Venerdì, 18 Dicembre 2015 14:14

D'Alfonso e Lolli vogliono "chiudere" cultura e formazione all'Aquila

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I messaggi e i silenzi sono fin troppo chiari: la giunta regionale guidata da Luciano D'Alfonso e da Giovanni Lolli vuole chiudere il Centro sperimentale di cinematografia (Csc), la scuola di cinema più antica del mondo, che ha una delle sue cinque sedi all'Aquila. Le altre sono tutte nelle grandi città di Roma, Milano, Torino e Palermo.

Se escludiamo una sortita della senatrice Stefania Pezzopane e una timida dichiarazione del consigliere aquilano Pierpaolo Pietrucci, il tema, sollevato da un approfondimento di questo giornale a inizio dicembre, non sembra interessare la maggioranza di centrosinistra in regione, compreso l'aquilanissimo Lolli, ritenuto dai suoi fan "baluardo della città" a Palazzo Silone: ne è stata ulteriore dimostrazione l'assenza di oggi alla presentazione dei reportage radio, video e fotografici degli allievi del secondo anno della scuola, provenienti da ogni regione d'Italia [leggi l'articolo]. Giovani talenti, patrimonio della città. Considerando che dal 1935, anno di fondazione, hanno studiato o insegnato al Csc personaggi come Steno, Michelangelo Antonioni, Marco Bellocchio, Gabriel García Márquez, Vittorio Storaro, Giancarlo Giannini, Andrea Camilleri e tanti altri.

L'Aquila, il mio futuro è qui, si chiama il percorso multimediale, che narra della generazione "post-sisma" del capoluogo abruzzese. Racconta la città, insomma. Un titolo tragicamente beffardo, perché sembra proprio che il futuro della Scuola nazionale di cinema non debba invece essere all'Aquila, per precise volontà politiche.

Siamo di fronte alla mancanza, spiazzante e imbarazzante, di una visione strategica della cultura in regione, dove - caso unico in Italia - non esiste neanche un assessore alla cultura, e dove viene tagliato un istituto di formazione professionale di alto livello, con un diploma per decreto ministeriale equipollente alla laurea triennale, che forma professionisti che hanno già calcato le scene di festival internazionali. Inoltre, non può esserci neanche una giustificazione economica: la giunta mira a chiudere un ente che, rispetto ad altri, costa poco alla collettività.

csc 1Oggi il clima alla presentazione nei locali di via Rocco Carabba era surreale: presente tutto il management nazionale della scuola. A fare gli onori di casa, il direttore generale Marcello Foti. Unica esponente politica seduta in platea, Betty Leone, assessora comunale alla Cultura. Mentre, contemporanemente ma altrove, il Pd aquilano rivendicava a sé la futura nascita di un Abruzzo Film Commission che ad oggi non esiste. Non c'è, se non nelle parole dei politici, a differenza di un istituto all'interno del quale studiano giovani provenienti da fuori città, che forse neanche riusciranno a diplomarsi - potremmo osare a dire laurearsi - il prossimo anno, con conseguente vano sforzo economico e in termini di energie da parte degli stessi studenti e delle loro famiglie.

Così come amare e, per certi versi, anch'esse surreali, sono suonate le parole del direttore didattico Daniele Segre, il quale ha parlato della sede abruzzese come "punto di riferimento nazionale, unico in Italia per il suo genere (il reportage audiovisivo, ndr) e pronto a stimolare ed essere stimolato dal territorio", che più di altri necessita di essere raccontato.

Il Centro sperimentale ha in questi anni raccontato la città e i suoi aspetti più reali, periferici, autentici, non istituzionali. Sono stati mostrati oggi due dei nove documentari prodotti in questi mesi dagli studenti: uno racconta i sogni di un pugile-imbianchino ventenne, l'altro quelli di un venticinquenne rapper aquilano. Ma in tutto sono 150 i giovani intervistati dal gruppo di studenti, con l'aiuto del sociologo milanese Stefano Laffi. Ne è venuto fuori che gli adolescenti aquilani, oggi, hanno bisogno di immaginare, più che di ricordareFrammenti dell'Aquila reale che, a causa delle scelleratezze politiche di una classe dirigente miope e superficiale, non potranno più essere narrati.

La dirigenza del Csc non pretende che si rinnovi la convenzione anche per il triennio 2017-2020 - anche se alla luce dei risultati raggiunti sarebbe doveroso, aggiungiamo noi - ma chiede che venga almeno rispettata la convenzione per il 2016, che la Regione vuole tagliare da subito, incurante persino dei probabili guai con la Corte dei conti. Da mesi D'Alfonso e Lolli non si sono degnati neanche di chiamare la Scuola, non hanno neanche aperto un confronto. Ed è questo è quello che colpisce di più i dirigenti del Csc.

"Questa scuola ha un radicamento con il territorio importante - ha sottolineato Foti - e abbiamo attraversato in passato anche momenti di difficoltà, dovuti alla crisi economica dei settori pubblici, con regioni come Piemonte e Lombardia. Ma mai è mancato il confronto, che in questo caso è significato scortesia istituzionale". C'è, infatti, solo una lettera di un dirigente regionale che annuncia alla scuola la volontà di non rispettare la convenzione e, naturalmente, il mancato rinnovo della stessa.

Modi inaccettabili per un istituto che, corteggiato spesso da altri territori e persino stati extra-europei, probabilmente aprirà una sede in un'altra regione. Magari con una giunta disposta a trasformare in realtà le chiacchiere e la propaganda retorica sul concetto astratto di cultura.

Ultima modifica il Lunedì, 21 Dicembre 2015 00:42

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