Lunedì, 20 Settembre 2021 20:46

Univaq, riprese le prime lezioni in presenza. L'appello di Alesse a studenti, professori e personale: "Munitevi di green pass e vaccinatevi"

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“Acquisire il green pass previa vaccinazione serve ad abbassare, sino talora ad estinguere, la circolazione del virus, proteggendo in tal modo l’intera collettività. Il concetto di immunità di comunità o con termine molto più brutto, di gregge, sta proprio a significare questo atto di responsabilità volto a garantire il benessere dell’intera comunità, anche di chi, per motivi sanitari, non può essere vaccinato”.

Nel primo giorno di ripresa delle lezioni in presenza (oggi sono ripartiti alcuni corsi di ingegneria), con i protocolli anti Covid aggiornati, il rettore di Univaq, Edoardo Alesse, invita “docenti, discenti e personale dell’ateneo a munirsi di green pass e soprattutto a vaccinarsi. Questo ci consentirà” sottolinea il rettore “a svolgere tutte le nostre attività in presenza, perseverando nell’utilizzo delle altre misure di contenimento dell’infezione. Sono 18 mesi che i nostri allievi non ci incontrano e non si incontrano nell’ambiente dove debbono crescere professionalmente e sviluppare le loro personalità. Facciamo che l’isolamento finisca e che l’università torni ad essere il luogo meraviglioso che conosciamo, la chiesa della ragione, dove si apprende, si cresce e ci si diverte anche, interagendo gli uni con gli altri.

Le parole di Alesse vogliono essere anche una replica a quanto affermato, nell’intervista rilasciata a NewsTown, dal professor Fabrizio Nesti, docente di Fisica teorica, uno dei 7 docenti Univaq firmatari dell'appello no green pass, sottoscritto da circa 800 professori universitari italiani.

Si tratta di numeri abbastanza esigui, siamo intorno allo 0.5% del corpo docente” specifica Alesse “Inoltre i firmatari appartengono quasi tutti, come il molto noto e stimato prof. Barbero, a settori disciplinari diversi da quelli biomedici, i cui afferenti hanno una migliore conoscenza della biologia dei virus e della fisiopatologia di Covid 19. Quindi la rappresentazione che essi danno del fenomeno, anche se degna della massima attenzione e considerazione, attiene più alla sfera ideologica che a quella tecnico-scientifica e sanitaria, per la ovvia mancanza di conoscenze e competenze specifiche”.

Ho letto con attenzione l’intervista del collega, che insieme agli altri firmatari inviterò a seguire la mia lezione sui vaccini, quando ve ne sarà occasione, ed ho ravvisato alcune imprecisioni, che evidentemente debbo mettere in risalto, perché altrimenti ancora una volta, come lui dice, esperti e commissari, dicono tutto ed il contrario di tutto, mortificando la fiducia nelle istituzioni e fornendo terreno fertile alle ipotesi più strampalate. Diciamo, che trattandosi di professori di Univaq, ho il dovere di metterli in guardia dal rischio che si corre percorrendo sentieri tortuosi e poco conosciuti. Occorre fare chiarezza. Abbiamo diverse opzioni vaccinali, tutte valide e con effetti avversi confrontabili con quelli di altri vaccini ed inferiori a quelli di molti farmaci. Non so dove il collega ha appreso il concetto di immunità sterilizzante, che in natura non si verifica quasi mai, specie con microrganismi a Rna come i coronavirus . Ma l’immunità indotta da questi vaccini è buona, cosa di cui anche io dubitavo all’inizio della pandemia, dati i tempi estremamente contratti per la loro produzione”.

“A tal proposito” prosegue Alesse “occorre dire che l’immunologia, e al suo interno la vaccinologia, che ne rappresenta un aspetto estremamente applicativo, sono discipline molto complesse, che richiedono un lungo periodo di studio ed una approfondita pratica di laboratorio. Non è facile muoversi all’interno di questi saperi senza correre il rischio di dire cose inesatte, anche se si è professori universitari, magari leader nel campo dell’ingegneria o delle telecomunicazioni. Io provengo dal settore della Patologia Generale, che ricomprende anche l’immunologia, ma uso sempre la massima cautela nell’esprimere opinioni pubbliche, perché questo tipo di intervento impatta sui comportamenti degli altri, e se si divulgano informazioni inesatte, ciò può essere estremamente dannoso”.

“Inoltre” prosegue il rettore “il Covid 19 può essere una malattia molto grave e finanche letale nella sua fase di acuzie e con un numero di importanti sequele a lungo termine. Quindi, mi domando, perché non ricorrere all’unico strumento efficace per evitare tutto ciò? E’ evidente che sarebbe più coerente rendere il vaccino obbligatorio, ma qui cadiamo a piè pari nell’ambito del contenzioso politico, ed io non mi ci trovo granché bene. E sono anche certo che se il vaccino fosse obbligatorio, il problema “no green pass” non sarebbe risolto. Però il buon senso degli uomini e delle donne potrebbe ovviare facilmente a questo problema, esercitando l’unica opzione possibile, che è saggia, solidale e basata sulle conoscenze scientifiche, che esistono, sono qualificate e depongono globalmente a favore dell’utilità della vaccinazione. E’ bene ricordare, sempre per rispondere al mio collega, che i vaccini non sono fatti per impedire il contatto o la contaminazione con il virus, bensì a garantire una risposta immunitaria più efficace in occasione di un nuovo contatto con l’agente patogeno, evitando o attenuando la malattia e riducendo la circolazione del virus selvaggio”.

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