Lunedì, 18 Aprile 2016 17:49

D'Alfonso e il ruolo giocato da Regione Abruzzo nella battaglia referendaria

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Regione Abruzzo ha giocato un ruolo molto particolare, nella lunga battaglia che ha portato al referendum di domenica scorsa.

In un primo momento, al fianco dei 9 Consigli regionali che hanno promosso, per la prima volta nella storia repubblicata, la consultazione referendaria; poi, al fianco del Governo, a seguito della decisione di costituirsi in giudizio innanzi alla Corte Costituzionale avverso le 9 regioni promotrici, per chiedere che il referendum stesso fosse dichiarato inammissibile.

Una decisione adottata, spiegò allora Luciano D'Alfonso, "poiché con i commi 239 e 242 dell’art. 1 della legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016) il Governo ha introdotto le modifiche normative richieste dalla Regione Abruzzo sulle trivellazioni petrolifere ed è quindi cessata la materia del contendere". Tali modifiche - aggiunse il governatore - sono "pienamente satisfattive rispetto alle domande referendarie poste" e hanno ottenuto "il medesimo effetto abrogativo che si sarebbe prodotto in via referendaria, con piena soddisfazione delle prerogative dell’Ente regionale promotore" e con conseguente "caducazione di tutte le richieste referendarie a tal fine formulate".

Una presa di posizione che il governatore ha rivendicato ancora qualche ora fa, ai microfoni di Rai Radio1, intervistato a 'La Radio ne parla'. "Il 9 di luglio abbiamo attivato noi, come Regione Abruzzo, l'iniziativa referendaria: ho convocato personalmente i presidenti delle Regioni del centro sud interessate alla difesa del mare blu, a Termoli, e lì abbiamo concordato una iniziativa concreta per chiamare e richiamare le attenzioni di Palazzo Chigi".

"Ogni volta - ha sottolineato - abbiamo ribadito che se fosse intervenuta la norma sarebbe venuta mena la ragione dell'iniziativa referendaria: poiché il 23 dicembre 2015 è stata approvata la norma che ha risolto il problema minaccioso del mare blu, a difesa delle 12 miglia dalla costa, che mai più ferro sarebbe sorto, ho dichiarato dunque, per quel che riguardava la mia Regione, come fosse cessata la materia del contendere".

Adesso - ha aggiunto D'Alfonso - "c'è la questione dell'approvvigionamento energetico, su un fronte, che dobbiamo affrontare sul piano della politica attiva e, d'altra parte, la battaglia per difendere il mare blu oltre il limite delle 12 miglia, e su questo opereremo con le Regioni della Macro Regione Adriatico-Ionica perché dobbiamo indurre a questa condotta virtuosa anche le Regioni dell'altra parte dell'Adriatico".

Il referendum, insomma, non aveva motivo di essere, come ribadito dal premier Matteo Renzi. E per questo, il Presidente della Giunta regionale non è andato a votare. Al contrario, gli abruzzesi hanno risposto all'appello dei referendari: l'Abruzzo è stata tra le regioni dove si è votato di più, seppure sia rimasta lontana dal quorum, con il 35.23% degli aventi diritto che si è recato alle urne. Sulla costa dei trabocchi, in particolare, tra Lanciano e Vasto, le percentuali sono state molto più alte. Un dato, su tutti: in Abruzzo, si sono contati 325.025 Sì al referendum, 6mila voti in più di quelli che sono stati sufficienti a Luciano D'Alfonso per divenire Presidente alle Regionali del 2014 (319.591).

Risultato nient'affatto scontato, figlio della battaglia contro Ombrina Mare che l'Abruzzo ha saputo portare in piazza. "Mi sono attivato poiché migliaia di mamme e migliaia di bambini mi hanno rappresentato il dramma che si stava verificando a danno del mare blu, attraverso l'iniziativa industriale denominata 'Ombrina mare'", ha ricordato D'Alfonso. "Quando le iniziative ordinarie sono fallite, abbiamo ripreso in mano il dossier e abbiamo determinato un cambio di rotta totale: questo vale, così come ha avuto grande valore la mobilitazione dei cittadini. Mi sono nutrito dell'energia delle cittadinanze, di moltitudini di cittadini che hanno parlato in ogni dove affiché difendessimo l'Adriatico da Ombrina di ferro. Avuto il risultato, però, non si poteva far finta di nulla: il resto è battagliamento politico che si fa nelle occasioni elettorali tradizionali".

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