“Mi sento come un pacco postale, senza destinazione. C’è il mittente, che è la mia vita di prima, non c’è però la destinazione. E’ un passaggio di consegne continuo, dalla vita normale alla tendopoli, dalla Guardia di finanza al Map. E ora si scopre che i moduli che dovevano proteggerci dal terremoto sono pericolosi. Se ti sistemano in un modulo abitativo provvisorio e scopri di vivere, invece, in un modulo abitativo pericolante, come fai ad andare avanti? Ci sentiamo traditi, di chi ci dobbiamo fidare oramai? Ci vuole coraggio a restare in questa città, tanto coraggio”.
E’ lo sfogo di Anna Lunadei, che fino a ieri viveva nel villaggio di Cansatessa. Ha scoperto, grazie alla telefonata di un’amica, di dover lasciare quella che era diventata casa sua.
Un secondo terremoto, per lei e per gli altri 170 cittadini costretti a ricominciare. Sfollati, di nuovo.
Hanno vissuto in strutture pericolose, costruite con materiali scadenti ed evidenti difetti progettuali. A Cansatessa, Arischia e Tempera. Pavimenti staccati dal massetto, lampioni pericolanti, legno mal assemblato e già deteriorato dalle intemperie: la ditta che ha effettuato i lavori ha costruito moduli scadenti e difformi dalle norme. Quella ditta, sarebbe stata favorita nell’appalto da un maresciallo del Genio militare, Rocco Ragone, in cambio di alcuni beni. La magistratura ha posto i moduli abitativi sotto sequestro, il Comune dell’Aquila non ha potuto far altro che firmare l’ordinanza di sgombero, entro e non oltre il 15 aprile. E pensare che le ultime famiglie erano arrivate a Cansatessa non più tardi di quindici giorni fa.
Nel pomeriggio di ieri abbiamo raggiunto Anna a Cansatessa. Il villaggio era già quasi deserto. Poche macchine, qualche camioncino per i traslochi. Un grande silenzio. Solo il vento, che muoveva pericolosamente i lampioni. Anna ci ha raccontato le sue emozioni, i suoi pensieri, la sua rabbia: insieme ai vicini, ha deciso di costituirsi parte civile.
Ha dovuto lasciare la sua nuova casa in 48 ore, inizia oggi l’ennesima vita del dopo terremoto.