ‘privato’ che, forse, è una reazione comprensibile agli anni che abbiamo vissuto. Infine, va tenuto in debito conto che, dopo L’Aquila, c’è stata l’Emilia e poi il centro Italia, e ancora il crollo del ponte Morandi a Genova. In questo senso, una normativa organica aiuterebbe a garantire l’ordinarietà laddove si vivano situazioni di straordinarietà”.
Il decennale, però, sarà anche il momento per fare un punto sullo stato della ricostruzione: ebbene, se la ricostruzione pubblica non si riesce proprio a sbloccare, anche la privata, negli ultimi mesi, ha avuto un preoccupante rallentamento. “Partiamo dalla ricostruzione privata: il secondo semestre del 2017 e il primo semestre del 2018, tra contributi approvati e concessi, hanno fatto registrare il tiraggio più alto dal 2016. Poi, è iniziato il calo che è stato determinato da diversi fattori. L’ho detto e lo ripeto: a mio parere, lo spoils system è un principio sacrosanto e, purtroppo, a seguito dell’insediamento, abbiamo potuto applicarlo soltanto in parte. Non ho mai avuto problemi personali con l’oramai ex titolare dell’Usra Raniero Fabrizi, ho valutato però negativamente l’organizzazione del lavoro nell’ufficio, caratterizzata da frizioni e contrasti anche a prescindere dal titolare. E’ un bene per tutti che Fabrizi sia stato nominato a capo della Struttura tecnica di missione: il ruolo di coordinamento è più nelle sue corde e all’Usra serviva una scossa di rinnovamento”.
Per ciò che attiene la ricostruzione pubblica, invece, “abbiamo subito come cittadini una guerra indecorosa a livello istituzionale che ha caratterizzato prima le strutture commissariali, poi il rapporto tra Comune e Governo, e ricorderete il trattamento riservato all’allora ministro Carlo Trigilia delegato alla ricostruzione; purtroppo, si è calata la politica di parte sulle questioni collettive. La legge Barca, che pure ha avuto il merito di istituire gli uffici speciali e di garantire l’assunzione di personale, ha 'chiuso con l’accetta' lo stato d'emergenza, impedendo, di fatto, di poter gestire questioni complesse con maggiore velocità attraverso strumenti come le ordinanze. Se si aggiunge che il ritorno all’ordinario è coinciso con l’introduzione del nuovo codice degli appalti che ha complicato i processi, invece di snellirli, e che il Governo ha avviato lo scorrimento delle graduatorie Ripam, permettendo a chiunque potesse di andare via, stante anche la spada di Damocle della ‘scadenza’ nel 2023 per lavoratori che pure avevano sottoscritto un contratto a tempo indeterminato - vicenda che abbiamo risolto - si capisce il motivo per cui la ricostruzione pubblica è ferma al palo”. Tuttavia, negli ultimi mesi c’è stata una accelerazione assicura Pierluigi Biondi: “abbiamo approvato il nuovo piano d'assetto scolastico, i documenti preliminari alla progettazione del Cimitero monumentale, dei cimiteri di Assergi e Arischia, della scuola Sant’Elia-Gignano-Torretta; posso dirvi che entro il mese di gennaio avremo l’approvazione dei documenti preliminari di una buona parte delle scuole inserite nel piano”.
D’altra parte, e Biondi lo riconosce, la mancata ricostruzione delle scuole è una delle ferite ancora sanguinanti nel corpo della città, a dieci anni dal terremoto.
Oltre al piano d’assetto delle scuole comunali, si sta lavorando da mesi al piano urbano per la mobilità sostenibile, senza che questi strumenti, però, abbiano trovato una cornice nel Piano regolatore generale, su cui l’amministrazione comunale si è arenata. E la vicenda ha assunto una connotazione politica, oltre che amministrativa, considerato che l’assessore delegato, Luigi D’Eramo, dal 4 marzo scorso è deputato della Repubblica con le opposizioni che da tempo chiedono all’onorevole di fare una scelta tra le due poltrone. Pierluigi Biondi, però, non lo considera affatto un problema. Anzi. “Con D’Eramo stiamo portando avanti una riflessione approfondita. Mi permetto una provocazione: i cittadini ci chiedono decoro, videosorveglianza, parcheggi, non ci chiedono certo del piano regolatore; questo per dire che, se inteso in senso classico, il Prg non è più un'esigenza della città. Forse, serve uno strumento diverso a monte, un piano di area vasta che disegni le strategie della città territorio. Prima, però, i nodi principali da sciogliere sono la viabilità e i parcheggi. Una volta approvato il Pums, su cui stiamo lavorando incessantemente, riconnesso il territorio collegando la periferia alla città, allora si potrà calare il nuovo Prg che dovrà definire, anche e soprattutto, l’utilizzo degli immobili post-sisma, pubblici o privati che siano”.
Altro tema sul tavolo che andrà affrontato nel 2019 è lo stato di salute delle società partecipate, che garantiscono servizi essenziali ai cittadini. “Tanta polvere era stata nascosta sotto i tappeti” ribadisce Biondi che, tuttavia, ha impiegato più di un anno per la nomina dei nuovi amministratori unici lasciando le società in una sorta di limbo in attesa che si componesse un quadro politico favorevole. “In realtà, alcuni amministrativi andavano in scadenza di mandato dopo l’insediamento e, poi, volevo che i vecchi amministratori chiudessero il pregresso consegnandoci un quadro esaustivo della situazione con l’approvazione dei consuntivi. Così è andata. Inoltre, abbiamo proceduto con una radicale riforma del settore, introducendo il nuovo controllo analogo, rinnovati atti d’indirizzo e così via”. E dunque, qual è la situazione? “Alcune società sono in equilibrio, altre in buono stato – penso ad Afm, sebbene in poche altre città italiane le farmacie comunali vengono gestite da una partecipata – ci sono situazioni al limite, tipo il Sed che ha un bilancio in equilibrio ma ha una controversia aperta col Comune dell’Aquila per 900mila euro, Asm si regge col contratto di servizio da 14 milioni e mezzo, e fino a quando saremo in grado di garantirlo non avrà particolari problemi, e poi ci sono le aziende più in difficoltà, Ama e Ctgs”.
Iniziamo dall’Ama, ‘salvata’ in sostanza dall’amministrazione che ha garantito un trasferimento straordinario di 900mila euro: “Ama vive una situazione difficile dovuta ad un parco mezzi vecchissimo, con una qualità del servizio scadente a fronte di una spesa ingente di manutenzione, ai chilometri percorsi in eccesso rispetto ai trasferimenti riconosciuti per il trasporto pubblico locale – e abbiamo presentato un emendamento, in questo senso, per chiedereuno stanziamento straordinario al Governo – e alla decurtazione del fondi che la Regione garantiva per l’integrazione dei contratti dei dipendenti, a valle di tagli decisi a livello nazionale. Per questi motivi, si è creato uno squilibrio che la gestione precedente teneva nascosto tra le pieghe del bilancio, col capitale sociale che è andato pian piano erodendosi. Avevamo due possibilità: portare i libri in Tribunale o salvare l’azienda, che ha significato tutelare i livelli occupazionali e, soprattutto, salvaguardare il principio stesso di trasporto pubblico locale. Ciò non significa che garantiremo assistenzialismo sine die. Abbiamo avviato una rivisitazione dei costi standard per ridefinire quanto spetta alla società come contratto di servizio; inoltre, l’amministratore unico ha dato incarico per la redazione di un nuovo piano industriale che non potrà prescindere, evidentemente, dalle azioni che stiamo già mettendo in campo: abbiamo avuto 5.2 milioni dal Cipe per la mobilità elettrica, altri 5.3 milioni a valere sul Por Fesr per lo sviluppo urbano sostenibile – con quei fondi è stato acquistato il primo bus elettrico della città – e stiamo contrattando col Mit per la rimodulazione dei 6 milioni residui del finanziamento per la metropolitana di superficie, mai realizzata. Una volta definito il piano industriale, rivisto il contratto di servizio e messo mano al parco mezzi, d’intesa con i sindacati, decideremo se proseguire sulla strada della fusione di Ama in Tua. D’altra parte, la Regione ha fatto delle scelte precise: lo dico provocatoriamente, è stata costituita una bad company – Tua, appunto – garantendo la sopravvivenza della compagnia di bandiera, Sangritana, con la trasformazione dei servizi minimi in tratte commerciali”. Insomma, non è affatto detto che si proceda con la fusione. Anzi.
Sul Ctgs, invece, Biondi ribadisce la volontà di rivedere il piano di sviluppo redatto da Invitalia. “Non è che il piano non convinca me, non convince l’aritmetica: sono previste 10mila presenze giornaliere, con impianti capaci di portare in quota 1700-1800 persone al giorno. E anche volendo considerare il secondo accesso da Montecristo, i conti non tornano. D’altra parte, si parte dalla stima di 186mila presenze l’anno: considerato che le giornate sciabili sul Gran Sasso non sono più di 100, anzi ricordo la festa per il raggiungimento dei 100 giorni sciabili ad aprile 2016, significherebbe ipotizzare 1860 presenze ogni giorno, anche il martedì o il mercoledì di una settimana di lavoro. Una forzatura. Tra l'altro, il piano ha lasciato aperte altre questioni, in particolare la possibile privatizzazione della gestione: ebbene, si può ipotizzare la privatizzazione soltanto una volta definita la dotazione infrastrutturale. Mi spiego: Invitalia ipotizzava in via preliminare un investimento di 2 milioni per la ristrutturazione dell’albergo: siamo già arrivati a 4. Considerato che il piano prevede un investimento pubblico di 41 milioni, potremmo arrivare a 60 stante la situazione. Per questo, abbiamo deciso di affidarci ad un team di esperti che avrà il compito di rivedere il piano così come era stato formulato e di redigere un business plan. Così, definite le infrastrutture e con un piano industriale credibile saremo maggiormente attrattivi per eventuali investitori privati. Ma sia chiaro, le opere programmate vanno avanti: ho fatto richiesta di ulteriori 8 milioni per i progetti già in essere”. A proposito di Gran Sasso, Biondi non abbandona l’idea di una riperimetrazione del sic: “non significa una riduzione, lo ribadisco; d’altra parte, lo ha riconosciuto anche il presidente vicario di Regione Abruzzo Giovanni Lolli che non può essere certo considerato un cementificatore: i siti, confluiti poi nell’unico sic, sono stati tracciati in modo improprio, grossolano, includendo zone che non hanno alcun pregio ambientale e lasciando fuori aree di altissimo valore. Non c’è neanche una delibera di giunta regionale di recepimento. Detto ciò, l’approvazione del piano del parco in cui il piano d’area è già calato sarebbe la soluzione più semplice. In questo senso, abbiamo superato lo scoglio della mancata approvazione dei comuni laziali, attendiamo le amministrazioni locali delle Marche”.
Tornando a questioni più squisitamente politiche, agli scossoni che hanno minato la maggioranza negli ultimi mesi, Biondi riconosce che all’indomani della vittoria del ballottaggio si sarebbe dovuto ragionare “con mente più fredda, mantenendo un giusto equilibrio di esperienza tra Giunta e Consiglio; al contrario, si è deciso di affidare gli assessorati ai più esperti – Luigi D’Eramo, Emanuele Imprudente, Guido Liris, Alessandro Piccinini, Carla Mannetti che avevano già una solida esperienza amministrativa - con alcune scelte di profilo ‘tecnico’, Monica Petrella e Anna Lisa Di Stefano, e con l’unica, vera novità rappresentata da Francesco Bignotti sostenuto, tuttavia, da un gruppo solido, stante l’esperienza da presidente di Ctp di Sabrina Di Cosimo che, dunque, non poteva considerarsi una neofita della politica. Questo ha creato degli scompensi: in Consiglio si sono ritrovati in parecchi senza alcuna esperienza amministrativa. E poi, l’anatra zoppa ha tenuto appesa la città per un anno e mezzo, e si è lavorato – almeno inizialmente - con amministratori e dirigenti che non erano stati scelti da noi. Per non parlare della macchina amministrativa, ingolfata, come un corpo rimasto appoggiato per troppi anni su un divano; in passato, la politica non ha mai esercitato il giusto stimolo: dal giorno dell'insediamento tengo la conferenza dei dirigenti ogni martedì mattina alle 8, cascasse il mondo, e cerco di stimolarli continuamente. Innanzi alla necessità di rinnovamento, però, c’è sempre un istinto di conservazione, è inevitabile”.
E’ chiaro che a breve ci sarà un rimpasto di Giunta, considerato che D’Eramo si dimetterà a giorni, altri assessori potrebbero essere eletti in Regione e, nel frattempo, sono state ritirate le deleghe ad Anna Lisa Di Stefano. “Rivendico di averla scelta personalmente”, confida Biondi. “Il coordinatore regionale di Forza Italia, oggi, parla di lei come di un importante esponente forzista ma non mi aveva certo fatto il suo nome al momento di comporre la Giunta. La scelta è stata mia che mi ero riservato un assessore tecnico d'area. Per questo, la sua presenza alla conferenza stampa di un esponente politico che ha usato toni di dileggio nei miei confronti, senza che fosse segnata una distanza, mi ha ferito. Tutto qui. Le auguro ogni bene, è un'ottima persona e un'ottima professionista, valutazioni che esulano dal fatto che, politicamente, ha commesso un errore”.
Guardando alle elezioni del 10 febbraio prossimo, con Di Stefano che sarà candidata nella lista di Forza Italia, Biondi non è pentito di aver lasciato intendere di essere pronto a lasciare Palazzo Fibbioni se la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, gli avesse chiesto di candidarsi a governatore, un atteggiamento che, per molti, ha destabilizzato ancor di più una maggioranza in subbuglio. “Nessuno lascia una poltrona sicura per un’incognita, se l’intenzione è di speculare. La riflessione è stata molto semplice: Giorgia Meloni mi ha telefonato, annunciandomi che l’indicazione del candidato sarebbe toccata a noi di Fratelli d’Italia; ne abbiamo discusso con alcune persone a me vicine, valutando che se fosse toccato a me si sarebbe offerta un'opportunità importante alla città che non ha mai avuto un presidente di Regione. Dunque, abbiamo avviato una riflessione, approfondendo i pro e i contro con Giorgia Meloni a arrivando alla determinazione di fare un passo indietro”.