Il 13 aprile, al Teatro Valle occupato, un’inedita alleanza tra giuristi, movimenti e comitati che ogni giorno praticano forme di autogoverno, ha aperto uno spazio politico nuovo che parte dal riconoscimento giuridico dei beni comuni e lancia una prospettiva di cambiamento radicale del sistema economico, politico e sociale del paese.
Dalla esperienze degli spazi, delle lotte, delle soggettività che costruiscono conflitto, intelligenza politica e partecipazione, si sono avviati i lavori di una commissione di studio che lavorerà a partire dai risultati della Commissione ministeriale per la Riforma del Libro III “Della Proprietà” del Codice Civile (la così detta Commissione Rodotà).
Come nasce la Commissione Rodotà
Fra il 1991 e oggi, al fine dichiarato di ridurre il debito pubblico, l’Italia ha dismesso beni per un valore aggregato di 1400 miliardi di euro. Questa imponente svendita di beni pubblici è avvenuta al di fuori di qualsiasi principio giuridico ordinatore, in una condizione normativa obsoleta e del tutto inadeguata. Nel 2007 fu istituita una commissione parlamentare, presieduta dal Prof. Stefano Rodotà per studiare e proporre una riforma del Libro III della Proprietà del Codice Civile. Il disegno di legge, presentato in Senato, non è mai stato discusso. Da allora la vittoria dei referendum sull’acqua, le lotte sul territorio (dal No Tav a No Muos) e le occupazioni di teatri in tutto il paese hanno ridefinito e ricreato il significato di beni comuni. Si è profilata un’inedita alleanza fra cultura giuridica e le lotte legate ai beni comuni, in particolare a partire dalla rilettura di norme costituzionali da anni dimenticate, quali la funzione sociale e l’accesso alla proprietà di cui all’art. 42 e il riconoscimento di comunità altre all’art. 43.
L’orizzonte delineato dalle lotte
Le forme di autodeterminazione e di autogoverno che si stanno manifestando nei vari territori dalla rete dei teatri occupati a tutti i comitati, i collettivi, i movimenti e i soggetti che resistono per la difesa dei territori, dell’ambiente, del paesaggio, della salute, dei beni culturali e storici, di istituzioni del welfare indispensabili al libero e pieno sviluppo delle persone possono stressare con forza il diritto, spostare l’asse dall’illegale al legittimo per affermare modelli economici e sociali nuovi e istituzioni autonome del comune.
Attraverso le nostre pratiche vive, immagineremo modi di avere cura dei beni comuni che si trasformino in nuove forme di Statuti in cui le “comunità di lavoratori o utenti” siano finalmente protagoniste dei processi decisionali. La nostra lotta politica vuole farsi pratica costituente per invertire la rotta rispetto alle contro-riforme neoliberali e promuovere un’altra idea di cittadinanza, non solo formale.
Temi di lavoro
- Beni comuni: definizione normativa e approvazione di una nuova disciplina del diritto di proprietà, già in parte elaborata dalla Commissione Rodotà;
- Reddito: a partire dalle proposte elaborate e sperimentate dalle realtà di movimento, e dalla proposta di legge di iniziativa popolare su cui sono state raccolte le firme;
- Nuova disciplina delle proposte di legge di iniziativa popolare per rendere obbligatoria la discussione alle Camere e la possibilità per i promotori di seguire attivamente i lavori;
- Web: Proposta per inserire nell’art.21 della Costituzione l’accesso a Internet come diritto fondamentale della persona; I beni comuni saranno al centro del nostro lavoro.
Il processo dei lavori sarà completamente aperto, in forma assembleare e pubblica e si configurerà con una modalità itinerante, ospitato di volta in volta da realtà attive nei diversi territori. Sabato 4 maggio la Costituente arriva a L’Aquila, per discutere del diritto all’abitare e alla città. Appuntamento alle 16 in piazza Palazzo. Tra gli ospiti Stefano Rodotà e Ugo Mattei.
Abbiamo intervistato Guido De Togni, del Teatro Valle occupato che, sin dall’inizio, ha intrecciato le sue vicende con il lavoro della commissione Rodotà.
"Gli spunti che abbiamo fatto nostri sono relativi al progetto delineato in commissione di inserire l’istituto giuridico di bene comune all’interno del codice civile riguardo alla toponimia dei beni di proprietà. Veniva immaginata una tipologia di beni, nell’ambito dei beni pubblici, che però erano individuati come comuni perché funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali dell’uomo e da tutelare per le generazioni future. Una volta che è stato occupato il Teatro Valle, che è un patrimonio nazionale oltre ad essere un teatro con straordinarie potenzialità di socialità e relazioni, per tutelarlo da un utilizzo privatistico si è deciso di considerarlo un bene comune. Abbiamo ricevuto un grosso aiuto da Ugo Mattei e da Stefano Rodotà nello stilare ed elaborare lo statuto. Si è pensato di utilizzare lo strumento giuridico dell’utilizzo privato della fondazione perché portava ad una applicazione del principio costituzionale contenuto nell’articolo 43, in cui si richiama la possibilità che sia dia ad una comunità di lavoratori-utenti la gestione di imprese di interesse generale. Negli ultimi due anni, poi, la riflessione sui beni comuni è divenuta sempre più importante con i movimenti di occupazione dei teatri e con tutte le altre realtà in lotta per la tutela del territorio e dell’ambiente: si è allargata, per esempio, all’ambito della conoscenza che viene prodotta e di come viene valorizzata e diffusa. La riflessione e il lavoro della Costituente, di questa nuova modalità di assemblea itinerante, insomma, prende spunto dai lavori della commissione Rodotà ma si concentra ora, in particolare, sui beni comuni".
Si tratta di un’alleanza inedita tra studiosi, giuristi in particolare, e lotte territoriali che praticano forme di autogoverno. Un’alleanza che apre, però, spazi politici molto interessanti: le forme di autodeterminazione che si stanno manifestando nei vari territori, dalla rete dei teatri occupati a tutti i comitati, i collettivi, i movimenti e i soggetti che resistono per la difesa dell’ambiente, del paesaggio, della salute, dei beni culturali e storici, di istituzioni del welfare indispensabili possono stressare con forza il diritto, spostare l’asse dall’illegale al legittimo per affermare modelli economici e sociali nuovi e istituzioni autonome del comune.
"L’idea è proprio questa. Il diritto è vivo, per definizione in continua evoluzione perché composto di norme interpretabili con l’evolversi delle situazioni sociali. Ci siamo incontrati in questi mesi pensando che un’assemblea itinerante, capace di attraversare i territori per ascoltare le esigenze delle realtà sociali e le problematicità che si sono verificate nella difesa di beni fondamentali per tutti, fosse un processo che potesse portare all’elaborazione di un nuovo diritto, un diritto dei beni comuni, magari strutturabile in un codice dei beni comuni separato, sul modello del codice per l’ambiente francese . La modalità itinerante è improntata su questa idea: ora più che mai è necessario andare in giro per i territori a capire le esigenze vere della popolazione e delle realtà sociali in lotta che portano un’idea nuova di autogoverno e sovranità, e ad elaborare, sulla base di queste richieste e di queste istanze, proposte normative che verranno poi condivise online sulla piattaforma in cui confluiranno i documenti dalle varie realtà e le proposte di legge. Ci sarà poi un momento in cui l’assemblea Costituente, organo deliberante, deciderà e delibererà sull’approvazione o meno delle proposte legislative portate innanzi alla commissione degli studiosi durante le assemblee itineranti. Infine, la commissione degli studiosi, in seduta redigente, scriverà i testi per l’approvazione".
Parlavi di luoghi che ogni giorno praticano resistenza e tutela del territorio. Sabato, nel secondo appuntamento della Costituente, si parlerà di dirirtto all’abitare e diritto alla città. Non poteva che svolgersi a L’aquila.
"Certo. Abbiamo pensato che fosse importante dare un segnale e rimettere in discussione il fatto che la città è il luogo dove la gente, le persone, devono potersi incontrare e relazionarsi e vivere appieno la loro vita di comunità. L’Aquila è stata espropriata della memoria familiare, sociale e comunitaria: la città è stata chiusa alla popolazione esiliata dai suoi luoghi. La città, però, è il posto dove abbiamo memoria e affetti, ci riconosciamo nei luoghi con i ricordi che abbiamo. C’è poi la più generale riflessione sulla sostenibilità dell’ambiente urbano, su come renderlo attraversabile e sostenibile a livello ambientale e sociale. L’Aquila non poteva che essere il luogo dove portare avanti queste istanze".