Giovedì, 17 Marzo 2016 20:46

Referendum 'No Triv', Pd getta la maschera: farà campagna per l'astensione

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“Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura di tutta Europa)".

Con queste parole, affidate ai vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, il Partito Democratico ha ufficializzato che in vista del referendum del 17 aprile prossimo farà campagna elettorale per l'astensione. Una scelta che sta facendo molto discutere. "Chi vuole dare un segnale politico, fa politica: non spende 300 milioni del contribuente. Vedremo chi ha i numeri – a norma di Statuto – per utilizzare il simbolo del Pd", hanno sottolineato Serracchiani e Guerini dimenticando che, in realtà, la spesa di 300 milioni che graverà sulle tasche dei contribuenti si deve, solo e soltanto, alla scellerata scelta del governo Renzi che non ha voluto accorpare il referendum con le elezioni amministrative, con la chiara intenzione di boicottare la partecipazione al voto. Non è un caso che, del referendum, nessuno stia parlando.

"Ci sono alcune piattaforme che estraggono gas. Ci sono già. Vi lavorano migliaia di italiani. Finché c’è gas, ovviamente, è giusto estrarre gas", hanno aggiunto, dunque, i vice segretari del partito. "Sarebbe autolesionista bloccarle dopo avere costruito gli impianti". Dunque, l'affondo: "Non raccontiamo che è un referendum contro le nuove trivellazioni, non raccontiamo che è un referendum che salva il nostro mare, anche perché a quel punto le aziende non smonteranno le trivelle che resteranno per sempre nel mare, anche se non operative. Non c’è nessuna nuova trivella, ma solo tante bugie. La serietà prima di tutto".

Peccato che il referendum - oltre che da associazioni, comitati e movimenti - sia stato proposto e sostenuto da 9 regioni Italiane (la decima era l'Abruzzo, prima del passo indietro della Giunta D'Alfonso che si è poi persino costituita in giudizio innanzi alla Corte Costituzionale avverso i referendari), 7 amministrate proprio dal Partito Democratico, il partito di Serracchiani e Guerini.

La decisione di schierare il partito per l'astensione, evidentemente, imbarazza i democrat che, in questi mesi, e sui territori, hanno combattuto la battaglia per il referendum ed è già diventata l'ennesimo terreno di scontro tra la segreteria e la minoranza interna. Tra i primi a contestare la decisione di schierarsi per l’astensione è stato Roberto Speranza (leader di Sinistra riformista) che ha affidato le sue perplessità a Facebook. "È una posizione che non condivido affatto e che non credo possa essere compresa da una parte significativa dei nostri elettori" ha scritto Speranza, che si è domandato "come e dove sarebbe stata assunta questa scelta" dato che "la segreteria non si riunisce da mesi", mentre "la direzione e l’assemblea non mi risulta abbiano mai discusso di questo referendum".

Dal fronte della minoranza sono intervenuti anche Miguel Gotor (che ha dichiarato che voterà ‘sì’ al referendum) e Davide Zoggia, parlamentare Pd ed espressione della minoranza bersaniana: "C’è un referendum, i cittadini italiani spendono denari per tenerlo – ha ricordato – e un partito serio ne discute e prende una decisione, non cerca di far passare sotto silenzio una scelta così delicata". E poi la riflessione sulla scomoda posizione dei rappresentanti territoriali. "Molti nostri iscritti e simpatizzanti in diverse Regioni – ha detto Zoggia – si sono già schierati per il sì e si rischia di isolarli".

Tangibile, in effetti, l'imbarazzo delle Regioni che hanno sostenuto e promosso il referendum del 17 aprile. Il governatore della Puglia Michele Emiliano è caduto dalle nuvole. "Non mi risulta che il Pd abbia assunto alcuna decisione su questo punto così importante per la politica energetica del Paese", ha sottolineato. "Credo che si tratti di un refuso burocratico, ma se non fosse così deve essere cambiato lo Statuto del Partito Democratico". Evidentemente, Emiliano non aveva ancora letto la presa di posizione ufficiale dei vice segretari. E questo, la dice lunga sullo stato di salute del Pd. "Sono iscritto al Pd, ci resto e non mi astengo. E farò campagna referendaria per il sì al referendum del 17 aprile", ha dichiarato invece Piero Lacorazza, presidente del Consiglio regionale della Basilicata.

La decisione del Partito Democratico, senza dubbio, crea imbarazzo anche in Abruzzo, dalle sezioni locali e fino a senatori e senatrici democrat che, almeno a parole, si sono sempre battuti avverso le trivelle in Adriatico. E non ha mancato di scatenare polemiche. "Lo avevamo detto sin dall’inizio in consiglio regionale che questo referendum era una farsa salva faccia per la maggioranza. Ed oggi arriva la conferma", ha detto la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, Sara Marcozzi. "Per coloro che nutrivano ancora una qualche forma di fiducia, il Partito Democratico ha definitivamente gettato la maschera".

Il Pd - ha incalzato Marcozzi - ha "dato un contentino ad associazioni, comitati e cittadini sapendo bene che tanto poi la battaglia la dovranno combattere altri. L'ennesima prova che il Pd non ha a cuore il destino del Paese, della regione, né del mare". Secondo Marcozzi era chiara la volontà di boicottare il referendum già dalla decisione di non concedere l’election day ma questo palese cambio di rotta "ha dell’incredibile".

"Forse sperano nella disinformazione dei cittadini, anche quella studiata a tavolino, ma noi saremo sempre qui a ricordare le loro responsabilità. Nulla ci aspettiamo dal presidente D’Alfonso, che il dietrofront sul referendum lo aveva già formalizzato da tempo! Altro che lotta agli ufo! Confidiamo nei cittadini informati, che sono sempre di più. Sebbene consci della oggettiva difficoltà di riuscita di questa consultazione, il M5S andrà a votare e voterà SÌ per iniziare una rinnovata lotta alle trivelle e alla petrolizzazione selvaggia".

Ultima modifica il Giovedì, 17 Marzo 2016 21:15

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