L'ultima volta era accaduto nel 1999 con La vita è bella di Roberto Benigni. Dopo 15 anni tocca ad un altro regista italiano, Paolo Sorrentino - tutto un altro personaggio rispetto a Benigni - ricevere l'Oscar nella notte di Los Angeles come miglior film straniero con La grande bellezza.
Quando è salito sul palco per ricevere il premio insieme al protagonista Servillo e al produttore Giuliano, il regista nato a Napoli ma che ha ambientato la storia del film a Roma - la vera protagonista della pellicola - ha pronunciato un breve discorso:
"Grazie a Toni e Nicola, grazie agli attori e ai produttori. Grazie alle mie fonti di ispirazione, i Talking Heads, Federico Fellini, Martin Scorsese, Diego Armando Maradona. Mi hanno insegnato tutti come fare un grande spettacolo. Che è la base per il cinema. Grazie a Napoli e a Roma, e alla mia personale grande bellezza, Daniela e i nostri due figli. Sono molto emozionato, questa vittora era tutt'altro che scontata. Gli altri film erano forti, mi sento felice e sollevato".
E gli altri film erano il belga Alabama Monroe e il danese Il sospetto.
Nella conferenza stampa con la statuetta in mano, Sorrentino ha poi risposto alle domande dei giornalisti statunitensi e italiani. Il primo ne ha posta una per niente sciocca: "C'era un tempo - esordisce un giornalista americano - in cui molti film italiani arrivavano negli Stati Uniti. C'è oggi di nuovo l'intenzione da parte del Cinema italiano di andare oltre il mercato locale?"
Sorrentino con la sua area tra l'altolocato e il guaglione napoletano risponde:" Credo che l'industria cinematografica italiana possa fare di più per rivolgersi oltre il solo mercato locale. Spero che questo Oscar possa servire da stimolo per questo".
Un messaggio indiretto anche alla politica evidentemente mentre il neo premier, Matteo Renzi ha inviato un tweet di soddisfazione:"In queste ore dobbiamo pensare ad altro e lo stiamo facendo - cinguetta Renzi - ma il momento orgoglio italiano per Sorrentino e #lagrandebellezza ci sta tutto".
Poi Sorrentino spiega ai cronisti i motivi per cui tra i suoi inspiratori c'è anche il calciatore Sudamericano Diego Armando Maradona:" Sono napoletano Maradona ha giocato col Napoli quando ero ragazzo e per me è stato molto importante. Lui insieme a Fellini e Scorzese con la loro arte mi hanno insegnato cos'è lo spettacolo, la base del cinema".
Si sente della responsabilità ora per questo nuovo oscar per l'Italia? Gli chiedono ancora in conferenza stampa.
"Mi sono sentito sotto pressione solo negli ultimi giorni - risponde Sorrentino - quando si faceva sempre più insistente il mio nome come quello papabile per l'Oscar. Sono molto contento, non è facile da descrivere, ci metterò qualche mese per elaborare cosa mi sta accadendo".
Rispondendo ad una domanda sulla splendida colonna sonora di cui è dotato il film il regista napoletano fa un accenno anche alla trama della pellicola:"Le musiche sono una mix tra sacro e profano come Roma che è una città che contiene questa combinazione".
La Grande Bellezza parla proprio della vacuità della vita mondana romana che svolge il protagonista Jep Gambardella (Tony Servillo), un giornalista che ha scritto un solo libro e che ha una mezza intenzione di scriverne un altro, ma non ci riesce per la sua pigrizia ma soprattutto perché sente che nella sua vita non c'è più nulla in cui credere e da comunicare ad altri che vivono come lui:" Quando sono arrivato a Roma, a 26 anni - confessa in una scena - sono precipitato abbastanza presto, quasi senza rendermene conto, in quello che potrebbe essere definito "il vortice della mondanità". Ma io non volevo essere semplicemente un mondano. Volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire».
Dopo 15 anni nel passaggio di Oscar tra due italiani molto diversi, Benigni e Sorrentino, resta però nel titolo dei due film vincenti la parola relativa al bello anche se, la bellezza di Sorrentino, pare intrecciarsi meglio con un'altra "vita": quella "dolce" di Federico Fellini.