Ha ricostruito la storia, fin dal 27 gennaio 2012, giorno in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri gli conferì l'incarico di integrare le iniziative svolte allo sviluppo e all'accelerazione della ricostruzione della città e dei Comuni del cratere. Accanto a sè, Gianni Letta.
La sala era piena. C'erano istituzioni, operatori e tecnici. Mancavano i cittadini. I pochi che c'erano erano voci isolate, attori non protagonisti nel copione scritto per celebrare il nuovo inizio. In mattinata è stato sequestrato uno striscione a Emanuele Di Girolamo, giovane aquilano che ha partecipato al concorsone: "Art 97, no grazie" c'era scritto, una critica alla poca trasparenza delle procedure di ammissione. Niente da fare, niente striscioni in sala. Il ragazzo ha poi interrotto il Ministro per esternare il suo disappunto. E' stato prontamente allontanato. Poco dopo, una ragazza dei comitati ha consegnato a Barca, Letta e Chiodi l'invito "ufficiale" alla festa della non ricostruzione organizzata da 3e32 e altre associazioni che si terrà sabato in Piazza Palazzo. Un manifesto dell'inziativa è stato esposto proprio affianco il tavolo delle istituzioni. Altri cittadini, seduti in fondo all'aula magna, hanno contestato Gianni Letta che, accolto con un applauso in apertura di giornata, ha voluto rivendicare nel suo intervento la continuità del lavoro tra il governo Berlusconi e l'attuale esecutivo: "abbiamo incassato, in questi anni, carriole di sfiducia" ha detto Letta "e finalmente, anche grazie al lavoro di Barca, che ho consigliato personalmente al Presidente del Consiglio, si è capito che quelle nostre azioni non erano così criticabili". Non è sfuggito il riferimento al movimento delle carriole, importante momento civico e politico della città. Non era affatto casuale.
E' stato l'atto finale dell'operazione fiducia tentata oggi. Il ministro Fabrizio Barca l'ha chiesta raccogliendo il testimone, simbolicamente, dal suo predecessore. Insieme a lui e al presidente della Regione, Gianni Chiodi, con il sindaco Cialente e il titolare dell'Ufficio speciale per la ricostruzione Aielli, ha raccontato di quanto fatto fino ad ora, snocciolando i dati: per L'Aquila, dal 6 aprile 2009, sono stati stanziati 10,6 miliardi di euro. Le spese totali effettuate sono state pari a 3,5 miliardi, di cui 2,8 per l'emergenza. Nel marzo 2012, poi, con la delibera CIPE 43/2012 c'è stata una ulteriore assegnazione di 534 milioni di euro, di cui 345 milioni per l'edilizia privata e 189 per interventi pubblici. Fino alla famigerata delibera 135 del dicembre 2012, con l'assegnazione dei 2 miliardi e 245 milioni per proseguire la ricostruzione e avviare lo sviluppo.
Numeri. Che a leggerli con un poco di attenzione raccontano una sola verità: i soldi sono già stati spesi, le risorse residue non assegnate ammontano a 621 milioni di euro, di cui 600 andranno ad interventi INAIL su edifici pubblici. Questo vuol dire che oggi, a quattro anni dal terremoto, Barca si è presentato agli aquilani con in tasca 21 milioni di euro. Oggi è stata annunciata una ricostruzione che non si sa se sarà finanziata.
Bisogna credere in lui, però: il prossimo governo avrà sul tavolo, nel primo consiglio dei ministri, il dossier L'Aquila. E sarà chiamato a dare una risposta: servono più o meno 7 miliardi di euro, la conferma è arrivata da Massimo Cialente che, in questi minuti, sta approvando in Consiglio comunale il cronoprogramma. Uno strumento fondamentale, ha detto il Ministro, perché finalmente c'è un progetto chiaro di ricostruzione che sarà essenziale per dimostrare agli italiani che a L'Aquila i soldi mancano davvero. Che la città è al collasso. Fino ad ora, infatti, con i fondi disponibili e non ancora stanziati, era impossibile chiedere ulteriore sostegno in Parlamento. L'idea era che qui i soldi c'erano e che non si sapeva come spenderli, un'idea condivisa anche da molti dei parlamentari eletti da questa Regione.
La città non godeva di grande credibilità, in altre parole. Barca non lo ha nascosto. Nessuno, però, si è chiesto di chi fossero le responsabilità: chi ha raccontato all'Italia la favola della città ricostruita? Chi ha speso i soldi arrivati e come li ha spesi? Chi ha permesso il commissariamento della città, escludendo dai processi di ricostruzione la popolazione? Chi ha la responsabilità della mancanza di procedure unificate e trasparenti? Come mai ci sono voluti quattro anni per approvare un cronoprogramma che abbiamo scoperto essere essenziale?
Fabrizio Barca, incalzato, non ha risposto. Ha chiesto fiducia ad una città stremata, piegata, presentandosi accanto a chi ha la responsabilità di quanto non è stato fatto in questi anni. In un paradossale rovesciamento della realtà, ha sottolineato le responsabilità della politica locale e del governo precedente impegnandosi, però, con loro e insieme a loro, a garantire un nuovo inizio. Una nuova fase che richiede, prima di tutto, che i cittadini credano in se stessi e nelle istituzioni.
Fiducia, il ministro ha ripetuto questa parola come un mantra. Ha sottolineato, e con lui Gianni Chiodi e Gianni Letta, che i cittadini dell'Aquila sono inclini alla critica ad ogni costo più che all'analisi. L'aquilano, d'altra parte, è stato forte e gentile fino a quando costretto nelle tendopoli. Poi è diventato presto ingrato. Abile nel chiacchiericcio. Incapace di comprendere la portata degli interventi dei tanti uomini della provvidenza che sono accorsi al suo capezzale. Parole già sentite.
Oggi si è provato a riscrivere la storia. Oggi si è lanciato un messaggio pericoloso: se fino ad ora la ricostruzione non è iniziata, è anche colpa di chi ha protestato, di chi non ha capito. La ricostruzione dopo il terremoto del Friuli è durata 15 anni, quella di Umbria e Marche circa 13. Non c'è nulla di cui lamentarsi, insomma. L'Aquila sarà ricostruita in 8, massimo 10 anni. Cosa volete di più? I soldi si troveranno, anche se viviamo un periodo di profonda crisi economica e politica che non lasciano ben sperare per il futuro. Anche se la continuità sancita con chi ha stuprato e maltratto questo territorio spaventa più della crisi.
Bisogna avere fiducia. Bisogna smetterla di criticare. Le critiche, infatti, generano figli degeneri: ne ha elencati 17, il Ministro. Lo prendiamo come un impegno. Li approfondiremo, uno ad uno. Per capire se davvero sono il risultato dell'atteggiamento disfattista che caratterizza questa nostra città, o se i cittadini hanno in realtà qualche motivo per protestare. Speriamo di sentire elencare, prima o poi, altrettanti figli della eccessiva fiducia che il governo Berlusconi ha avuto nei riguardi di Guido Bertolaso e della sua Protezione Civile. Oggetto di numerose indagini della magistratura. Elencare con altrettanta forza le responsabilità dell'amministrazione locale.
Seguiremo il cronoprogramma passo passo, dal primo all'ultimo palazzo. Partecipazione vuol dire anche questo, soprattutto questo. Sperando che, come promesso, il governo che verrà avrà la forza di sostenere finanziariamente la ricostruzione oggi annunciata. Intanto, forse sarebbe il caso di fare una bella passeggiata in centro storico. Non per attaccare cartellini colorati ai palazzi dell'asse centrale, per vedere da vicino il degrado e l'abbandono in cui versa un patrimonio storico-architettonico di cui l'Italia dovrebbe iniziare ad occuparsi.