Mercoledì, 28 Ottobre 2015 20:30

Intervista a Erri De Luca: "A L'Aquila serve l'equivalente di un Picasso per Guernica"

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“Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell’aula e fuori isolata è l’accusa”. Con queste parole lo scrittore Erri De Luca commentava la sua esperienza di imputato per reato di “istigazione a delinquere”, descrivendo l’essenza di un’accusa che, quasi subito, è stata interpretata, almeno da una parte dell'opinione pubblica, come tentativo di sanzionare e reprimere il dissenso.

Il procedimento penale - aperto il primo settembre 2013 in seguito alla dichiarazione “è giusto sabotare la Tav” contenuta in un’intervista all’Huffington Post - è diventato il simbolo dell’attacco alla libertà di espressione. E intorno alla sua incriminazione, caduta nella sentenza di assoluzione del 19 ottobre, si è mossa grande solidarietà. Semplici cittadini, associazioni, movimenti, si sono mobilitati a sostegno dell’intellettuale partenopeo, fino ai tweet in cui la Ministra francese della Giustizia, Christiane Taubira, auspicava un buon esito della vicenda.

Il processo e la successiva assoluzione “perché il fatto non sussiste” sono apparsi tra le righe di cronaca di gran parte delle testate giornalistiche nazionali, innescando un ampio dibattito sul valore della “parola contraria” e sullo stato del diritto al dissenso in Italia.

Nella dichiarazione spontanea rilasciata poco prima della sentenza, lei ha detto: “Considero l’imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie”. Parliamo di repressione del dissenso, dell’esperimento di sanzionare, con un processo penale, un’opinione personale rispetto ad un’azione simbolica di sabotaggio. Qual è secondo lei lo stato della libertà di pensiero in Italia, e quale la valenza della sentenza che l’ha assolta con formula piena perché “il fatto non sussiste” ?

“La libertà di espressione dipende molto dalla libertà di stampa e da noi sta messa male, risulta essere ufficialmente la peggiore di Europa, la più controllata. La definisco embedded, al seguito delle truppe, a ricalco fedele del bollettino diramato dagli Stati Maggiori dell'informazione. Da noi il giornalista non è più il professionista della notizia, ma l'impiegato di una azienda della quale deve rispettare i parametri. In questa situazione la mia incriminazione era il tentativo di azzittire per via di legge e la sentenza di assoluzione piena rappresenta un ripristino della legalità e della buona salute dell'articolo 21 della Costituzione Italiana”.

Il processo è diventato il simbolo dell’attacco alla libertà di espressione in Italia. Ma tanti episodi denotano una prassi repressiva verso chi manifesta il dissenso o esplicita le proprie opinioni. Penso ai lavoratori expo licenziati in tronco con l’accusa di aver partecipato ad un corteo (sulla base di segnalazioni della polizia), oppure alla giovane educatrice dipendente di un carcere torinese che pochi giorni fa è stata licenziata per aver indossato una maglietta no tav. L’amministrazione penitenziaria l’ha accusata di essere “amica degli anarchici”. Quanto “costa” in Italia essere contro?

“Essere in urto con l'autorità costa sempre e ovunque, anche in termini di isolamento. Esempi di abuso di potere e discriminazione dimostrano una licenza di repressione che infetta vari strati della società. Bisogna saperlo e non farsi scoraggiare. La libertà consiste nel tenere insieme le proprie convinzioni e i propri comportamenti, più che in una libertà di movimento. Dunque si può rivendicare la propria libertà ovunque e questa non è a disposizione di alcuna autorità repressiva. È' vero: è pericolo sporgersi. Ma è necessario farlo”.

Nella sua dichiarazione, ha affermato che l’importanza del processo si giocava sul conflitto tra la garanzia costituzionale alla libertà di espressione, sancita dall’art. 21, e un capo d’imputazione contenuto in un codice penale redatto in epoca fascista. Anche in occasione di altri processi è stato messo in luce il paradosso di avere ancora in vigore il Codice Rocco. Si pensi ai fatti di Genova, alla condanna a 15 anni di carcere per “devastazione e saccheggio”. Relativamente a quel processo a livello mediatico non riuscì a passare, in modo così chiaro, il messaggio che ipotesi di reato formulate sulla base di un codice penale risalente al fascismo, rappresentassero, di fatto, una repressione del dissenso. Crede che il suo processo, e la successiva assoluzione, possano servire a creare un precedente in questo senso, a livello di opinione pubblica?

“Temevo che una condanna potesse inaugurare una triste fase nel nostro paese, dunque mi sembra che la sentenza abbia solo impedito una ingiustizia e una censura. È un buon risultato ma non lo prenderei per un segnale. Ha potuto però incoraggiare una opinione pubblica nel suo diritto di intervento”.

Il procedimento nei suoi confronti è stato aperto in seguito a un’intervista da lei rilasciata all’Huffington Post. La sua dichiarazione “è giusto sabotare la tav”, le è costata l’imputazione di istigazione a delinquere. In Italia le lotte delle popolazioni (no tav, no muos, ma anche L’Aquila) trovano difficoltà a farsi spazio nei canali ufficiali di informazione, e quando ci riescono, le informazioni risultano spesso distorte. Dunque, che ruolo ha avuto la stampa nella sua vicenda personale? Crede, inoltre, che un’informazione più libera e obiettiva anche riguardo a lotte come quella no tav, e quindi l’esistenza di un’opinione pubblica più consapevole, sarebbe stata un deterrente all’apertura del processo?

“L'informazione ufficiale è al servizio dell'opera TAV in Val di Susa e ha adoperato i suoi mezzi di abituale distorsione e diffamazione delle ragioni NOTAV. Ha molto influito nel mio caso la presa di posizione della opinione pubblica estera. In particolare in Francia, sponda del progetto, si sono pronunciate sul caso le più alte autorità, a sostegno di uno scrittore incriminato per le sue parole. Le lotte nel nostro paese hanno bisogno di voci pubbliche capaci di spargere più lontano il segnale, fare da autista delle loro ragioni. La mia incriminazione ha ottenuto l'effetto di far conoscere meglio e di più la resistenza civile della Valle di Susa. Ma su questo episodio non si può fondare un metodo. Le lotte devono trovare il modo di scavalcare la barriera della informazione ufficiale e attirare consenso e simpatia inventando nuove forme di propaganda”.

In molti, durante i mesi del processo, le hanno mostrato solidarietà. In Francia il sostegno è arrivato direttamente dalle istituzioni. La Ministra della Giustizia ha scritto due tweet per Lei, e anche il presidente francese è intervenuto più volte sul caso. Ci sarebbe stata anche una telefonata tra Hollande e il premier Renzi, in cui il presidente francese avrebbe chiesto clemenza nei suoi confronti. Palazzo Chigi ha però smentito “le circostanze della notizia”. C’è stato poi l’appello “Libertè puor Erri De Luca”, firmato da molti intellettuali. In Italia il sostegno, invece, è arrivato principalmente dal basso, da movimenti, associazioni, e semplici cittadini che hanno invaso i social con l’hashtag #iostoconerri. Ma nessuna voce istituzionale si è levata in merito. Cosa ne pensa?

“Il sindaco di Napoli si è pronunciato a chiare lettere a mio sostegno e anche diversi esponenti del Movimento 5 stelle, che condividono le ragioni della comunità di Val di Susa. Non mi aspettavo altro da rappresentanti delle istituzioni. Ero abituato al quieto delirio di un senatore del PD che istigava al boicottaggio dei miei libri. Mi sono stupito che è rimasto isolato e non ha raccolto firme per il rogo dei libri”.

Torniamo alla questione della “cattiva informazione”. All’Aquila, soprattutto nell’immediato post-sisma, siamo stati vittime di un’informazione che invece di raccontare lo stato dei fatti, è stata principalmente propaganda, contribuendo alla diffusione di notizie distorte sulla ricostruzione. Molte persone ancora oggi, sanno pochissimo di cosa sia successo all’Aquila e dello stato attuale della città. Nonostante questo terremoto sia stato, di fatto, uno dei più documentati in Italia. Qual è, se esiste, l’antidoto alla cattiva informazione?

“Penso al teatro, all'arte, al cinema: queste manifestazioni del pensiero possono contribuire in maniera determinante. Il Vajont di Paolini e' stato l'esempio di rianimazione di una coscienza civile. A L'Aquila serve l'equivalente di un Picasso per Guernica”.

Ultima modifica il Giovedì, 29 Ottobre 2015 23:43

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