Il Consiglio dei ministri porterà di fronte la Corte costituzionale la legge della Regione Abruzzo che vieta la trivellazione petrolifera sulla costa adriatica. Questa la decisione dell'esecutivo, che ha deciso di impugnare la Legge regionale 29 dello scorso 14 ottobre, che cita all'oggetto "provvedimenti urgenti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema della costa abruzzese".
La decisione, spiega la nota di Palazzo Chigi, è stata presa in quanto il provvedimento "dispone il divieto delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, invadendo materie di esclusiva competenza statale, in violazione degli articoli 3, 5, 97, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione".
In realtà, quando fu approvata la legge in Consiglio regionale, era già chiaro a molti che avrebbe invaso una materia di competenza non regionale, bensì statale. Una scusante che poco allevia rispetto all'atteggiamento aggressivo del governo Renzi, che si continua a dimostrare pronto a tutto pur di tradurre in realtà il decreto Sblocca Italia e trivellare la costa adriatica abruzzese.
Non si sono fatte attendere le reazioni di sdegno del mondo ambientalista e delle opposizioni. Il deputato abruzzese Gianni Melilla ha sottolineato come "Renzi stia cercando in tutti i modi di impedire ai cittadini abruzzesi di esprimersi sull'estrazione petrolifera", mentre per Augusto De Sanctis dei No Ombrina "nei giorni della conferenza del clima il governo non fa altro che fare favori ai petrolieri".
L'unica voce locale da sempre favorevole alla trivellazione in Abruzzo, Confindustria, esprime soddisfazione per la decisione del governo e sottolinea "l'incostituzionalità della decisione del Consiglio regionale".
La legge varata a ottobre dal Consiglio regionale impedisce provvedimenti autorizzatori entro le 12 miglia dalle coste, "finalizzati al rilascio di titoli abilitati per l'esercizio di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi". (m. fo.)